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lunedì 30 maggio 2016

L'arte obesa di Fernando Botero e la mia "Matrioska" di verdure...



Avrete notato che in questi giorni, ho postato ricette e quadri che potrebbero sembrare un po insoliti in un blog di cucina. Invece c'é un filo conduttore che li lega. Tutto é arte, se fatto con amore, sapienza, pazienza: musica, pittura scultura, giardinaggio e... cucina.
La tematica Cibo e arte mi sta particolarmente a cuore, perché mi riporta indietro nel tempo, a quando frequentavo il Liceo Artistico al Conservatorio di Milano, e una prof. bravissima,  mi ha fatto amare questa materia. Ancora oggi, appena ne abbiamo la possibilità, quando insieme ai nostri amici programmiamo un fine settimana, il nostro percorso è cultural-enogastronomico. 
Ci sono capolavori che non basterebbe una vita per vederli e apprezzarli tutti nei minimi particolari e perché in questi capolavori ci si puo' perdere e ritrovare mila mila volte...
Quindi ecco che una stupenda fotografia che ritrae una pietanza, diventa arte, una composizione floreale o un giardino diventano arte, e cosi' anche una scultura, una tela o una composizione musicale. Già avevo fatto alcuni riferimenti  qui su alcuni cantanti che avevano composto canzoni sul cibo, tra il serio e il faceto. Avevo parlato di Gioacchino Rossini e Giuseppe Verdi, che oltre ad essere fantastici compositori, erano anche raffinati buongustai e "cuochi". E girovagando qua e là, ho trovato un excursus sonoro/gastronomico scritto da Claudio Grasso.
Ma c'é un'altro momento, prettamente personale, quindi non documentato, che mi fa unire cibo e musica. Mi capita quando ascolto le Quattro stagioni di Antonio Vivaldi, che oltre a emozionare musicalmente, se chiudo gli occhi, "vedo" le stagioni con gli occhi delle note e le assaporo anche con i frutti delle stagioni che rappresentano...
Nel mio personale percorso cultural-enogastronomico sono partita con un giovanissimo e attuale Colonnetta, per passare tra le tavole imbandite del fiammingo Claesz, per finire tra i capolavori "obesi" di Fernando Botero, pittore colombiano, nato a Medellin nel 1932, famoso per le sue opere dalle forme "dilatate". Mi ha sempre affascinato, il suo "ardire" nel ritrarre figure umane, oggetti e situazioni taglia XXXXl!
Fernando era figlio di un rappresentante di commercio, ed era destinato a diventare un torero, ma durante gli studi al liceo prima, e all'Istituto delle Belle Arti di Medellin poi, si appassiona al disegno e dipinge acquarelli che hanno come tema i tori e le corride.
A soli 16 anno espone le sue prime opere e collabora con il giornale "El Colombiano", disegnando illustrazioni per i supplementi domenicali.
E' affascinato dall'ambiente culturale di Bogotà, città dove si trasferisce e aderisce alla scuola muralista messicana (i murales) guidata da Diego Rivera, José Clemente Orozco, David Alfaro Siqueiros e Silvio Benedetto, artisti che abbandonano le tecniche tradizionali e i classici utensili come il cavalletto, preferendo l'utilizzo delle vernici per automobili, colorando il cemento con la pistola ad aria per realizzare opere monumentali destinate al popolo, dove vengono dipinte lotte sociali, aspetti della storia messicana e sentimenti nazionalisti. 
Nel 1952 vince il secondo premio al Salone degli artisti di Bogotà, e con i soldi della vincita parte per l'Europa, per ammirare le opere di Francisco Goya e Tiziano Vecellio al Museo del Prado, dove lavora come copista mentre frequenta l'Accademia Reale San Fernando. Passa poi per Parigi e si ferma in Italia, dove tra il 1953 ed 1955 scopre il Rinascimento italiano e studia la tecnica dell'affresco, esegue diverse copie dei lavori di Giotto e studia i molti artisti senesi.
Ritorna in Colombia, dove é in auge l'avanguardia francese, che si discosta tantissimo dal suo stile, e che non lo attrae per niente, e amareggiato si trasferisce in Messico con la moglie, dove sperimenta per la prima volta, quello che sarà il suo stile inconfondibile
Sono diverse le tematiche trattate da Botero: donne, gruppi di famiglia, personaggi famosi, il circo, la mitologia, musica e ballo, nature morte, picnic, sculture, bozzetti... tutte con le forme voluttuose, morbide, sensuali, "tante".

Nel quadro "Picnic", datato 1989, uno di una lunga serie che ritraggono questo tema, il cibo, occupa uno spazio centrale, da protagonista, quasi "esagerato". I colori sono netti e precisi mentre i personaggi, dalle fattezze paciose, sono posti al margine: le mani grassocce della donna sulla sinistra, con le unghie laccate di rosso e la sigaretta stretta tra le dita, l'uomo sulla destra che dorme dopo aver mangiato. Per Botero, il cibo rappresenta vitalità, gioia, il fulcro dell’esistenza, e in questo quadro lo dimostra pienamente.

Questo Picnic invece, del 2001, vede le due imponenti figure al centro della scena, questa volta è la figura femminile che dorme, sempre con le unghie laccate di rosso, i tacchi sottili delle scarpe, ai piedi mollemente abbandonati nel sonno, e sempre comunque il cibo a completare il tutto ....


Molte delle sue opere sono conservate presso il museo a lui dedicato nella città di Bogotà. Mentre qui potete trovare tutte le sue opere, per argomenti, una piu' bella dell'altra!

Per "omaggiare" questo pittore, ho pensato di cucinare una melanzana, che era davvero degna di essere dipinta in uno di questi quadri. Dire al marito "Vai per favore a prendermi delle verdure tonde tonde che devo fare la ricetta per Botero", e vedere melanzane, zucchine, cipolle taglia "boterica" è stato un attimo! Ho dovuto per forza "inventarmi" qualche cosa che desse il senso del "tanto" alla mia ricetta. Che poi, chiamarla ricetta è un po' esagerato. Un semplice piatto tutto vegetariano, calorie veramente "inesistenti"...solo scena, per la "botericità" della composizione..Cosi' ecco la Matrioska....

Ingredienti
1 melanzana tonda
1 zucchina tonda
1 cipolla
pomodorini ciliegia
carote q.b.

Esecuzione
Tagliate a metà la melanzana, scavatela della polpa e salate leggermente l'interno. La parte superiore lasciatela intera, perché la utilizzerete come coperchio.
Tagliate la calotta alla zucchina, scavatela della polpa.
Tagliate la cipolla a metà e sfogliate un po' l'interno, inserire due pomodorini.
Tritate la polpa che avete svuotato precedentemente, aggiungete uno spicchio di aglio, (io anche le carote), qualche cucchiaio di curry, prezzemolo tritato un filo di olio extravergine d'oliva e livellate il tutto.
Mettetela in una pirofila, insieme anche alla calotta, irrorate con un filo di olio extravergine d'oliva e infornate a 180° fino a quando non sarà tenera



e anche questa "ricetta" a tema, la dedico a Maria Teresa Cutrone. Che oltre ad essere musicista, é una panificatrice mi che lascia a bocca aperta tutte le volte che vedo le sue creazioni. Non ci credete? Guardate De Gustibus Itinera....vi ricredrete.

domenica 29 maggio 2016

La Vanitas nella pittura dell'olandese Pieter Claesz



Rieccomi qua.  In questo post vi avevo mostrato e parlato di un'arte "colorata". Oggi invece affrontiamo altri colori, "impiattamenti" e atmosfere. Vi porto in Olanda, in periodo fiammingo. Si , si parla nuovamente di Cibo e arte. 

Il secondo artista che ho scelto, per questo mio excursus, forse non è molto conosciuto, ma ha creato opere fantastiche e di una bellezza disarmante, che rapiscono al primo sguardo. Si tratta del pittore olandese Pieter Claesz nato a Berchem, una cittadina nei pressi di Anversa nel 1598 e morto ad Haarlem, 1º gennaio 1661, città dei Paesi Bassi, dove si sposo' e visse per tutta la vita.
E’ uno dei maestri olandesi più importanti  nella prima metà del secolo XVII, specializzati in Nature morte.
Le sue opere, eseguite prevalentemente tra il 1621 e il 1657, rappresentano la svolta artistica apportata da Claesz verso i banchetti, per lo più, monocromi, cioè di un solo colore, o di una sola tonalità, dal greco μονόχρωμος :μονο- «mono-» e χρῶμα «colore» che si sono evoluti, nel corso degli anni, in diverse variazioni.
La sua attività è scandita da tre periodi creativi: 
quello giovanile, dove i suoi dipinti sono caratterizzati da sfondi a campana o da tendaggi, con un'apparecchiatura un po' occasionale
il secondo periodo, contraddistinto da un'orizzonte piu' basso e un'apparecchiatura piu' articolata
il terzo periodo, dove elabora con piu' cura, la prospettiva dei primi piani, impreziosendo la scena con riflessi argentati, armonie cromatiche soffuse come in questa splendida Natura morta, titolata Breakfast, del 1646 conservata a Mosca. 


Con Claeasz Willem, detto Heda (1594-1682), diede inizio ad una tradizione di pittura di natura morta detta "ontbijt" , cioè "prima colazione", che produsse con grande precisione tavole imbandite, nature morte e "vanità".
In queste “tavole imbandite”, sono rappresentati con accuratissima precisione, oggetti (vasellame, cristalli e argenterie, frutta, cibarie), in un' armonia unica tra i grigi dati dall'argenteria e i bianchi della tovaglia,fatta risaltare da qualche tocco più colorato, per esempio il giallo di un limone, la cui buccia, è avvolta a spirale. Luci leggere che fanno brillare metalli e cristalli. Inserimento poi di elementi simbolici allusivi al tema della caducità della vita, come ad esempio il teschio, la candela spenta o il silenzio degli strumenti musicali, in quanto simboli di morte, la clessidra o l'orologio, come simboli del trascorrere del tempo, le bolle di sapone, di solito rappresentate con un putto o un adolescente che le crea soffiando da una specie di cannuccia, simbolo sia della transitorietà della vita sia della transitorietà dei beni terreni, un fiore spezzato, come un tulipano o una rosa, simbolo della vita che come quel fiore prima o poi appassirà.


Tutto questo ha un nome: Vanitasgenere pittorico che ha avuto il suo massimo sviluppo nel Seicento, soprattutto in Olanda, che rappresentava il senso di precarietà che investì il continente europeo in seguito alla guerra dei trent'anni e al dilagare delle epidemie di peste.
Il nome deriva dalla frase biblica "Vanitas vanitatum et omnia vanitas"cioè " "vanità delle vanità, tutto è vanità", e, come il "memento mori", "ricordati che devi morire", è un ammonimento all'effimera condizione dell'esistenza.
Tra gli eredi del genere pittorico di Claesz si può citare il pittore Roelof Koets, anche lui autore di fantastici quadri.

Non ho voluto cercare e copiare le parole dei critici su questi quadri, sempre che ne esistano in rete, quindi scriverò quello che al primo sguardo mi trasmette questa Natura morta del 1627: salta subito allo sguardo la "pienezza" della tavola imbandita, dove spiccano il piatto in primo piano con il limone affettato cosi' sottilmente che sembra trasparente, la buccia arricciata, il piatto delle ostriche, il dolce turco che lascia intravedere l'interno, noci, nocciole, i pani e le olive che richiamano i significati religiosi dell'Eucarestia e dell'ulivo, il riflesso del pane, della finestra e del piatto di limone nella brocca argentata sulla sinistra, i riflessi nel Römer (bicchiere di origine renana del Cinquecento, ma che si diffonde anche nei Paesi Bassi e in Scandinavia, ancora in uso tutt'oggi, la cui caratteristica è quella di avere la parte inferiore cilindrica ornata di un fitto bugnato di gocce di vetro e la parte superiore semisferica o a campana a volte abbellita da decorazioni incise a punta di diamante (motivi floreali, ritratti, scritte celebrative, ecc. presente anche nel primo quadro in alto). e la sua ombra color giallo tenue riflessa sulla tovaglia sicuramente appena tirata fuori da qualche cassetto, come si puo' immaginare dalle pieghe nette. Sulla destra, una capiente ceramica che contiene la frutta, il tacchino intero e con le piume, che rappresenta l'opulenza, il sacrificio delle carni in genere. E al centro del tavolo il coltello dal prezioso manico, sul quale sono incisi data e monogramma.



E qui, la mia Vanitas, che non vuole essere una copia di quella bellissima sopra. Pero' mi piaceva l'idea di avere a disposizione alcuni degli elementi simbolici utilizzati da questo fantastico pittore:





sabato 28 maggio 2016

"Come vetrate artistiche. Il cibo visto da Alessandro Colonnetta." e la mia Terrina di alici con pomodorini ciliegia


                                                             Pesce azzurro tela 70x50x4cm

Oggi ricorre la Giornata Nazionale del Cibo nell'Arte per Il Calendario del Cibo Italiano - Aifb e l'Ambasciatrice é Maria Teresa Cutrone, con il suo articolo, una persona veramente deliziosa, anche lei musicista, che ho conosciuto in alcuni blog tour con Aifb. Quindi, un "incontro" tra artisti a tutto tondo, per questa giornata celebrativa! Artisti "diversamente presenti", con una percezione della realtà tutta particolare, con una marcia in piu', o forse diversa, rispetto agli altri. Coi piedi per terra, concreti, ma anche sognatori, sensibili, con la capacità di sfuggire al quotidiano con le emozioni che la nostra arte ci trasmette e fa trasmettere. 

A questo punto, quale tra i famosi pittori, scegliere? Di quale opera pittorica parlare?
Il cibo è stato rappresentato già nei primi graffiti rupestri. Molto spesso, Nature morte adornano l'interno delle tombe degli antichi egizi. Non c'è periodo storico, che non abbia avuto capolavori di questo genere pittorico. Piu' o meno riccamente raffigurati.
Unire cibo e arte non è da tutti, e chi lo ha fatto, ha realizzato opere fantastiche. Anche scultori, (Dan CretuPhilip Haas), musicisti (dallo Zecchino d'OroMinaConteMorandiDe André...con le loro canzoni tra il serio e il faceto) architetti (i Giardini verticali di Patrick Blanc, e le creazioni di Hong Yi) si sono ispirati al cibo mettendolo al centro della propria arte. E tra i pittori, tutti sicuramente ricordiamo le opere di Caravaggio, Arcimboldo, Renoir, Botero, Carracci, Morandi, Matisse...
Rimarrete a bocca aperta per la bellezza!

Nonostante tutto, pur apprezzando i capolavori "del passato", quelli studiati ai tempi del Liceo Artistico,  ho scelto di parlare di un giovane pittore trentunenne, dei giorni nostri, che merita di essere menzionato tra i grandi. Mica facile parlare ex novo di un pittore cosi', su due piedi. Perché non ho voluto leggere nessuna critica, per non essere influenzata in nessun modo nella mia personalissima interpretazione.
Per me conta quello che mi ha colpito al primo sguardo: i colori accesi, definiti, diretti, senza distrazioni, ma tutto convogliato li', dove l'artista vuole incentrare il tema. Dove vuole che lo spettatore, "automaticamente" vada, o forse, piu' che automaticamente, guidato da emozioni dirette, forti, tenere. Da fare esclamare "uaooooo" dopo che hai ritrovato la parola. Perché la prima volta che ho visto i suoi quadri, é stato un colpo al cuore e allo stomaco, un'emozione davvero forte. Quella che mi colpisce tutte le volte che sono davanti ad un'opera d'arte. Ma questa volta é stata piu' "violenta". Due volte, in tempi abbastanza recenti, ho provato questa forte emozione, che ha un termine ben preciso, Sindrome di Stendhal, che oltre ad essere il titolo di un film di Dario Argento é un "disturbo" di natura psicologica/neurobiologica, per dirla in breve e in parole "povere", una reazione quasi esagerata provocata da una forte emozione, quando ci si trova davanti ad un'opera d'arte. 
La prima l'ho provata quando durante un blog tour Aifb, ci hanno portato alla Gipsoteca del Canova. Pensavo davvero di svenire. Tutto quel bianco, la bellezza e maestosità delle sue opere, ho sentito il cuore che accelerava a dismisura, la pelle d'oca e le lacrime che mi salivano agli occhi. Si, ho pianto. Mi sono dovuta sedere, ma davanti ad Amore e Psyche... non é stata una gran bella idea!
La seconda, quando ho visto i quadri questo pittore. Ti ci perdi, li guardi e riguardi, e non provi mai la stessa emozione, per l'impatto diretto, senza tanti fronzoli e giri "di immagini". Ogni volta ci leggi un messaggio sempre forte, che ti arriva al cuore. Questo specialmente per i quadri che riguardano i temi attuali. Perché ci entri, nella storia che raccontano, in momenti e con emozioni sempre diversi. E non puoi far finta di niente.
Guardandoli, mi ricordano le vetrate artistiche delle chiese. Quelle vetrate dai contorni definiti e colori accesi. Che mi lasciano a bocca aperta tutte le volte che li ammiro. Che mi fan fare pace con il mondo intero.

E solo in un secondo momento, dopo aver letto la sua biografia rendermi conto che avevo fatto centro, con il mio intuito e sensazioni, mi rende felice.
Chi é dunque questo giovane artista che mi ha trasmesso queste intense emozioni? E' Alessandro Colonnetta, laureato in Storia dell'arte antica, che lavora in un museo. Con l'arte nel sangue, se fin da piccolo ha disegnato, colorato, preferendo fogli e colori al posto dei giochi e della televisione. Se si aggiunge poi che è stato cresciuto da una nonna pittrice, che si alzava in piena notte a dipingere perchè aveva in testa forme e colori che scacciavano il sonno...bè, non servirebbe aggiungere altro! Con lei, che gli aveva insegnato le basi tecniche, passava pomeriggi interi a studiare oggetti, colori e prospettive. A questa nonna, Alessandro ha dedicato un bellissimo quadro, e secondo me anche questo, che testimonia il suo legame profondo con i nonni, parte integrante e fondamentale della sua vita, che possono ammirare orgogliosi i capolavori di questo nipote davvero speciale.
Matite e pennarelli hanno poi lasciato il posto ai colori acrilici e ad olio. Col tempo e tela dopo tela, ha continuato a studiare, sperimentare, alternato periodi frenetici e di inattività. Come ogni vero artista, perchè l'arte non si comanda ma si sente e si deve assecondare, ascoltare, vivere, amare.
Guardando i suoi quadri si puo' notare il suo amore per le scene composite e studiate, ma anche quelle d'impulso, e la predilezione dei toni primari (giallo, blu e rosso) le contrapposizioni tra i colori complementari (viola, verde e arancio), l'uso generoso del colore e i contorni definiti.
Nelle sue tele, c'è il suo mondo, la sua quotidianità, i suoi affetti, il mondo attuale con tutti i momenti belli e le tragedie.
Ama l'arte contemporanea, tra i pittori che ammira di piu', ci sono Cézanne, Van Gogh, August Macke, Franz Marc, l'espressionismo tedesco piu' in generale, Matisse e i Fauves (termine che in francese significa "belve, selvaggi" e col quale si indica un gruppo di pittori, perlopiù francesi, che all'inizio del Novecento han dato vita ad una breve, fino al 1908, ma importantissima impronta nell'evoluzione dell'arte. Questi pittori erano appunto Henri Matisse André Derain, Maurice de Vlaminck, Henry Manguin e Charles Camoin). 
Adora l'immenso, come lo definisce lui, Guttuso e " I sei di Torino" per rimanere nel territorio piemontese, (gruppo costituito nel 1928 da Jessie Boswell, Gigi Chessa, Nicola Galante, Carlo Levi, Francesco Menzio ed Enrico Paulucci) e apprezza moltissimi artisti noti e meno noti, scovati sulle varie piattaforme on line, dove condivide la propria arte.

Da poco piu' di un anno ha deciso di condividere la sua arte con l'apertura di un sito web, e con i social. Partecipa ad Artissima 2015, finalista del Concorso Sunday Painters organizzato da La Stampa e da gennaio 2016 collabora con il blog MTChallenge, creando ogni mese un dipinto legato alle tematiche affrontate nel corso delle sfide culinarie. E tutte noi, siamo ansiose di vedere quale meraviglia "sforna" per l'occasione. In questo contesto, ha avuto modo di esporre queste tele ed altre opere a tema culinario, nel corso della presentazione del libro "Torte salate" avvenuta nel mese di aprile alla Piazza dei mestieri di Torino. E' stato un successo su tutti i fronti . 
Se volete ammirare le sue opere, e davvero lo consiglio, andate qui o quiNe rimarrete sicuramente colpiti.
Altro di lui non saprei narrare. Ma di una cosa sono certa. Alessandro, già affermato e riconosciuto artista oggi, sarà sempre piu' affermato e riconosciuto nei giorni a venire. Perchè non puo' essere altrimenti. Certamente il mondo Artistico, quello con la A maiuscola, in generale, non è facile. Ne so qualcosa, anche se nel campo della musica classica. Ma lui ha saputo conquistare il pubblico con le sue opere "colorate" e dirette, che non passano inosservate. 

E come non invidiare la sua morosa, Giulia, che ho incontrato piu' volte, anche lei un'artista e cuoca, che assiste alla creazione di queste magnifiche tele? Per lei, diventa quasi un'"abitudine", non per banalizzare ovviamente, ma fa parte della sua vita, svegliarsi la mattina e imbattersi in questi colori e capolavori.Un inizio di giornata davvero speciale e grandioso! In ogni caso, per tutti, un bellissimo dono da parte di questo giovane artista.

Perchè ho scelto proprio la tela "Pesce azzurro", tra tutti? Perchè come lui ha detto, andando al mercato è stato attirato da queste alici, e io, che adoro questo pesce, sono stata colpita dal modo diretto con il quale lo ha rappresentato. Non ci sono da fare tanti giri di parole per descrivere la tela. Colpisce punto e basta. Con i loro occhioni spalancati, le sfumature intense color del mare, la loro "vitalità" ormai impossibile da essere presente.

E ho voluto "riprodurre" alla mia maniera questa sua tela. Anzi, avrei voluto. Si, perchè il mio intento è riuscito per metà. Mandare il marito a fare la spesa, dire prendi le alici, senza specificare che dovevano essere intere da pulire, come faccio sempre, perché mi sembrava una precisazione superflua, tornare a casa, aprire il frigorifero e vedere la confezione di alici già decapitate ed eviscerate...bè, non potete capire...un disastro...un disastro...ma ormai era fatta. Ho dovuto fare una modifica e via. Il piatto, dal punto di vista visivo, non richiama l'originale, se non per qualche colore, mentre dal punto di vista gustativo, direi che mi ha lasciata soddisfatta. 
Ma l'importante, in questo mio contributo, non era tanto parlare del mio semplice piatto, ma farvi conoscere questo grande artista. E spero di aver suscitato la vostra curiosità.
Ad ogni modo. qui riporto la mia ricetta


Ingredienti
alici, pane grattugiato, aglio, origano e olio extravergine di oliva q.b.

Esecuzione
Pulite le alici e sciacquatele delicatamente sotto il getto dell'acqua. In una terrina da forno, cospargete il fondo con del pane grattugiato aromatizzato con aglio, disponete i filetti di alici. Fate un secondo strato. Decorate con i pomodorini ciliegia tagliati a metà, ricoprendo tutta la superficie. Irrorate con un filo di olio extra vergine d' oliva e infornate a 180° fino a quando i pomodorini non saranno "appassiti"

con questo contributo partecipo alla GN del Cibo nell'Arte

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sabato 14 maggio 2016

"Wedding" cheesecake con acciughe e topping alla rucola



La scorsa sfida, per l' Mtc, è stata vinta da Fabio e Anna Luisa (Annalu'), del blog Assaggi di viaggio. Due personaggi veramente unici, napoletani col pedigree, che ho avuto la fortuna di incontrare in diversi blogtour. Una coppia che se non ci fossero bisognerebbe inventarli! Io, ma forse anche qualcun altro, mi aspettavo un piatto della tradizione partenopea, già stavo pensando a pizze, calzoni, friarielli...Invece, mi hanno stupito con questo tema che ci hanno servito su un vassoio molto elegante...La Cheescake dolce o salata. Ecco, altra bella sfida con la quale cimentarmi, visto che davvero non ne ho mai fatte!
Ad arricchire la bellezza del tema ecco che arriva la grande Dany del blog Acqua e Menta, che ci ha "stupite" ancora una volta con la sua magnifica infografica, questa volta con l'aggiunta del psico-test di Giulia, per la serie, dimmi il tuo topping e ti diro' chi sei....a me piacciono tutti, sono un misto tra acida, lady godiva, maliziosa, mangiatrice compulsiva...pero' non faccio testo.

Dopo varie elucubrazioni mentali, la faccio dolce, la faccio salata, ne faccio una, o due o tre.... ho optato per un'unica partecipazione, visto che come al solito il tempo non è dalla mia parte, salata cosi' "non ingrasso", visto che sono in perenne lotta con la bilancia, quindi buona la prima, e mi guardero' estasiata le versioni delle altre partecipanti.
Chi mi conosce, sa che quando cucino, o lo faccio nel piu' assoluto silenzio (dipende anche dall'ora), o con un sottofondo a manetta....stavo ascoltando Sogno di una notte di mezza estate di Felix Mendelssohn Bartholdy, un vero capolavoro composto da 11 pezzi, il piu' famoso dei quali, il n. 7, è la Marcia nuziale, mentre sceglievo tra coppapasta, stampini a cerniera, carta forno, decorazione...e...mi è venuta di colpo l'ispirazione. Che tra il dire e il fare ce ne vuole. Nella mia testa e sulla carta erano perfettissime, ma poi...insomma, non è come dirlo.
Ascoltando la Marcia nuziale, mi sono detta, perché no?! Cosi' ecco qua, la cheesecake da cerimonia per mio marito e.....in versione quadrata con i gamberoni, che a lui non piacciono, per me...

Ingredienti per le porzioni come da foto

Per la base:
150 g di pane grattugiato
6 filetti d'acciughe sott'olio
75 g di burro

Per il ripieno:
500 g Yogurt magro-1 cucchiaino raso di sale (per fare il "formaggio cremoso")
150 g di parmigiano reggiano grattugiato
4 filetti d'acciughe sott'olio
30 ml di latte
5 g di colla di pesce


Per il topping
100 g di ricotta
200 g rucola
1/2 cipolla
10 g di fogli di colla di pesce
1 cucchiaino di olio
sale

2 gamberoni e "roselline" d'acciughe per la decorazione
rum q.b.

Esecuzione
La sera precedente preparate il "formaggio cremoso". Aggiungete direttamente nel barattolo dello yogurt, il cucchiaino di sale. Mescolate e versate il contenuto su un tovagliolo di stoffa inserito in un colino o colapasta. Appoggiate il tutto su una ciotola o contenitore profondo, in quanto deve rimanere rialzato e non stare a contatto con il siero che si forma. Chiudete a fagotto e fate scolare il liquido giallognolo che ne esce. Lasciatelo in frigorifero per tutta la notte (comunque bastano anche solo tre ore, e il risultato è che si ottiene un composto cremoso e morbido. Piu' rimane in frigorifero piu' rimane compatto).
E' molto simile a quello "originale", solo che questo è piu' buono. Non perchè lo abbia fatto io, ma perchè è davvero piu' buono. E da quando la mia amica mi ha spiegato come farlo, lo preparo sempre io. Non riesco piu' a mangiare quell'altro, che è "pesante", plasticoso, insomma, non è la stessa cosa...
Preparate la base: versate il pane in una padella, aggiungete i filetti d'acciuga a pezzetti e due cucchiai dell'olio di governo. Fate cuocere fino a che il pane risulterà dorato. Versate sopra il burro sciolto ma non caldo. Mescolate bene e versarne sul fondo dei coppapasta rivestiti di carta acetata (io da forno) e poggiati su un foglio di carta da forno. Pressate bene con l'aiuto di un cucchiaio e riporre in frigo 10-15 minuti a rassodare.
Preparate il ripieno: mettete i fogli di gelatina ad ammollare in acqua fredda. Nel frattempo riscaldare il latte e sciogliervi i fogli di gelatina ben strizzati.Togliete dal tovagliolo il "formaggio cremoso" , aggiungete il parmigiano grattugiato, i filetti d'acciuga ed infine il latte con la gelatina. Versate sulla base di pane  e livellate scuotendo il supporto dello stampino con delicatezza.Mettete in frigo a rassodare per circa un'ora.


Preparate il topping: fare soffriggere in padella la cipolla tagliata sottile, fino a quando sarà leggermente appassita.Frullate la cipolla con la rucola, aggiungete la colla di pesce che avrete precedentemente ammollato, ben strizzata. Aggiungete la ricotta e frullate ancora. Fate raffreddare il topping fino a che sia denso, versartelo sui cheesecakes e riponete in frigo ad addensare per due ore o più.Togliete il guscio ai gamberoni, incidete la parte superiore ed estraete l'intestino. In una padella versate un goccio di olio extravergine d'oliva, fate cuocere i gamberoni per pochi minuti, versate un bicchierino di rum e flambate.
Eliminate i coppapasta e la carta forno dai cheesecakes e, prima di servire, decorate a piacere con le roselline di acciughe e foglie di rucola





particolare della fetta della Wedding cheesecake...






qui invece con roselline di acciughe e gamberoni







con la versione quadrata con acciughe e gamberoni...per me...



con questa ricetta partecipo alla sfida n. 57 di Mtc


sabato 7 maggio 2016

Gelati Tonitto. Il gelato artigianale nella grande distribuzione


Poco tempo fa, a pochi passi dal Duomo di Milano, sono stata alla presentazione di alcuni nuovi gusti di gelato industriale dell’azienda Tonitto di Genova.
L'azienda è stata fondata nel 1939 come gelateria, e il nome deriva dal soprannome del fondatore Antonio Dovo, dettoTonitto, nel corso degli anni si è trasformata prima in laboratorio di produzione per la clientela e poi in una vera e propria azienda industriale in concorrenza con le grandi Multinazionali Unilever e Nestlè e le altre italiane, tra cui le più conosciute Sammontana e Sanson.

Il sogno di Antonio era proprio quello di poter offrire un gelato buono a tutte le famiglie italiane.
Ora sono Luca e Massimiliano Dovo che portano avanti questa grande attività.
Massimiliano, Direttore della Produzione si occupa di reperire le materie prime: solo latte italiano, uova fresche da allevamento a terra, frutta fresca e secca controllata lungo tutta la filiera produttiva.
Luca è l'Amministratore delegato, e ci tiene a ribadire che portano avanti il marchio di famiglia rimanendo fedeli ai principi del fondatore, con un prodotto semplice e genuino, evidenziato da subito sull'etichetta pulita (clean label), dove subito balzano agli occhi i pochi ma fondamentali ingredienti che lo compongono.
Un'altra persona molto importante che collabora con Tonitto è Renato Bottasso presidente della cooperativa F.A.R. - Rogelfrut Frutta surgelata di Rossana in provincia di Asti, che conta oltre 200 soci coltivatori e che lavora qualcosa come 12.000 tonnellate all’anno di frutta.

Con la presentazione dei nuovi sorbetti, la gamma dei prodotti Tonitto si compone di 3 varianti de "Il Gelato", 4 de "Il Gelato Yogurt" e 9 de "Il Sorbetto". I nuovi gusti presentati sono stati Mandarino di Ciaculli, Ananas e Mora&Mirtillo.

Anche se il consumo dei gelati è da molti anni in crisi, in Italia se ne consumano 10 kg pro capite e la parte del leone la fa la vendita e il consumo del gelato artigianale.
Il mercato italiano continua a produrre statistiche positive: nel corso del 2015 la vendita ha raggiunto quasi le 152 mila tonnellate di prodotto, di cui poco meno di 85 mila per i porzionati e multipack e oltre 67 mila per le vaschette per un valore, in oltre 876 milioni di euro totali, ripartiti in circa 565 milioni per i porzionati e poco meno di 311 milioni per le vaschette (Fonte dati Nielsen 2015).

Tonitto produce anche per l'estero: circa il 30% della produzione, 9 milioni di euro, viene esportato in oltre 20 paesi tra Europa, Medio Oriente, Sud America, Giappone, Russia e Irlanda.
Oltre al'attenzione per la salute del consumatore, Tonitto ha un occhio di riguardo anche per l'ambiente:l'attuale stabilimento è alimentato in parte da un impianto fotovoltaico, e per la nuova sede stanno progettando strumenti e impianti a consumo ridotto e CO2 free.

Molte altre informazioni sull'azienda e sul consumo dei gelati, le trovate anche qui.

Alla fine della presentazione, durante la quale ho potuto assaggiare parte di questi gelati, le puree di frutta, il cioccolato, le nocciole e la frutta fresca, mi hanno omaggiata dei gelati che vedete nella foto. Ora, sta a voi provare di persona la qualità di questi prodotti. Cercateli nella grande distribuzione e....buona degustazione!

Grazie anche  a Marzia Morganti della Marte Comunicazione per avermi dato la possibilità di conoscere questo prodotto italiano nel mondo!




giovedì 5 maggio 2016

Dolci da credenza : La torta sabiosa



Oggi, ricorre la GN dei Dolci da credenza, per il Calendario del Cibo Italiano- Aifb, e Paola Sabino ne è l'Ambasciatrice.
Cosa si intende con questo termine? Tutte quelle torte e dolci non deperibili, quindi non farciti di panna, crema pasticcera ecc, che di sicuro, le nostre nonne e le nostre mamme, ci preparavano per la merenda. Io, per questa ricorrenza, propongo la torta Torta sabiosa o sabbiosa, che ho pubblicato pochissimo tempo fa, ma che condivido nuovamente volentieri.
E' una torta piena di ricordi, perchè oltre ad addolcire qualche evento speciale o come dolce della domenica,la nonna o la mamma la preparavano durante le vacanze estive o invernali che trascorrevamo a Teglio. Siccome non c'era il forno a gas, ma un fornello appoggiato su di un mobile, insomma, un po' di "fortuna", mi ricordo che questo impasto veniva versato nella tortiera sul fuoco, quella che ai giorni nostri viene chiamata Petronilla....il profumo si spandeva per tutta la grande casa, e poi veniva condivisa con gli altri parenti con i quali condividevamo la casa delle vacanze. E siccome noi bambini eravamo veramente ghiotti, questa torta, dopo la prima fetta ciascuno, spariva e veniva conservata in una credenza che conteneva i piatti di porcellana bianchi, o col bordino a quadretti bianchi e rossi, un po' lontana dalle nostre sgrinfie, ma nemmeno tanto, perchè i bambini si sa,sono curiosi, e dopo aver fatto la "posta", avevamo sbirciato dove veniva riposta!
Quindi non durava poi tanto...perchè golosi e numerosi, questa torta, era una delle merende piu' gettonate e sane che amavamo mangiare, tassativamente alle 16, con un bicchiere di latte munto dalle "mucche vere" della stalla vicina, per poi ritornare a giocare nel cortile....
Gli ingredienti e la spiegazione della sua realizzazione li potete trovare dettagliatamente in questo post.
Che dire...buon dolce da credenza a tutti!

                                            http://www.aifb.it/

lunedì 2 maggio 2016

Pane ai 7 cereali, Schüttelbrot e Il pane e i forni delle Valli di Lanzo tra usanze, storia e tradizione


Oggi ricorre la Settimana della Collina per il Il Calendario del Cibo Italiano - AIFB e Sonia Nieri Turini ne è l'Ambasciatrice, con il suo contributo che potrete leggere qui. Ho conosciuto Sonia durante alcuni blog tour ai quali abbiamo partecipato, ed é il mio idolo! A parte la dolcezza della sua persona, nonostante sia una walkiria, che detto da me, che non sono affatto bassa, é tutto dire!, sforna dei pani e lievitati dolci che sono una autentica meraviglia. Rimango sempre a bocca aperta quando vedo le sue realizzazioni sul blog, e mi dispiace che siamo cosi' lontane...o forse é la sua fortuna, perché sono sicura che non la lascerei in pace!! Cosi', quando ho visto che ha realizzato lo Schuttelbrot, il pane del Tirolo, mi ha fatto venire voglia di provare a farlo. E' andata a finire che il mio contributo questa volta é triplo: un pane in cassetta, ai 7 cereali, realizzato con la comodità della macchina per il pane, che nonostante la "modernità" della sua realizzazione, ha comunque bisogno di attenzione, perché un impasto non corretto, ne pregiudica la riuscita. Morbido e soffice, con il gusto delicato dei cereali. Per le dosi, seguire le indicazioni della macchina, perché ognuna ha le sue indicazioni.

Poi il mio Schüttelbrot, seguendo le indicazioni di Sonia, un pane cotto nel forno, quindi con un procedimento diverso dal primo, e una caratteristica diversa. Croccante, si conserva a lungo, i semi di cumino e finocchio che gli danno un gusto particolare e fantastico.


INGREDIENTI PER LA BIGA
250 g farina di segale
250 ml acqua tiepida
10 g lievito di birra

INGREDIENTI PER L’IMPASTO
500 g farina di segale
250 g farina 0
400 ml acqua tiepida
10 g lievito di birra
20 g sale
5 g finocchio
5 g cumino
5 g trigonella/ fieno greco


PROCEDIMENTO PER LA BIGA
In una ciotola sciogliere il lievito nell’acqua, aggiungere la farina e mescolare fino ad ottenere un impasto compatto, lasciare riposare coperto da pellicola in luogo caldo ( 30° ) per circa un’ora
PROCEDIMENTO PER L’IMPASTO
Passato il tempo di riposo sciogliere il lievito nell’acqua, impastare la biga con la farina, i semi e aggiungere l’acqua  poco per volta alla fine aggiungere il sale e impastare fino ad ottenere un impasto sodo e ben amalgamato
lasciare riposare l’impasto per 15 minuti
formare dei panetti da 150 g ciascuno
disporre i panetti sopra un telo ben infarinato e lasciare riposare altri 15 minuti
a questo punto la ricetta tradizionale dice di metterli sopra un asse di legno larga e scuotere il panetto fino a quando diventa largo e sottile
ma io non avendo gli strumenti appositi, mi limito a spianarli con le mani allargandoli con la pressione dei polpastrelli come per fare delle focacce

fare riposare i pani formati circa 30 minuti
cuocere in forno caldo a 200° per circa 30/45 minuti 



Ma perchè ho scelto di fare il pane? Cosa c'entra con la collina? Collego questo importante e insostituibile elemento della nostra alimentazione, alle tradizioni, alle feste, alla cultura, che la gente di paese porta avanti da generazioni, o in alcuni casi, cerca di portare avanti, affinchè questo patrimonio non venga perso. Pane come elemento di vita quotidiana, sbocconcellato nelle brevi pause nei campi, con un pezzo di formaggio e via, ammorbidito poi nella minestra anche se era duro, perchè buttare il pane è un sacrilegio! Certamente, i ritmi del giorno d'oggi, hanno una cadenza cosi' diversa da quella dei nostri "vecchi". Tutto è fast, veloce, smart...si è perso il valore dell'attesa, dell'assaporare le piccole cose, la loro naturale velocità, il ritmo naturale...bisogna forzare tutto perchè sembra che non ci sia il tempo di aspettare, e cosi' si entra in un vortice dal quale è faticoso uscire.
Per questo ho scelto di contribuire a questa settimana con un argomento che mi ha entusiasmata fin dal primo momento...

Un giorno mio marito tenne un concerto con il Quintetto, mi sembra fosse Lanzo d'Intelvi e la Pro Loco dono' ai musicisti, un libro “Caro pane. Antichi forni e panificazione per i giorni feriali e per i riti delle feste nelle Valli di Lanzo“. Quando lo vidi, feci i salti di gioia! Ma era fantastico! Lo lessi tutto, era veramente interessante, dettagliato, con aneddoti, fotografie antiche in bianco e nero, insomma, un regalo veramente speciale! Già dal titolo si capisce l'importanza di quello che è contenuto in questo libro. In pratica, è il resoconto di un lavoro durato anni e anni di ricerca, che non è ancora finita, portato avanti da Giovanni Bregagna, appassionato di panificazione, che ha voluto lasciare come testimonianza per la sua lunga ricerca sulle tradizioni della sua valle, questo libro. In occasione de La cucina delle feste sempre per AIFB, pubblicai il mio contributo, che ho voluto estrapolare dal prezioso libro. Un lavoro lungo, ma che soddisfazione quando l'ho terminato! Lo potete trovare per esteso QUI.

Leggendo questo libro, si respira l'importanza che dà la gente delle valli ai ritmi della natura, alle tradizioni, alla socializzazione, allo scambio. E dove, se non davanti al forno di paese, la gente si riuniva, si raccontava, condivideva, gioiva o si rammaricava, raccontando spaccati di vita quotidiana? Nei paese ci si conosce tutti, e di tutti si sa. Ad alcuni potrebbe dar fastidio, soprattutto ai "cittadini", Potrebbe sembrare un'invasione alla privacy. Ma non c'è niente di piu' bello che condividere, essere partecipi, collaborare, difendere le tradizioni che una volta perse...addio.
E questo succede quando ritorno a Teglio, quando il postino o altre persone, si ricordano ancora di me, che mi hanno vista crescere da vacanza in vacanza! E mi viene in mente quando da piccola, e poi da ragazza, andavo con la mia amica Luciana, al forno del paese, l'unico, dove c'era l'Angelina, una vecchia signora che vestiva con un vestito lungo fino ai piedi, con un grembiulone nero, la lunghissima treccia raccolta in piu' giri, tenuta dalle forcine, con un foulard che le incorniciava il viso sempre sorridente, e quando entravamo nel suo forno, che era ricavato da un locale grezzo, si vedeva il muro grezzo, si sentiva un profumo intenso e stupendo del pane di segale, che ogni giorno infornava. E siccome non sempre era pronto, ci fermavamo a parlare con lei, che ci raccontava tante cose, ci guardavamo intorno e vedevamo le ruote di pane di segale appese alle travi di legno, erano quelle "vecchie", talmente dure, da mangiare nella minestra. Poi con maestria, prendeva la pala ed estraeva le ruote di pane e le posava sul tavolo. Ritornavamo a casa con il fumante contenuto e il cuore pieno di gioia, perchè era sempre bello parlare con l'Angelina.
Purtroppo piu' nessuno ha continuato a panificare dopo la sua morte. Il forno non c'è piu'. La gente prende il pane dall'unico panificio, che vende anche il pane di segale, ma non è piu' come quello di una volta. Questo è bianchiccio, e mi chiedo se davvero ce l'hanno messa la farina di segale...
Chiuso il forno, è come se si fosse spezzato un'incantesimo, che ci teneva rapiti nella sua bellezza ed unicità.
Per questo, vi invito a leggere il mio contributo, non perchè lo abbia scritto io, ma per rendervi conto dell'importanza di certi valori, usanze, tradizioni, che se non ci fossero persone disposte alla loro diffusione, condivisione e difesa, andrebbero perse. E sarebbe un vero peccato.
Per lasciare ai nostri figli un legame con il passato, che non é sicuramente moderno, all'avanguardia ecc. come quello dei giorni nostri, ma quante belle cose e quanti valori ci hanno insegnato! Perchè senza nessun riferimento e filo conduttore, non c'è storia. Perchè in un epoca di selfie e foto sul cellulare, è bello ogni tanto prendere in mano un album di vecchie fotografie, anche in bianco e nero, e cominciare a dire...questo è il tuo trisavolo, faceva il contadino....


Il Calendario del Cibo Italiano - AIFB

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