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sabato 24 ottobre 2015

Quaglie "sapori d'autunno" in pastella di grano saraceno con sfere di polenta taragna tellina


Se la volta scorsa, ho preparato il pollo farcito seguendo gli ingredienti del cuore, e cioè la zucca, gli amaretti, la mostarda, la salamella mantovana che utilizzo quando preparo i tortelli di zucca, riportandomi alla memoria la mia infanzia, questa volta ho utilizzato gli ingredienti che mi portano in montagna, in Valtellina, e piu' precisamente a Teglio, dove ho trascorso le mie vacanze invernali/estive da quando avevo pochi mesi, fino a qualche anno fa.....
Assolutamente quasi alla fine del tempo concesso per presentare la ricetta per la sfida n. 51 dell' Mtc. Non pensavo nemmeno di riuscire a fare la prima, ed eccomi qua con la seconda proposta, e ne avrei fatte anche di piu', se non ci fosse stato il limite massimo di due ricette. Dove e come sia riuscita a trovare il tempo per fare tutto questo non lo so. Ma ieri ho avuto una giornataccia veramente pesante. Al lavoro, poi al cimitero a trovare mio papà, che ancora non mi sembra vero, le risposte scocciate di mia figlia.....insomma avevo il morale sotto i piedi. Da questo stato d'animo, al cucinare queste quaglie, non so come ci sia arrivata. Perchè quando uno è "scazzato", demoralizzato e in lotta col mondo intero, tutto ha, tranne che la voglia di fare, tantomeno di cucinare un piatto elaborato.
Invece mi sono ritrovata a fare la spesa, e stamattina a cucinare. Di solito le mie preparazioni avvengono con un sottofondo musicale che mi accompagna in tutte le fasi, ascolto, canticchio.....oggi invece è stato diverso. Nessuna musica di sottofondo. Solo il rumore del frigorifero che caricava, la lavatrice che andava, la caldaia che ogni tanto si accendeva. E ogni tanto, quando questi elettrodomestici smettevano per un attimo di funzionare, sentivo il "rumore" dei miei pensieri. Eravamo solo io e loro. Pensieri pesanti, forti, che fanno parte di questa fase della mia vita che mi vede decisamente in crisi. E nel silenzio mi sono ritrovata a disossare, farcire e cucire la mia quaglietta. Era come se fossi in trance. Mi sono ritrovata alla fine, a piatto finito, a rendermi conto di aver fatto un sacco di cose.....e mi stupisco ancora adesso di come abbia potuto farlo.
Ho deciso di cucinare le quaglie, farcendole con zucca, funghi, castagne, salamella, e friggendole con la pastella di grano saraceno......sapori rustici che mi riportano appunto in Valtellina.......

Io che non avevo mai disossato niente, ora ci ho preso gusto, e penso che se dovessi mangiare ancora un pollo....lo disosserei senza tanti problemi. E devo ringraziare la Patty....Patrizia Malomo del blog Andante con gusto, vincitrice della scorsa sfida, che ci ha proposto questa ricetta.

Tutte le spiegazioni, di come procedere per la tecnica del disosso, cottura e preparazione del gravy, le trovate qui, per non scrivere un post chilometrico. Spieghero' invece il procedimento di come ho cucinato gli altri ingredienti di questa ricetta.
L'importante è sincronizzare bene i tempi di preparazione. Per prima cosa preparare la pastella, disossare, farcire, cucire, mettere a cuocere. Mentre le quaglie cuociono, preparare la polenta, preparare il gravy e subito dopo impanare le quaglie e friggerle......sembra complicato ma no lo è.

Ingredienti
2 quaglie
1 salamella
4 castagne cotte
1 manciata di funghi
zucca q.b.
prezzemolo q.b.

olio extravergine di oliva q.b.
1 bicchiere di vino Gutturnio

per la polenta taragna tellina
500 g di farina di grano saraceno
1.5 l di acqua
250 g di burro
300 g di formaggio Valtellina Casera D.O.P.

per la pastella di grano saraceno
200 g di farina di grano saraceno fine
200 g di farina bianca 
un bicchierino di grappa
33 cl di birra o acqua minerale q.b.
1 uovo
1 pizzico di bicarbonato
sale e pepe

Brodo
preparato con la piccola carcassa delle quaglie, ali, interiora e collo

Esecuzione
Per prima cosa preparate la pastella di grano saraceno
In una bacinella unite tutti gli ingredienti e mescolate fino ad ottenere un impasto non troppo morbido che lascerete in frigorifero per circa un'ora e mezza. (vedere poi fotografia piu' sotto)

Procedete a disossare la quaglia come spiegato qui



farcite con salamella, zucca cotta al forno, funghi precedentemente messi in ammollo, strizzati e passati in padella con un filo di olio. burro e uno spicchio di aglio, e infine le castagne


cucite con filo da imbastire......


cuocete con un filo di olio, burro e uno spicchio di aglio, per 30 minuti. Cinque minuti prima dalla fine della cottura, sfumare con un bicchiere di vino Gutturnio.


e mentre le quaglie cuociono, preparate la polenta:
In un paiolo portate a ebollizione l'acqua salata con 50 g di burro. Versate tutta la farina di colpo e mescolate velocemente con un mestolo di legno. Formate una x da lato a lato, abbassate la fiamma
e fate cuocere per circa 20 minuti prima di mescolarla nuovamente dal basso verso l'alto. Questo procedimento fa si che la polenta risulti piu' soffice. Ora, sempre mescolando dal basso verso l'alto, fatela cuocere per 30 minuti, aggiungendo poco per volta il burro. A fine cottura spegnete la fiamma e aggiungete il formaggio tagliato a dadini mescolando velocemente.
(solitamente si versa subito sul tagliere, ma volendo fare le sfere e dovendo friggere le quaglie, l'ho lasciata coperta nella pentola, quindi si è un po' "compattata". L'ho versata in una ciotola inumidita per dare una forma a cupola) 

Impanare velocemente le quaglie nella pastella precedentemente preparata, fino a quando la superficie risulterà dorata.

adagiarle sulla polenta..............(per la fotografia!!!)


Tagliare a fette non troppo sottili e servire con le sfere di polenta taragna e il gravy, (ottenuto dal fondo di cottura delle quaglie, al quale ho aggiunto 3 mestoli di brodo, mezzo bicchiere di Gutturnio, passato con un colino e aggiunto la farina per addensare e fatto cuocere per 20 minuti), che ho volutamente lasciato piu' denso rispetto a quello preparato la volta scorsa

Impiattare .........la croccantezza della pastella di grano saraceno, il morbido della carne, il sapore degli altri ingredienti......






..... mi fanno rendere conto che nonostante abbia dovuto dedicare tutta la mattina alla preparazione di questo piatto, assorta nei miei pensieri.....ne è valsa la pena......

con questa ricetta partecipo alla sfida n. 51 di Mtc

 Mtc

giovedì 22 ottobre 2015

Pollo "alla mantovana" con salamella mantovana, amaretti, zucca e mostarda


Si gioca "pesante" questo mese in casa Mtc ! La simpaticissima Patrizia Malomo del blog Andante con gusto, (e quando dico simpatica lo dico sinceramente, perchè è davvero cosi'), vincitrice della scorsa sfida, ha lanciato un sfida pazzesca che ha fatto gioire, allarmare, impanicare, stimolare e inorgoglire tutte noi. No dico, il pollo ripieno! Da disossare con le nostre "abilissime" mani....mai fatto in vita mia, chissà cosa verrà fuori. Quando poi leggo che la tecnica illustrata dal tutoraggio è quella che insegna la scuola del Cordon Bleu di Parigi, quella che quella in assoluto più utilizzata....allora la salivazione si azzera.
Superato il fatto che questa è la ricetta del mese, che lo si voglia o no, passiamo mentalmente il calendario di ottobre, e il panico arriva non tanto per il disosso del pennuto, ma per quando iniziare a operare! Anche quest'anno ottobre ha 31 giorni, (ma dai!!??) ma gli impegni sono cosi' tanti che davvero non so quando cimentarmi in questa impresa. Perchè richiede tempo. E io il tempo non ce l'ho, semplice. Il primo fine settimana in Garfagnana per un blog tour, il secondo nelle Marche sempre per un blog tour, il terzo il diploma di violoncello di Alice....il quarto scade il termine massimo per presentare la ricetta. Ecco. Arrivero' davvero all'ultimo momento, col rischio di fare un fiasco e ciau pep. 
Durante le sfide non guardo mai le ricette delle altre ragazze. Ma questa volta, succede che guardo le fotografie che man mano vedo postare su fb. Mi viene in mente un ripieno, e vedo una fotografia con il polletto con "quel" ripieno. Ne penso un'altro, e vedo una fotografia con "quell'altro" ripieno.....
insomma, piu' il tempo scorre, piu' ripieni cambio, piu' di simili ne vedo.....e allora dico si va bè, ma che ci metto dentro adesso?
Senza scoraggiarmi gioco l'ultima carta, o la va o la spacca.....lo comunico a mio marito che arriccia il naso, no dai, non va bene un ripieno cosi'.... mi viene in mente di riempirlo con gli ingredienti che mi riportano indietro nel tempo, alla mia infanzia, quello dei tortelli di zucca che preparava la mia nonna Cornelia e poi la mamma. Voglio fare un pollo "speciale" perchè il mese di ottobre è stato un mese speciale, tra compleanni, viaggi e mete raggiunte. Un ottobre ricco di emozioni, patemi d'animo, soddisfazioni, quindi non puo' essere un "semplice" ripieno ma "il ripieno".....cosi' lo convinco e allora ecco che si parte alla volta della spesa. 
Guardo al supermercato i polli bruttini, pallidi, scarni. Cosi' decidiamo di andare dalla nostra pollivendola di fiducia, che è piu' ruspante dei polli ruspanti che alleva. Piccoli non ne ha, domanda inutile, lo so che ha dei polli enormi, tutti buonissimi e allevati con tutti i criteri e attenzioni. Me ne da uno che farebbe concorrenza al tacchino di Mr Bean!! Ma quello è. Comunico alla sciura, che non è di molte parole, quello che devo fare, e mi risponde "Auguri"....ecco, la cosa mi inquieta un pochetto.....ritorniamo a casa, col pesantissimo pennuto tenuto per le zampe, in un sacchetto e mi rendo conto che forse non è un pollo ma è un mini tacchino! Non ci sta nemmeno in frigorifero!!!

Il giorno dopo messaggio a mio marito "Prepara la sala operatoria che tra mezz'ora arrivo".....
Pc sul tavolo, coltelli e tutto quello che occorre e via, si parte a rileggere gli spiegoni e regole, non sia mai che si tralasci qualche passaggio fotografico, pena l'esclusione, e consumare con gli occhi la fantastica infografica preparata dalla bravissima Dani che ci spiega dettagliatamente i passaggi, compreso il "tepossino" rivolto alla Patty, al punto 3!


E a ricetta conclusa sapete che vi dico? Che è stato abbastanza facile, con un risultato finale di grande gusto ed effetto. E la soddisfazione piu' grossa è l'aver ricevuto i complimenti da parte di Alice "mamma il pollo e la zucca erano buonissimi" e quelli di mio marito "la cosa piu' buona che hai cucinato. devi farlo ancora"......(si va bè, finora cosa ho cucinato? Ne ho fatte di cose buone!!)
 Cosi', penso che si allargherà l'elenco dei miei cavalli di battaglia. Accanto alla casina di Pan carrè che preparo per Natale, buffet e rinfreschi, i tortelli di zucca e di carne che fanno tanto famiglia, la sbrisolona e la sabiosa che addolciscono i cuori, i pizzoccheri che ricordano la montagna....aggiungero' il pollo farcito....

Ingredienti
1 pollo nostrano (il mio 3,5 kg)
4 salamelle mantovane
mostarda di frutta mista 
20/25 amaretti
500 g zucca 

Per il gravy
brodo di pollo (da preparare secondo la vostra ricetta preferita con la carcassa di pollo)
3 cucchiai rasi di farina 00
Sale grosso e pepe macinato al momento.

Per il brodo di pollo
carcassa del pollo, ali 
 1 carota, una gamba di sedano, 1 cipolla

Esecuzione
Prendete il vostro busto di pollo eviscerato, pulito e fiammato per eliminare eventuali residui di piume. Rinfreschiamo subito un po' di anatomia andando a lussare entrambe le cosce. Con il busto del pollo dritto di fronte a voi, dovrete infilare il pollice della mano sinistra (se non siete mancini) nella cavità intestinale fino a toccare l'articolazione dell'anca. Con l'altra mano tirate indietro la coscia rompendo l'articolazione. Il femore deve uscire dalla cavità dell'anca. Fate la stessa cosa con l'altra coscia. 
Dovete togliere la forcella dello sterno. E' una delle operazioni più delicate: ruotate il pollo sempre in posizione supina, con il petto verso di voi. Spingete indietro delicatamente la pelle della cavità del collo. Toccate la polpa del petto intorno alla cavità e potrete percepire la forcella. Incidetela con la punta del coltello.
Con il coltello raschiate la carne intorno alla forcella in modo da farla apparire, quindi con delicatezza recidetela al vertice con il trinciapollo, facendo attenzione a non bucare la pelle. 
La forcella è libera anche se l'osso lungo è ancora all'interno e verrà eliminato successivamente.


Adesso ruotate nuovamente il pollo e mettetelo con il petto a contatto con il tagliere. Tenetelo   schiacciato con una mano ed incidete nel centro della spina dorsale scendendo dal collo alla coda. Qui troverete resistenza all'inizio ma poi proseguendo sarà molto più agile. Aprite quindi il pollo a libro. Via via che procedete nel lavoro, asciugatevi bene le mani cercando di averle sempre prive di grasso che inevitabilmente potrebbe rilasciare il volatile. Il coltello deve essere sempre ben fermo nella vostra mano. 
Procedendo dall'alto verso il basso e dalla colonna verso l'interno, fate scorrere la lama del coltello appoggiandola alla cassa toracica ed incidendo in profondità, cercando i raschiare bene la polpa dalle costole. Procedete con calma da una parte e poi dall'altra. 

A questo punto avrete quasi terminato la parte più difficile. La gabbia toracica sarà quasi completamente staccata dal petto. Resterà lo sterno che potrete sollevare e staccare dal basso verso l'alto. Una volta inciso nella lunghezza, si staccherà completamente il resto dell'ossatura. Toccate il bordo del petto all'altezza del collo ed eliminate la parte lunga della forcella sempre incidendo con la punta del coltello. Tenete la carcassa da parte. 


Adesso grattate via la polpa dalle ossa delle anche e staccate l'osso dalla giuntura della coscia con il trinciapollo. L'osso lungo della coscia sarà invece lasciato al suo posto per mantenere una bella forma finale. 
Tagliate con il trinciapollo le ali all'altezza dell'articolazione. Quindi rimuovete il resto dell'ala in corrispondenza delle giunture. Spingete con il dito la pelle dell'ala all'interno della cavità che si sarà formata dopo l'eliminazione dell'osso.  

Il vostro pollo è disossato. Palpate con le mani la carne di tutta la superficie per sentire se qualche piccola scheggia di osso sia rimasta ed eventualmente eliminatela. Procedete a stendere il ripieno con cura. Fate una base con la salamella, adagiate cubetti di zucca passata al forno, 10 amaretti sbriciolati e 10 interi, la mostarda tagliata a fettine (nei tortelli di zucca si mette quella di sole mele, ma non avendola trovata, ho usato quella di frutta mista).



Sollevate i lati del volatile per richiuderlo, fate coinciderei lembi di pelle con grazia e procedete alla cucitura. Cominciate dal collo e scendete cucendo senza tirare troppo la pelle perché con la cottura, tenderà a gonfiarsi e ritirarsi con il rischio di spaccarsi e rovinare tutto il vostro paziente lavoro. Potete usare filo da cucina o filo di seta a vostro piacere. 
Una volta cucito il vostro polletto avrà più o meno questo aspetto. Legate le cosce per mantenere la forma in cottura.
Inumidite un largo foglio di carta da forno ed avvolgetevi stretto il pollo chiudendolo come un caramellone. 
Avvolgete il caramellone in un lungo foglio di alluminio e legatelo con dello spago per dare definitivamente una forma cilindrica al vostro pollo. Adesso potete mettere in frigo per 2/3 ore o se preferite, per tutta la notte fino al momento di cuocerlo. Per la cottura bollita (ad esempio per la galantina), potrete lasciare il vostro pollo direttamente avvolto come indicato. 

Per la cottura al forno, eliminate la carta, condite l'esterno del pollo massaggiandolo con sale e pepe quindi strofinatelo con piccoli fiocchi di burro che serviranno a mantenere morbida la pelle durante la cottura. 
Una volta cotto, questo sarà più o meno l'aspetto del vostro pollo.  Qualora capitasse la piccola sventura di rompere la pelle, non succede niente. Si va avanti e si porta in fondo l'operazione. Sarà probabilmente meno aggraziato ma avrete sempre raggiunto un grande traguardo. Non sarà uno strappo che pregiudicherà la bontà e la riuscita della ricetta. 



Preparate il gravy 
Quando il pollo sarà cotto, dovrete avere già il vostro brodo di pollo pronto e caldissimo.

Dovrete avere a disposizione 800 ml di buon brodo caldo e separato da eventuale grasso rilasciato dalla pelle.
Dalla teglia in cui avete cotto il pollo, scolate i liquidi filtrandoli dalle parti solide (carote, cipolle, aromi), che terrete da parte (potete frullarle con un po' di brodo caldo e fare una seconda salsina di servizio).
Mettete da parte i succhi filtrati in una ciotola.
Mettete la teglia su due fornelli. mescolando con un cucchiaio di legno per staccare dal fondo eventuali rosolature. Togliete dal fuoco.
In una casseruola dal fondo spesso, scaldate a fuoco medio basso, 3 cucchiai dei succhi tenuti da parte.
Aggiungete la farina facendola cadere a pioggia da un setaccio e mescolate con una frusta cuocendo fino a che il composto è fragrante e ben dorato, per circa 9 minuti.
Unite piano il brodo caldo mescolando bene e portate a ebollizione, quindi abbassate la fiamma.
Quando comincia a sobbollire, incorporate il liquido di deglassatura tenuto da parte.
Salate e pepate quindi lasciate sobbollire mescolando ogni tanto fino a che si è addensato (c.ca 20 minuti).
Passate al colino fine in una pentola per eliminare eventuali grumi.
Assaggiate e aggiustate di sale e pepe se necessario.


Tagliate il pollo quando è tiepido. Adagiate le fette, la zucca al forno e il gravy caldo.....







con questa ricetta partecipo alla sfida n. 51 di Mtc



giovedì 15 ottobre 2015

Sfera di Pecorino su Waffle al Pecorino stagionato e chutney di mango



Amo cucinare. Fin da piccola ho guardato curiosa le mani operose della nonna e della mamma che preparavano ravioli, tortelli di zucca, pasta sfoglia.....sono per metà milanese e per metà mantovana. La cucina di casa nostra è sempre stata "ruspante" ma "gentile", genuina, fatta di cose buone e tutte fatte in casa. Perchè a quei tempi non esistevano i piatti pronti, salti di quà e di là. A quei tempi le nonne e le mamme cucinavano tutto fin dalle prime ore dell'alba, e i pranzi della domenica si trasformavano in una vera festa per tutti i parenti che sedevano alla tavola imbandita con amore e bontà infinite. E sin da piccola ho imparato ad apprezzare i piatti della tradizione: la panada, la trippa, la casöela, la cervella, i ravioli, i tortelli di zucca, la sbrisolona, le lasagne, la polenta, i pizzoccheri (si andava sempre a Teglio in vacanza!).....piatti che senza difficoltà propongo ai miei cari, agli amici, che non disdegnano mai un invito alla mia tavola.
Amo cucinare secondo l'ispirazione del momento. a volte stravolgo la ricetta all'ultimo momento. Cucino sempre con un sottofondo musicale che mi accompagna fino a quando non ho finito.
Anche questa volta l'ho fatto. Pur avendo scelto di preparare un chutney, che proprio italiano non è, ma adoro le spezie, con il loro profumo intenso, inebriante, i colori, che hanno dato a questa "salsa" un gusto veramente indescrivibile, ho scelto il mio amato, italianissimo e toscanissimo Giacomo Puccini! Adoro tutte le sue opere, essendo musicista mi sembra ovvia e scontata questa precisazione, adoro la Toscana, i toscani, la cucina e la parlata toscana. La mia amica del cuore è toscana. Sono "reduce" da un blog tour nella Garfagnana che mi ha lasciato senza fiato, per la bellezza dei suoi paesaggi..... cosi', mentre la ricetta prendeva forma, mi sono ritrovata a cantare indistintamente le arie di Butterfly, Pinkerton e Suzuky! Chi mi conosce lo sa e sorvola....

Ma veniamo a noi, al perchè di questa combinazione Pecorino-mango.....

Quando sono stata scelta dal Consorzio Pecorino Toscano DOP e da  AIFB per il contest Mai dire mai, dove si sarebbe dovuto cucinare un piatto con un ingrediente assegnato dalla commissione, ed ho saputo che il mio ingrediente "atipico" sarebbe stato il mango, ammetto di aver avuto un attimo di esitazione. La mia mente ha incominciato ad elaborare gli ingredienti e non era mica facile creare un qualcosa di originale e non scontato.
Ne ho parlato, durante il lungo viaggio in Garfagnana, con Elena Arrigoni, azzardando qualche proposta, anche se non era la mia "compagna" di ingrediente. E mi è piaciuto questo scambio di idee!

Cosi' una volta a casa ecco fatto....ho pensato di utilizzare il Pecorino Toscano DOP Stagionato, dal gusto piu' deciso, per le waffle, mentre quello non stagionato, per la quenelle che sembrava un gelato. Con l'aggiunta di poco latte, quel tanto che basta per amalgamare morbidamente tutto quanto. Per poter assaporare appieno il suo sapore! Il chutney speziato, ha accompagnato egregiamente con i suoi profumi e sapori, il gusto di questo fantastico pecorino.



Ingredienti per 5 waffle
    2 uova
  50 g burro
100 g di Pecorino Toscano DOP Stagionato
150 g farina 00
200 ml latte

per la mousse di Pecorino
100 g Pecorino Toscano DOP
latte qb

per il chutney di mango
1 mango 1 (peso lordo 500-550 g)
3 cucchiai di uvette
120 g aceto di mele
120 g zucchero
1 scalogno tritato
1/2 cucchiaino di zenzero fresco
1/2 cucchiaino di cumino
1/2 cucchiaino di curcuma
4 bacche di cardamomo
1 cucchiaino di semi di senape
1/2 spicchio di aglio tritato
1/2 cucchiaino di peperoncino
1 stecca di cannella

Procedimento
Potete preparare il chutney il giorno precedente. Sbucciate il mango e tagliatelo a pezzettini non eccessivamente piccoli. Metteteli in una ciotola e copritelo con lo zucchero, mescolate con un cucchiaio e coprite con della pellicola per alimenti. Conservatelo in frigorifero per almeno due ore, volendo prolungate i tempi fino a 4 ore. Preparate le spezie secondo il quantitativo indicato. Per quanto riguarda il cardamomo aprite le capsule  utilizzate solo i semini interni. Pesate l'aceto. In una pentola mettete il mango con tutta l’acqua che avrà rilasciato, l’aceto e tutti gli altri ingredienti, senza dimenticarne nessuno. Portate a bollore, poi addolcite il fuoco al minimo e continuate a cuocere per un’ora circa, girando di tanto in tanto con il cucchiaio.I tempi possono variare in base all’intesita` del calore e alla quantita` di acqua rilasciata dal mango.Quando il liquido e` quasi completamente evaporato e ridotto ad uno sciroppo, spegnete il fuoco e mettete il mango chutney in un vasetto. Otterrete circa 400 g di mango chutney. Fatelo raffreddare completamente e conservatelo in frigorifero fino al momento di servire.

Tagliate a cubetti il Pecorino e copritelo con il latte. Lasciatelo riposare un'ora. Frullatelo aggiungendo del latte se risultasse troppo denso. Il composto deve essere leggermente morbido.

Sbattete le uova. Aggiungete il burro fuso completamente raffreddato. Aggiungete il Pecorino Stagionato grattugiato e amalgamate bene tutto quanto. Aggiungete la farina setacciandola, poco per volta, alternandola con il latte. Dovrete ottenere un composto morbido ma non liquido. Fate riposare il composto in frigorifero per un'ora.
Scaldate la macchina per le waffle seguendo le indicazioni, versate un mestolo di composto fino a esaurimento dello stesso.


Componete il piatto: su un waffle, mettete al centro una quenelle di Pecorino aiutandovi con il cucchiaio porzionatore del gelato e a parte il chutney di mango.




mercoledì 7 ottobre 2015

"Tutti i colori della Marca Trevigiana", Blog Tour "Bianco"....conclusion......


Cristina, soprannominata la donna dei selfie di gruppo, perchè ne ha scattati di fantastici, ci immortala prima di entrare al Museo del Caffè Dersut. Il marchio Dersut nasce nel 1949 a Conegliano (Treviso), negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, quando il caffè era un lusso per palati ormai assuefatti soltanto ai surrogati. Ma l'azienda affonda le sue radici addirittura nel XII secolo: il fondatore, il conte dr. Vincenzo, discendeva infatti dai Caballini di Sassoferrato, terra appartenente alla Badia di San Silvestro di Nonantola, che deteneva il potere di investire i feudatari.

Nel 1971 il dr. Giorgio, figlio del fondatore, conseguita la laurea con una tesi specialistica nel settore del caffè, fa il suo ingresso in azienda. E la qualità di questo caffè sbarca in tutto il mondo.
Compiamo un viaggio vero e proprio, nel mondo del caffè......dalla pianta, con le sue drupe, grosse come ciliege, verdi quando sono acerbe e rosse quando giungono a maturazione. Qui comincia la delicata estrazione dei semi del caffè crudo dalla drupa, con metodi che conferiscono al caffè le caratteristiche finali del prodotto finito.: metodo a "umido" dove le drupe vengono fatte fermentare in acqua e successivamente avviene l'essiccazione del chicco, o "naturale", che consiste di far essiccare le drupe lavate e pulite, al sole, e successivamente la separazione del chicco dalla buccia e dalla polpa.Gli arabica "lavati" danno origine ad un caffè con note fruttate, persistenzi, piacevolmenti acidule, dal gusto morbido e delicato. Gli arabica" naturale", sono corposi, di gusto morbido e forte ma armonici, con un sapore che ricorda il cacao, di bassa acidità e meno aromatici....al caffè fumante nella tazzina.
La Dersut ha ricevuto premi e riconoscimenti importanti, uno dei quali, quello piu' prestigioso, è quello che l'Accademia Italiana della Cucina, ha conferito ai titolari nel 1993 e cioè il premio della Qualità Dino Villani, assegnato annualmente ai titolari di aziende che si sono distinte in modo continuativo nella produzione enogastronomica di elevata qualità.


dopo aver sostato davanti ai sacchi di caffè, che arrivano al porto di Trieste, e aver visto i macchinari per la tostatura....

...siamo salite nel museo e li è stato un colpo d'occhio fantastico! Macchine vecchissime, ingombranti, piccole, macinini del caffè di legno che di sicuro tutti noi avranno visto nelle cucine delle nostre nonne. Una fantastica testimonianza di pezzi rari, da far invidia ai collezionisti piu' ambiziosi!


Ci siamo accomiatati, non prima di aver ricevuto un graditissimo omaggio: un caffè "gusto nobile" nella scatola di latta rievocativa dei 65 anni di produzione e un bellissimo libro, ricco di storia, fotografie di famiglia e curiosità su questa importante azienda.

Un altro produttore di eccellenze ci aspetta quindi non possiamo tardare! Eccoci gustare un aperitivo alla Latteria Perenzin, anche questa dalla storia dal sapore familiare. Il nonno Domenico cominciò in un paesino di nome Tarzo. Negli anni ‘50 suo figlio Angelo si spostò a Bagnolo San Pietro di Feletto, dove c’è l’attuale sede. Negli anni ‘80 Emanuela, pronipote di Domenico incontrò Carlo Piccoli, un giovane casaro con tanta voglia di crescere. Ecco nascere qualcosa di fantastico: cominciarono a lavorare latte biologico di capra e di vacca, e sperimentare formaggi affinati particolari. Carlo inventava e continua a creare tanti diversi formaggi, come il Castel Formaggio Medievale, il Piccolo Fiore di Bufala o il Capra ubriaco al Traminer.

Importanti sono i premi per i miglior formaggi, e i riconoscimenti attribuiti a questi due giovani e intraprendenti titolari della Latteria Perenzin: a Roma, nella sede della Città del Gusto del Gambero Rosso dove il Cheese Bar PER (acronimo di Percorsi Enogastronomici di Ricerca), entra nella prestigiosa Guida Foodies 2013 con la “Stella”. E oltre al premio per la qualità, hanno meritato quello all’innovazione consegnato a Milano ad Emanuela dal Gruppo 24 Ore dell’area Horeca, che ha attribuito al Cheese Bar PER il “Premio Horeca24 Innovazione dell’Anno”, ideato per valorizzare l’innovazione delle aziende e degli imprenditori nel mercato fuori casa. Questo importante premio è stato assegnato in quanto è stata riconosciuta una componente veramente innovativa e inusuale al locale: la latteria di famiglia si è evoluta in un locale polifunzionale che riunisce bottega dei formaggi, cheese bar, ristorante, sala per corsi legati all’arte casearia, eventi letterari, musicali e visite guidate agli ambienti produttivi. Una formula vincente, che partendo dalla produzione dei formaggi d’eccellenza riscopre il gusto di creare un contesto che ruota a 360° attorno al mondo del formaggio, con una attenzione particolare all’ecosostenibilità, all’utilizzo di materiali ecocompatibili e sistemi costruttivi ecosostenibili.


Assaggiamo le eccellenze di questa Latteria .....le foto parlano da sole. Peccato non sentirne pure il gusto e il profumo!


E dopo questo gustosissimo "intermezzo caseario", ci siamo aihmè dovuti salutare. Ognuna di noi, carica dei doni ricevuti dalle aziende in questo tour all'insegna del bianco, o acquistati per proprio conto, perchè proprio non se ne poteva farne a meno, vista la qualità, ha ripreso la via di casa.
Con la mente, gli occhi e la pancia, pieni di immagini, prelibatezze, sensazioni, emozioni, che rimarranno sicuramente per sempre nei nostri ricordi.
Per finire, non per importanza, ma per i saluti di rito a conclusione di qualche evento speciale, ringrazio l'Associazione Italiana Food Blogger per avermi dato la possibilità di scoprire le eccellenze del nostro territorio, purtroppo non sempre conosciute e condivise. Serena Aversano, che ha messo in moto tutta la macchina organizzativa, impeccabile in ogni particolare e momento. E poi le mie compagne di blog tour, che hanno condiviso con me selfie, camminate, assaggi di bontà infinite, momenti di riflessione, di apprendimento, risate e tante chiacchiere.

E per non lasciare incompiuto il mio contributo....recatevi in questi luoghi. Sono veramente fantastici e ricchi di storia. Personale e del territorio. Tradizioni portate avanti da "sognatori" e "difensori" delle tradizioni, che hanno alle spalle una solida attività, e che non vogliono assolutamente che si disperda nel e col tempo....mi darete ragione!

"Tutti i colori della Marca Trevigiana", Blog Tour "Bianco"......méditation.....


Ecco che una nuova giornata ci accoglie in tutta la sua bellezza e solarità. Destinazione Pieve di Santa Maria di Feletto. Nel sito del comune si trovano brevi ma interessanti notizie su questa antica Pieve..... "Il suo nome deriva dal latino "felix-icis", luogo ove abbondano le felci; infatti la zona era un tempo ricoperta da boschi ricchi di felci e di piante d'alto fusto: faggi, castani, roveri (riservati per l'arsenale di Venezia), ontani, aceri, betulle. Non mancavano tuttavia le superfici di terreno ricche di piantagioni di olivi e di viti, al punto che anche il doge di Venezia Francesco Foscari faceva cenno in una epistola del 1431 al “buon vino del Feletto”.
La storia di questo territorio, di vocazione vitivinicola, comincia con il cristianesimo, in epoca longobarda, quando fu eretta la chiesa dedicata a San Pietro Apostolo, quasi certamente sulle fondamenta di un precedente tempio pagano. La Pieve, ovvero casa della plebes cristiana nonché riferimento delle genti e del territorio di pertinenza, oltre che sul Feletto vero e proprio si estese fin da principio su un’area assai piu’ vasta comprendente le limitrofe frazioni di Formeniga, Collalbrigo ed il paese di  Refrontolo. Quella di San Pietro di Feletto, infatti, è una delle più antiche Pievi dell’intero territorio dell’antica Diocesi di Ceneda. La Millenaria Pieve, che sorge su un’altura panoramica, è introdotta da una gradinata centrale che conduce ad un sagrato coperto da un ampio portico, il quale con ogni probabilità fu aggiunto all’edificio nel Duecento. Sul lato destro dell'ingresso alla Pieve, è possibile ammirare il Cristo della Domenica, rara e curiosa immagine, simbolo della cultura religiosa popolare di fine Medioevo, volta a ricordare l’obbligo del riposo e della santificazione della domenica. Entrando nella chiesa si incontra a sinistra la cappella di San Sebastiano, il cui soffitto a crociera è stato decorato da uno splendido ciclo di affreschi risalenti alla seconda metà del Quattrocento, raffigurante episodi della vita di San Sebastiano. Nella navata centrale, sulla parete di sinistra, si trovano i dipinti più antichi, in stile bizantino, datati al XIII secolo. Sulla parete destra è raffigurato il Ciclo del Credo, singolare esempio di “Bibbia dei poveri”, ideato per essere compreso anche da chi non sapeva leggere"



Terminata la visita alla Pieve, ci siamo recate all'Abbazia Cicestense di Santa Maria di Follina, altro incredibile capolavoro. una simpatica, giovane e preparatissima guida, Cristina Chiesura, ci ha incantate raccontandoci la storia e la simbologia di questa Abbazia.
"Eretta su una precedente edificazione benedettina nel XII sec. rivista in epoca cistercense, l’attuale basilica (1305 abate Gualtiero da Lodi - 1335 abate Nordio di Treviso) presenta la tipica costruzione a pianta latina con la facciata rivolta a ponente e l’abside rivolta a levante proprio come prevedeva la simbologia cistercense.


All’interno della basilica sono da segnalare tra le pregevoli opere presenti:
la grande ancona (o pala d'altare) lignea di stile neogotico costruita da maestranze veneziane nel 1921, copia perfetta dell’originale, presente alla chiesa di S. Zaccaria di Venezia. Essa accoglie la statua in arenaria della Madonna del Sacro Calice che qualcuno ipotizza di origina nubiana del VI sec. , da sempre oggetto di venerazione e pellegrinaggio da parte dei follinesi e dalle migliaia di fedeli provenienti da tutta Italia; l’affresco “Madonna con Bambino e Santi” del 1527 di Francesco da Milano; un notevole crocefisso ligneo di età barocca (epoca camaldolese) di autore sconosciuto.


Lo splendido chiostro, di età precedente alla basilica e perfettamente conservato, fu portato a termine nel 1268, quando i monaci cistercensi si insediarono nel monastero, come dimostra l’incisione su pietra posta sulla parte nord del chiostro stesso.
Si erge, dall’incrocio della navata centrale con il transetto di destra, la bella torre campanaria di stile romanico a pianta quadrata, il più antico manufatto presente nel complesso architettonico dell’abbazia.
La  sua simbologia è piuttosto complessa. Le colonne hanno forma d'alberi perchè San Bernardo, colui che ha scritto la regola cistercense, parlava della foresta come prima vera abbazia. Le colonne come gli alberi sono tutte diverse tra loro e formano un microcosmo in miniatura. La stessa forma del chiostro è poi un simbolo, quadrata come un tempo si credeva fosse la terra e va così a mettersi in contatto con il cielo, ovvero la fontana di forma circolare al centro. Da qui sgorga l'acqua, simbolo di Dio per eccellenza, che va ad abbeverare tutta questa selva di colonnine ai margini. Le colonne hanno dimensioni differenti non solo per motivi strutturali ma perchè rappresentano la Chiesa: agli angoli le 4 colonne più possenti sono i 4 angoli della terra, o i 4 evangelisti; le tre colonne su ogni lato che generano le aperture per entrare nel cortile diventano dodici come il numero degli apostoli o delle tribù di israele; le colonne a mezza via tra quelle grosse d'angolo e quelle sottili binate sono i padri della chiesa, che dopo gli "evangelisti" aiutano a sorreggere l'architrave della comunità cristiana; infine le colonnine binate sono 70, numero simbolico per definire tutti i fedeli. In modo diverso (più o meno, ovvero, più grosse o più sottili) ognuna concorre a sostenere e formare la chiesa. Le colonne quindi non sono solo il creato naturale, ma davvero immagine tutta della Creazione di Dio. 


Dopo aver camminato nel silenzio di questa meraviglia, rubando scatti al paesaggio, colonne, scorci, meditando su tutto e su niente... la pausa meditativa era finita...tempo fugit...il tour stava volgendo al termine quindi.....un po' malvolentieri, perchè era veramente un posto stupendo per stare tranquille, ma anche curiose di vedere che cosa ci avevano riservato gli organizzatori....ci siamo lasciate alle spalle l'Abbazia, direzione......curiosi.....cliccate piu' avanti!