Cookie

Questo sito utilizza i COOKIE per gestire e migliorare la tua esperienza di navigazione del sito. Proseguendo con la navigazione accetti l'utilizzo dei COOKIE.
Per maggiori informazioni e su come rimuoverli consultare la nostra politica sui COOKIE.

Privacy Policy

lunedì 10 febbraio 2014

Strudel per l' MTC



Riposti pentoloni, paioli e cocci che hanno visto cuocere lentamente spezzatini proposti in infinite e stupende versioni, eccoci alle prese con una sfida dolcissima lanciata da Mari del blog Lasagnapazza ,per l' MTC.: lo Strudel di mele.
Chi non ha mai gustato una fettina di questo dolce che a me fa venire in mente le montagne, le baite, la neve e i camini accesi? Magari direttamente in Tirolo, in Germania o in Ungheria ? O per rimanere in casa nostra, in tutto il triveneto, davanti ad una cioccolata fumante dopo una giornata passata sugli sci o solo per golosità?
E come tutti i piatti tradizionali e tipici del posto, possono avere alcune varianti, magari "segreti di famiglia", quel tocco in piu', che si tramandano gelosamente di generazione in generazione.
Quindi è facile trovare uno strudel preparato con la sfoglia sottile, tipo la baklava, o in pasta piu' spessa tipo quella pane, quindi lievitata, o con la frolla....

Quella che ci propone la spumeggiante Mari, che ho conosciuto a dicembre a Genova in occasione della prima presentazione del nostro libro L'ora del patè, ormai in ristampa, è una "pasta matta" che poi è quella del baffuto Pellegrino Artusi, che ha scritto il libro "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene", che è una sottile sfoglia senza grassi che si presta a molteplici utilizzi e che lui declama cosi :
"Si chiama matta non perché sia capace di qualche pazzia, ma per la semplicità colla quale si presta a far la parte di stival che manca in diversi piatti, come vedrete. Spegnete farina con acqua e sale in proporzione e formate un pane da potersi tirare a sfoglia col matterello"

E' molto veloce e facile da preparare,anche all'ultimo momento, ed è molto leggera, avendo un bassissimo contenuto di grassi, a differenza della pasta sfoglia che prevede una lavorazione piu' lunga a causa dei "giri" e del burro contenuto.
Possiamo dire che questa è la versione dietetica della pasta sfoglia che affonda  le sue radici in epoche antiche, come ad esempio nella baklava. La pasta sfoglia classica nella cucina europea, nasce ad opera di Marie-Antoine Carême nella seconda metà del Settecento. Carême nacque nel periodo della Rivoluzione francese, e divenne cuoco e scrittore. Il testo più celebre è L'Art de la Cuisine Française  nel quale sono incluse, oltre a centinaia di ricette, menu, presentazioni, proposte di "mise en place", la storia della cucina francese e istruzioni sull'organizzazione della cucina.
A lui si deve la codifica e la semplificazione di quella che era conosciuta come l'haute cusine, che è la componente piu' elevata della cucina francese, che è giunta a noi dopo secoli di evoluzioni sociali e politiche,dall'opulenta ed elaborata cucina Medievale ai giorni nostri. Fu Carême, detto il cuoco dei re e il re dei cuochi, lavoro' presso diplomatici francesi, Napoleone Bonaparte, Giorgio IV e lo zar Alessandro I.che stabilì il metodo a 5 giri che è tutt'oggi in uso.
Carême divenne famoso anche per i suoi "pièce montée", elaborate preparazioni di pasticceria, spesso alte oltre un metro, utilizzate come centrotavola e fatte interamente di zucchero, marzapane come ad esempio ricostruzioni di templi, piramidi, antiche rovine e altre strutture architettoniche per le quali traeva ispirazione consultando i testi di storia dell'architettura nella vicina Bibliothéque Nationale.
Una specie di moderno "cake designer"!

A lui vengono anche attribuite la riclassificazione delle salse e l'innovazione del classico cappello da chef francese, il toque blanche. Il termine toque anticamente indicava una tipologia di cappelli generalmente cilindrici, che rappresentavano una carica o una professione (ad es. il cappello del giudice) e, prima ancora, indicava le antiche parrucche dei nobili di Spagna e Francia.
È solitamente alto, a pieghe, spesso gonfio in cima, di color bianco, specifico per i cuochi e, in particolare, del capo chef durante l'attività culinaria. È il simbolo per eccellenza della professione e dell'arte culinaria, e cioè parte essenziale dell'abbigliamento tipico del cuoco.
Pare sia stato usato per primo dal cuoco Alfred Suzanne il quale attribuì però l'idea di questo tipo di cappello al suo contemporaneo Carême. Pare che, nel 1823 Carême vide indossare per la prima volta in cucina una toque un po' floscia, da uno dei suoi aiutanti. Fino ad allora infatti, per le attività ai fornelli venivano indossati solo berretti, retine o cuffiette di cotone, o, al massimo, bassi copricapi etnici, che variavano da paese a paese: in Scozia, ad esempio, venivano usate imitazioni in lana del noto berretto scozzese, in Spagna quello dei toreri, in Germania di forma militare, ecc. Già in alcune raffigurazioni europee del XIV secolo i capi-cuochi europei usavano delle berrette in stile toque, con l'aggiunta di una piuma che li distingueva come direttori delle operazioni di cucina.
Carême, le cui opinioni erano ritenute illustri in tutte le cucine delle corti reali europee, diffuse l'idea di usare, in cucina, un cappello toque ma più rigido e alto, solitamente gonfio e con pieghe, tutto ciò per i seguenti motivi: una maggiore aerazione e traspirazione del sudore del cuoio cappelluto durante le operazioni ai fornelli, quindi un minor assorbimento degli odori stessi , ma soprattutto alto, per dare un maggior prestigio direttivo dello chef alla brigata di cucina, strutturata proprio come un'organizzazione gerarchica. Decise inoltre di alleggerirlo di spessore, usando cotone sottile e inamidato, oppure tessuto o carta idrofoba, sempre per motivi funzionali, come ad es. non far sudare troppo la testa, ma anche contro le macchie di unto e contro i cattivi odori; fu quindi scelto principalmente di colore bianco, sempre per motivi igienico-sanitari.
Furono interessanti alcune tradizioni successive, che si diffusero in Europa, in merito alle pieghe ed alle varie forme del cappello, che individuavano il carattere stesso dello chef. Se il suddetto veniva portato molto gonfio, con le pieghe e leggermente tirato indietro, quasi sempre lo chef era un uomo autoritario e irascibile. Se ancora piegato su un lato della testa, lo chef era ritenuto addirittura uno spaccone, un borioso. Se invece inamidato e ritto sulla punta, il cappello era portato da uno chef solitamente di statura piccola, che tentava di innalzarsi e rendersi superiore rispetto ai collaboratori.

La codifica della cucina classica francese invece è opera di un altro grande che abbiamo conosciuto grazie ad unâltra delle mitiche sfide dell' MTC....chi puo' dimenticare il grande Auguste Escoffier, che ho omaggiato con la mia Salade Carmen.

Ma nonostante questa storia e questa provenienza "sofisticata",  lo "strudelliere" di casa, "inorridisce" quando vede questo dolce preparato con la pasta sfoglia sottile, perché per lui lo strudel vero è quello preparato con la pasta tipo pane, piu' "corposa" come risultato e consistenza tanto che davvero ne basta una fettina minuscola che sei già sazio! Lui lo ha sempre fatto cosi...pasta tipo pane, farcitissimo e a forma di ferro di cavallo, che occupa tutta la placca del forno! Dice che con la pasta sfoglia che si "scioglie" in bocca non sente il sapore!!
Comunque sia, sottile o spessa, lo strudel è una vera delizia! Semplice o accompagnato da una delicata crema pasticciera.....qui la versione di Mari che ho ripetuto pari pari, modificando solo la crema d'accompagnamento, lei la chantilly e io la pasticciera.
Doveva durare fino a domani, almeno per la colazione.....invece è già finito!!!!! Per fortuna non gli piaceva la sfoglia che si scioglie in bocca....e mi ha pure chiesto come era fatta la pasta! Insomma, mi sa che la pasta matta fa convertire anche i palati piu' esigenti!

Ingredienti
per la sfoglia

150 g di farina 00
100 ml di acqua
1 cucchiaio di olio extravergine d’oliva
1 pizzico di sale

per il ripieno
700 g di mele
80 g di zucchero di canna
3 cucchiai di rum
30 g di pinoli
30 g di uva passa
50 g di pangrattato
30 g di burro
la scorza di ½ limone grattugiata
1 cucchiaino di cannella in polvere
20 g di burro fuso per spennellare la sfoglia
zucchero a velo a piacere per la superficie

per la crema pasticciera
250 ml di latte
3 tuorli
75 g di zucchero semolato
25 g di amido di mais
½ baccello di vaniglia


Esecuzione
Preparate l’impasto per la sfoglia.
Scaldate l’acqua, deve essere abbastanza calda ma non bollente. Setacciate la farina in un recipiente, aggiungete il sale e l’olio e versate a mano a mano l’acqua calda mescolando. Quando la farina avrà assorbito tutta l’acqua, togliete l’impasto dal recipiente e cominciate a lavorarlo con le mani su una spianatoia per un paio di minuti, fino ad ottenere un impasto morbido, quasi appiccicoso ma che comunque non resta attaccato alla spianatoia o alle dita. Mettete l’impasto a riposare, coperto da un panno umido o da una pellicola, per circa mezz’ora. Nel frattempo accendete il forno e portatelo alla temperatura di 180°C, modalità statica.


Preparate il ripieno.
Fate sciogliere in un tegame il burro e poi fatevi rosolare il pangrattato fino a farlo dorare (attenzione, basta un attimo per passare dallo stadio della doratura a quello della bruciatura). Spegnete il fuoco, versate il pane in un recipiente, fatelo leggermente raffreddare, quindi aggiungete la scorza del limone grattugiata, la cannella e mettete il composto da parte.


Lavate sotto l’acqua corrente le mele, sbucciatele, toglietene il torsolo, tagliatele in quattro e poi ciascun quarto in fettine sottili. Mettete le fettine di mela in un recipiente, aggiungete lo zucchero di canna, i pinoli, l’uva passa, il rum e mescolate bene il tutto.



Stendete la sfoglia.
Mettete una tovaglia pulita (possibilmente lavata con sapone neutro e ben sciacquata), di lino o di cotone, sopra a un tavolo. Infarinate leggermente la tovaglia, prendete l’impasto e cominciate ad appiattirlo con le mani sopra alla tovaglia, quindi spianatelo aiutandovi con un mattarello. Quando la sfoglia comincerà ad essere abbastanza sottile mettete da parte il mattarello, sollevate la sfoglia dal tavolo aiutandovi con le mani e, tenendola con le nocche nella parte sottostante, cominciate a tirarla verso l’esterno facendola girare ogni tanto e facendo attenzione che non si rompa. La sfoglia deve diventare praticamente trasparente. Riponetela nuovamente sulla tovaglia, dovreste aver ottenuto una sfoglia quadrata di circa cinquanta centimetri per lato. Siccome i bordi saranno rimasti un po’ più spessi, passate con le dita lungo tutta l’estremità della sfoglia tirando la pasta per assottigliarla. (essendo sola non ho potuto fotografare la sfoglia in controluce.....cosi ho messo una pila. L'effetto non è proprio uguale ma il risultato della sfoglia trasparente l'ho ottenuto)



Disponete sulla sfoglia il composto di pangrattato, quindi sopra ad esso il ripieno di mele, lasciando liberi circa due centimetri di bordo.



A questo punto, aiutandovi con la tovaglia, cominciate a sollevare la sfoglia per arrotolarla sul ripieno. Fate fare un paio di giri, quindi ripiegate anche i due lembi esterni e continuate ad arrotolare fino alla fine.
Riponete la sfoglia in una teglia precedentemente imburrata, spennellate la superficie della sfoglia con il burro fuso e mettete a cuocere.




Ci vorranno circa trenta/quaranta minuti, ma siccome la cottura dipende molto dal forno, fate attenzione perché la sfoglia non deve diventare troppo scura bensì deve rimanere dorata.
Togliete la teglia dal forno e fate raffreddare lo strudel.


Preparate la crema pasticciera
Preparate una crema pasticciera mettendo in una casseruola i tuorli, lo zucchero e l’amido di mais. Mescolate bene il composto e versatevi il latte freddo a filo sempre mescolando. Ponete la casseruola sul fuoco e mescolate fino a che la crema avrà preso consistenza, quindi spegnete il fuoco, aggiungete la vaniglia e fate raffreddare la crema ricoprendola con della pellicola per evitare che si formi la pellicina sulla superficie.
Montate la panna mettendola in un recipiente ben freddo fino a che diventerà molto consistente.

Una volta raffreddato, spolverate lo strudel con lo zucchero a velo, tagliatelo a fette e servitelo con la crema


con questa ricetta partecipo al
http://www.mtchallenge.it/2014/02/mtc-n-36-la-ricetta-della-sfida-di.html

31 commenti:

  1. beh..che dire, già finito??? so che quando torni ne fai siscuramente un altro, buona settimana, Flavia

    RispondiElimina
  2. io sono del parere che lo strudel è con le mele. punto.
    ma credo che questo mese mi ricrederò!
    intanto mi gusto virtualmente il tuo classico!
    Un bacione!

    RispondiElimina
  3. classico ed effetto! brava!
    buona giornata
    spery

    RispondiElimina
  4. Bravissima Antonella, passaggi eseguiti alla perfezione, sfoglia sottile e ben stesa, un vero Apfelstrudel :)
    Ho trovato molto interessanti anche tutti i cenni storici che ci hai regalato con questo tuo post.
    Insomma, un grazie enorme per questa tua proposta :)
    Mari

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Grazie Mari!!! Spero di bissare!! Se no pazienza. Hai proposto una meraviglia! Brava te!!

      Elimina
  5. Cara Antonella, un post da antologia! Ma da incorniciare è invece l'esecuzione del tuo classico, con una sfoglia così sottile da essere un velo. E si nota la croccantezza nell'ultima foto, che mi fa venire la voglia di brancarne un pezzetto...altro che sfoglia di pane. Questo è un signor strudel! Dillo al consorte.
    Ti abbraccio peste! Pat

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah peste a me??!! Comunque il consorte si è subito ricreduto... Continuava a bissare!! Ahah! Ciao bella!

      Elimina
  6. Esecuzione magistrale di un grande classico, cara la mia Antonella! Chapeau!

    RispondiElimina
  7. Un classico raccontato con passione e cura, fedele al tuo stile.
    Ti faccio i miei complimenti e ti abbraccio con affetto

    RispondiElimina
  8. Ti toccherà rifarne subito un altro quando rientrerai dalla Germania.
    Ti toccherà di sicuro perchè questo da vedere è uno spettacolo.
    Brava Antonella.
    Nora

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ahah vedrò di bissare se ce la faccio! Grazie mille Nora!

      Elimina
  9. semplice, elegante, tradizionale. Bravissima Antonella!

    RispondiElimina
  10. Questo commento è stato eliminato dall'autore.

    RispondiElimina
  11. Accidenti quante informazioni! Grazie e complimenti!

    RispondiElimina
  12. Ms prego!!!! Grazie a te per essere passata di qua!

    RispondiElimina
  13. Non conoscevo la storia della nascita della toque, ne' di quella della pasta sfoglia, quindi ti ringrazio per avercela svelata ^_^
    Il tuo strudel è perfetto: bravissima!

    RispondiElimina
  14. sbirciando s'impara!!! ahhah.....grazie mille ciaoooooo

    RispondiElimina
  15. Anche a me ricorda il viaggio in trentino e l'assaggio fatto al confine...ancora non sapevo di essere celiaca e ne ricordo il sapore, mmm...mi piace anche la foto con la torcia Hihihi

    RispondiElimina
    Risposte
    1. ahahah!!!! bastava che usassi un canovaccio colorato....si sarebbe vista la sottigliezza della pasta! grazie!

      Elimina
  16. Chapeau! Per il post così ricco di nozioni e per la ricetta eseguita magistralmente!!! Complimenti!

    RispondiElimina
  17. Risposte
    1. eh si.....diciamo che sono tradizionale con una vena di inventiva e pazzia che per mancanza di tempo questa volta non ho sfoggiato...ahah grazie!!!!

      Elimina