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martedì 13 gennaio 2015

Canederli....o Chenédi ampezzani...per la sfida n 44 dell'Mtc



Quando ho letto la ricetta della sfida ho gioito come non mai. Se mai avessi vinto una delle sfide precedenti l'avrei proposta io. Invece ci ha pensato Monica del blog One in A Million vincitrice della sfida dei Muffins del mese di novembre.
Ebbene si. La sfida n. 44 dell' Mtc è incentrata sui Canederli!! O Knödel per dirla alla tedesca. O Knedilky in ceco. O Chenédi, per dirla in ampezzano.
Mentre nella cucina tedesca questi grossi gnocchi di pane sono molto diffusi e con molte varianti e nomi differenti (oltre a Knödel anche Klöße), nella cucina italiana sono presenti solamente nelle cucine regionali dell'Alto Adige e del Trentino, del Friuli, della Venezia-Giulia, dell'alto Veneto e dell'alta Valtellina. In friulano i canederli sono chiamati chineglis o chineghi. A Trieste vengono chiamati gnochi de pan (gnocchi di pane). Nelle valli ladine prendono il nome di bales o balotes, da bala (sfera, palla) che è la forma tradizionale di questa specialità.
I miei sono ampezzani. Piu' che miei dovrei dire di mio marito. Si, perchè lui è nato a Cortina, ed è stato lui a farmeli conoscere. E quelli che presento qua, sono i primi "chenédi" che ho assaggiato, quando sono andata per la prima volta a Cortina, il dicembre di 28 anni fa....una vita fa.....

...A settembre io e Rino, suonavamo insieme per la stagione lirico-sinfonica nella stessa orchestra. A Cupido, distratto e commosso dai brindisi e dagli acuti tisici di Violetta, e dalla morte improvvisa di Adriana Lecouvreur, scappo' la freccia che colpi' i nostri cuori. Colpo di freccia, colpo di fulmine....Fu cosi' che a ottobre "ci mettemmo insieme". A dicembre lui andava sempre su per passare le feste di Natale con la sua famiglia, genitori, sorelle e nipoti, e mi propose di accompagnarlo....C'era da "convincere" mia mamma pero', ancora "vecchio stampo"... e comunicarle nel frattempo che la mia relazione durata sette anni e mezzo col mio moroso era finita e che il mio nuovo moroso era piu' giovane di me di quattro anni... bè, un niente no?!...cosi', una sera, alla fine di una recita alla Scala, passo' da casa mia. " Pero' vengo con il frack, altrimenti ora che metto via lo strumento e mi cambio viene troppo tardi". Ok gli dissi. Suono' il campanello, e ando' ad aprire mia mamma, che nel frattempo si era impigiamata e investagliata perchè stava per andare a letto. Appena si vide davanti quel ragazzo barbuto (la barba, che voleva tagliarsi prima di venire a casa mia!!! lo faceva piu' grande di quello che in realtà non fosse), con il frack, a momenti mi sviene! "Oh buonasera professore, mi scusi la vestaglia! Prego si accomodi, gradisce qualcosa da bere, un caffè?"....ehhhh, il fascino della divisa!! ahahah.... 
Cosi' a dicembre eravamo in viaggio verso Cortina. Un viaggio per me lunghissimo, senza fine, ma quando arrivammo a destinazione, davanti ai miei occhi si apri' un paesaggio fantastico! L'alto campanile della chiesa che si stagliava nel cielo di un azzurro mai visto,la neve sotto i raggi del sole cosi' bianca e brillante che faceva male agli occhi a guardarla e poi di sera, la luna che illuminava con la sua magica luce le montagne, e le luci delle case che sembravano tanti occhi nella notte, che man mano si chiudevano, bè, era fantastico! Passammo giorni stupendi su a Staulin, nella casa di legno di "Rubner", lontani dal traffico del centro, dove d'estate i pochi che passavano di là chiedevano il permesso di fotografare il balcone pieno di gerani rossi e dove i suoi parenti parlavano in ampezzano, e mi "traducevano" in italiano, ma io, sebbene non avessi mai sentito quel dialetto lo capivo benissimo....mah!! Era destino? Fu cosi' che da quel giorno tanti ne susseguirono, perchè a settembre dell'anno successivo ci sposammo.Passavamo estati e inverni, tra feste campestri a mangiare le Fartaies, facendo passeggiate al lago di Misurina o su in Faloria, dove suo padre, da giovane, faceva il macchinista della funivia, per poi andare a lavorare alla fabbrica di sci a Fiames. Mi raccontava che quando erano piccoli, lui e le sue sorelle si sedevano sul bordo della stazione della funivia, con le gambe penzoloni, a guardare giu' nella valle! E per andare a scuola, suo papà li caricava nella cabina e la azionava, e quando arrivavano giu' in paese, scendevano e andavano a scuola.....da brivido....oppure a "far legna", perchè La Ciasa de ra Regoles, (la “Casa delle Regole”), fulcro dell’amministrazione ampezzana, che dirigeva l’utilizzo del patrimonio collettivo, costituito da edifici, pascoli e boschi, assegnava ai "regolieri" un "pezzo" di bosco da tenere pulito, dove si andavano a tagliare gli alberi secchi, morti o malati, rigorosamente contrassegnati, e si portava a casa la legna da bruciare nella stua....
E in agosto a seguire la sfilata della Festa delle Bande (Fèŝta de ra Bàndes) che richiamava un sacco di gente ed era un appuntamento stupendo, colorato dagli stupendi vestiti tipici delle valli dalle quali provenivano. Anche Rino aveva suonato nella banda di Cortina, trampolino di lancio per il fantastico e bravissimo musicista che è diventato...e d'inverno andavamo in funivia su fino al Cristallo, a pattinare allo stadio del ghiaccio, la mia prima volta sugli sci da fondo, a fare lo struscio in mezzo alle sciure impellicciate e ingioiellate, ai vippsss che in realtà non ho mai visto a parte la Marzotto...o comodamente seduti sulla panca attaccati a "ra Stua" bollente, dove crepitavano i pezzi di legno che venivano bruciati. E per la festa di San Nicolo' far passare i Diavoli con le maschere e le catene che erano veramente terrorizzanti e gli Angeli, con San Nicolo' che porgeva i doni ad Alice e sua cuginetta, piu' "grande" di lei di soli 4 giorni.Ho avuto modo di mangiare e apprezzare nel tempo i Casunzei, i Leber chenedi, i Chenedi verdi, lo Smorum, la Puccia secca e morbida, i Nighele e lo Strudel (fatto con la pasta di pane e non sfoglia)  e altre specialità della sua famiglia.....quanti ricordi....

per questo mi piace tanto questa sfida...mi sento a "casa mia".....per questo voglio iniziare col proporre i chenédi allo speck. Nella maniera tradizionale. Perchè come ho sempre detto, e come penso sempre, ci sono dei piatti della tradizione che vanno fatti come da tradizione. Vero è che la cucina è inventiva, azzardo, fantasia, rivisitazione ecc....ma a volte si eccede e si snatura il piatto. E allora preferisco essere "banale" ma genuina piuttosto che azzardare abbinamenti "spinti"....
Come tutte le ricette che si tramandano, anche questa non ha proprio un elenco preciso di grammature. Come tutte le ricette della tradizione, si "sentono tra le mani o dal sapore" quando l'impasto o il sapore è quello giusto. Si va spesso a occhio.  Quando mi trovo a cucinare i famosi "cavalli di battaglia", non peso niente. Io che non sopporto questa cosa. E per questa ricetta mi sono imposta di essere il piu' precisa possibile. Queste "palle", nascono un po' per utilizzare il pane avanzato e raffermo e i fondi dei salumi.  Perchè non si buttava via niente, per rispetto verso il cibo, perchè  i contadini sapevano quanto fosse faticoso il lavoro e il raccolto e nulla andava sprecato. E da ingredienti "poveri" ricavavano dei piatti ricchi di sapori. Cosi' ecco che i fondi di speck, salame e altri insaccati, o addirittura anche il solo lardo, finivano insieme al pane, uova e farina sotto forma di sfere, gustati con brodo o insalata. E magari ogni famiglia ha il suo modo di servire e preparare questi chenédi, con quell'ingrediente segreto, che non sta scritto da nessuna parte ma che si tramanda di generazione in generazione, imparato e memorizzato attraverso gesti sapientemente trasmessi. Io li ho imparati cosi' e cosi' li continuero' a fare.....
 Ma non devono essere viste come uno "svuotafrigo", come quando si prepara una torta salata, una ratatouille, una frittata...con tutto il rispetto per questi gustosi piatti. Perchè allora non sarebbero piu' i chenédi. E ora veniamo alla ricetta! Qui trovate quella di Monica.

Ingredienti

per il brodo:
400 g muscolo di manzo;
1/4 di gallina;
1 pezzo di biancostato
1 lingua di manzo
1 costa di sedano;
2 carote;
1 cipolla;
3 chiodi garofano;
1 foglia alloro;
2 cucchiai rasi sale grosso;
4 grani pepe nero;
2 lt acqua fredda;

per i canederli: (15 pezzi)
350 g di pane vecchio
150 ml di latte
200 g di speck
150 g di salame 
150 g di mortadella
15 g di erba cipollina fresca o 4 cucchiai di quella secca
  4 uova
150 g di farina

Radicchio di Treviso o altra insalata a piacere

per il pane:
600 g di farina  (300 g. di farina e 150 g di Manitoba e 150 g di semola di grano duro)
350 g di acqua
150 g di Lievito Madre
2 cucchiaini di sale fino
1 punta di un cucchiaino di malto.

Esecuzione
Rinfrescate il lievito madre pesando il lievito, aggiungendo pari quantità di farina e metà di acqua con un cucchiaino di miele d'acacia. Chiudete il barattolo o contenitore con l'apposito tappo e lasciate lievitare......



Setacciare la farina.
Lavorare il Lievito Madre con il malto e la farina aggiungendo l'acqua molto lentamente.
Appena l'acqua si sarà riassorbita, aggiungere il sale e lavorare energicamente fino a formare un panetto elastico e liscio.
Mettere l'impasto a lievitare in una ciotola di vetro unta d'olio e coperto con un canovaccio bagnato,  fino al raddoppio (attenzione: il lievito madre ci mette molto più tempo di quello di birra e per il primo raddoppi ci possono volere anche 3 ore)

Riprendere l'impasto e sgonfiarlo sulla spianatoia infarinata. Dar due pieghe all'impasto e formare il filone.
Spolverare di farina (io di semola rimacinata), praticare con una lametta delle incisioni sulla superficie e mettere il filone a lievitare sulla teglia rivestita di carta da forno coperto da un canovaccio bagnato o da un foglio di pellicola.
Io l'ho messo a lievitare per 6 ore (una notte). 
Infornare a forno caldo (225°C statico) per 10 minuti inserendo una bacinella di acqua sul fondo del forno per creare umidità.
Trascorsi i 10 minuti abbassare la temperatura a 200°C e proseguire la cottura per altri 35 minuti.
Togliere il pane dal forno e, capovolgendolo, battere con le nocche sul fondo. Se questo suonerà *vuoto* il pane sarà pronto. In caso contrario proseguire la cottura per 10 minuti.
Sfornare il pane e farlo raffreddare su una gratella.

(per la ricetta del pane sono andata a bussare nel blog Eleonora "Tata Nora", che prepara sempre delle vere meraviglie che sono una garanzia....e ho "prelevato"la sua ricetta)



      
Preparate il brodo.
Mettete in una pentola capiente dai bordi alti i pezzi di carne, il sedano e le carote lavati e tagliati a pezzettoni, la cipolla spellata in cui infilerete i chiodi di garofano, le spezie e poi versate l'acqua.
Mettete sul fuoco a fiamma media e portate a bollore. Con una schiumarola eliminate pian piano la schiumatura che si forma in superficie.
Abbassate la fiamma al minimo e fate cucinare semicoperto per circa 2 ore.
Togliete dal fuoco, prelevate delicatamente la carne, Coprite e tenete da parte.

Tagliate i salumi....



... e il pane a dadini



Amalgamateli insieme e aggiungete l'erba cipollina e  la farina


poi le uova e impastate con le mani


bagnandovi le mani con acqua fredda, prelevate la quantità di impasto che sta nel palmo della vostra mano, compattate il composto e cominciate a farlo "girare" nel palmo, dando una forma sferica, come quando si fanno le polpette, per intenderci.Il composto è della consistenza giusta se "appiccica" sulle mani, ma rimane insieme, senza sfaldarsi.


Cuocete i canederli tuffandoli nel brodo di carne in ebollizione.
Quando il brodo ricomincia a bollire abbassate il fuoco e cuocete per circa 20 minuti.



Una volta cotti, scolate i canederli allo speck e serviteli con il loro brodo di cottura....









.... o asciutti, con il radicchio di Treviso 






alla rustica, in ciotole in coccio......


o asciutti....



ripresa "aerea" dell'impiattamento dei miei chenédi.....




con questa ricetta partecipo alla sfida n. 44 


domenica 11 gennaio 2015

Onigiri con salmone e pomodori secchi con salsa piccante.....per un ritorno in Giappone e a Quanti modi di fare e rifare


Finalmente seduta sul divano. Finalmente un briciolo di tempo rubato alle mille cose da fare. Finalmente ritorno a sbirciare in  Quanti modi di fare e rifare.....e al volo preparare la ricetta del mese! Gli Onigiri, che si pronuncia Onighiri, mettiamolo anche in lingua originale , 御握り; おにぎり?conosciuto anche come Omusubi, 御結び; おむすび?sono uno spuntino tipico giapponese, di forma solitamente triangolare, ma esiste anche sferica o cilindrica, con una striscia di alga, affinchè possa essere tenuto tra le dita comodamente, in quanto si tratta di "cibo da strada",
Le scorse ricette erano stupende, ma non avevo proprio la testa e il tempo di prepararle. Non che ora vada meglio, ma questa non me la potevo lasciare sfuggire! Non questa che mi ha fatto ritornare col pensiero al mio amato Giappone! Già ne avevo parlato ampiamente qui. Troppo bello e anche troppo lontano purtroppo.... Di tempo ne è passato da quando ci sono stata con marito e figlia e in quella occasione abbiamo rivisto e passato una giornata intera con i nostri amici Seiji ed Etsuko. Amici con i quali ci scriviamo e che quando tornano in Europa per le loro vacanze, non perdiamo l'occasione di macinare chilometri per incontrarci, tra abbracci e baci (si, anche se le loro "effusioni" sono molto contenute), piccoli regali, e parole parole parole....io che parlo in inglese con lei, Etsuko, che traduce in giapponese al marito Seiji, che parla in giapponese con lei, che mi traduce in inglese e io che traduco in italiano a Rino...e si ricomincia il giro.....alla fine della giornata ho la testa in pallone e non so piu' con chi parlare in italiano o inglese o giapponese....eh si, perchè cerco di imparare qualche parola ma è una battaglia persa già in partenza. Mentre i nostri amici arricchiscono il loro vocabolario ogni volta che ci vediamo! E non mi capacito di questa loro "facilità" nell'imparare una lingua cosi' in fretta.
Anche questa estate ci siamo incontrati e abbiamo passato ore stupende. Come quelle trascorse a Kyoto 6 anni fa....mio marito aveva già visitato il Giappone due volte, in occasioni di tournè con l'orchestra ed era rimasto incantato.  E la terza volta ha voluto che lo accompagnassimo anche io e Alice. E' stato un arrivo "sconvolgente"...abituata al caos, al disordine, alle corse, alla maleducazione e alla freddezza delle gente, trovarmi in un paese dove sebbene ci fosse traffico e un numero infinito di persone, tutto era "vivibile" e non stressante...l'educazione e il rispetto per le cose e le persone che incrociavamo, l'efficienza, l'ordine, il pulito, i grattacieli che si affacciavano su parchi stupendi con laghetti interni, piante, bamboo, templi, silenzio, devozione...ci ritornerei per riprovare quella pace che sentivo dentro di me quando percorrevo quei vialetti....la cerimonia del té, i loro piatti, le loro tradizioni....che meraviglia!

Cosi, presa dall'entusiasmo mi sono lasciata coinvolgere in questa ricetta, che confesso, di non avere mai mangiato quando ero in Giappone!!! Devo rimediare. Occorre andare ad assaggiare gli originali!
Eh si, perchè questi i miei sono proprio dei "prototipi"...bruttini bruttini ma buuuuoniiii!.
Spero che i giapponesi mi perdonino per questo tentativo....
Ci ho messo quasi di piu' ad allestire "il set fotografico" che fare la ricetta... e non ho nemmeno tirato fuori tutte le cose giapponesi che abbiamo!!
Il tutto preparato ascoltando e cantando l'opera piu' giapponese che ci sia...la Madama Butterfly...tra Izagi, Sarundasico, Kami e Ten-Sjo-daj...cantati da Suzuki, la serva di Butterfly....e lacrime di commozione tutte le volte che ascolto quest'opera...come tante altere del resto....ma veniamo alla ricetta, che potete trovare per esteso con altri riferimenti qui.

Ingredienti
100 gr. di riso
150 ml. di acqua
salmone affumicato, pomodori secchi, salsa piccante, salsa di soia.alghe Nori, semi di sesamo.

Esecuzione
Il riso, prima della cottura, va lavato accuratamente per togliere l'amido contenutovi. Basta smuovere un poco l'acqua in cui viene lavato, per vedere come sia torbida.
Impugnandolo e strofinandolo con la mano, come se fosse sabbia, si cercherà di pulire bene ogni chicco di riso.
Si dovrà cambiare l'acqua 4-5 volte continuando con questi movimenti. Infine, eliminare completamente l'acqua, scolando il riso con un colino a maglia stretta, e strofinare il riso con il pugno chiuso, come se si lavassero dei panni sul mastello.
Dopo aver cambiato ancora 2-3 volte l'acqua, questa risulterà limpida. Finalmente il riso è pronto per essere cotto.
Cuocerlo nella pentola apposita la suihanki o in una tradizionale in acciaio lasciando il coperchio fino alla fine della cottura, 30-35 minuti
Se non si ha la formina, per dare la forma triangolare è possibile farli con le mani: mettere su un foglio di pellicola per alimenti 65 gr di riso cotto alla giapponese, serrarlo bene e dargli la forma triangolare, se risulta difficile si possono fare anche ovali.
E' importante farli quando il riso è caldo altrimenti non prendono bene la forma,







Li ho arricchiti con salmone affumicato e semi di sesamo tostati in padella per un tipo, e con pomodori secchi tagliati a piccoli pezzetti e passati in padella con della salsa piccante e spolverizzati con semi di papavero, l'altro.
Una volta data la forma il piu' triangolare possibile, li ho circondati quasi totalmente con una striscia di alga Nori. 
Per evitare crolli improvvisi, cosa che per fortuna non si è verificata. ho preferito "sdraiarli" , tranne uno, sul piatto da portata.




con questa ricetta partecipo all' appuntamento mensile con


martedì 6 gennaio 2015

Angel cake.....una torta soffice di albumi...."cibo degli angeli".....


Prima ricetta "vera" dell'anno nuovo... si, perchè quelle precedenti erano in pratica "resoconti" dei piatti delle feste, quindi appartenenti ancora al vecchio anno!
Avendo fatto panettone e altre ricette che richiedevano solo l'utilizzo dei tuorli, mi erano avanzati un bel po' di albumi. Non volevo utilizzarli per fare le solite meringhe, nè tantomeno il solito
Ciambellone bianco o la Ciambella di albumi con frutta secca..... mi ricordavo di aver letto in giro di una torta soffice di albumi, la Chiffon cake o la Angel cake. Mi sono collegata a Giallo zafferano ed ecco qua. Mi ero sempre riproposta di farla, mi incuriosiva, chi l'aveva già cucinata ne esaltava le proprietà.la sofficità, la bontà. E non avevano tutti i torti! Una torta sofficissima, ma cosi' soffice e profumata che ....non vedo l'ora di avanzare ancora degli albumi per ripeterla! Vero è che in commercio vendono bottiglie con albume, ma una mia amica che ha provato a comperarlo, ha detto che ha buttato via tutto perchè davvero faceva schifo....
In pratica è una sorta di Pan di Spagna, proveniente dagli Stati Uniti, che per la sua particolarità è stato definito "cibo degli angeli"!
La differenza tra le due è che nella Chiffon cake vengono utilizzate le uova e olio, mentre nella Angel cake si utilizzano solo gli albumi e nessuna aggiunta di grasso, quindi è piu' leggera.
Cosi', mentre la piccola Alyssa dormiva, l'ho preparata e quando si è svegliata ha fatto un'ottima colazione con latte e una fetta di morbidissima torta. E quando l'ha assaggiata e ha detto "Baaava ziaaaaa....compimentiiii....buonaaa"...mi sono sciolta!!
E quando mio marito ha detto "E' proprio il contrario della Sabiosa"..... bè, non ho potuto dagli torto!!
Non avendo lo stampo per questo tipo di torta, mi sono arrischiata nell'usare uno stampo per ciambella (quello che alcuni chiamano Petronilla) che mia nonna usava sempre in montagna durante le vacanze, e non avendo il forno,  le cuoceva sulla cucina a gas. Siccome dalla fotografia mi sembrava fatto dello stesso materiale, ho provato. Non ho potuto metterlo nel forno, perchè avendo i manici....ma vi garantisco che questo stampo è stupendo uguale!!

Ingredienti
160 g Farina tipo 00 160 gr
  4 g  Sale
270 g Zucchero semolato
480 g albumi  (circa 12 uova)
una bustina di vanillina o i semi di 1 bacca
 6 g di  Cremor tartaro (oppure la stessa dose di lievito chimico in polvere per preparazioni dolci)

Esecuzione
Per preparare l'angel cake assicuratevi che gli strumenti per montare gli albumi siano perfettamente puliti, privi di ogni traccia di grasso.
Gli albumi devono essere a temperatura ambiente. Se cosi non fosse, procedete alla cottura  in un pentolino per bagnomaria oppure versando dell'acqua in un tegame capiente e sovrapponendo un pentolino più piccolo (in questo caso l'acqua non dovrà arrivare a toccare il fondo del pentolino). Separate gli albumi dai tuorli (questi ultimi potete conservarli al fresco coperti con pellicola a contatto ed usarli per preparare la crema pasticcera al cioccolato); versate gi albumi nel pentolino, accendete il fuoco dolce e inserite il termometro da cucina perchè la temperatura dovrà raggiungere i 45°; mescolate delicatamente gli albumi con una frusta mentre si scaldano  (in alternativa potete usare albumi a temperatura ambiente oppure scaldarli al microonde alla massima potenza 5-6 secondi alla volta). Una volta raggiunta la temperatura, versate gli albumi nella ciotola di una planetaria e sbatteteli con le fruste quando inizieranno a diventare bianchi, aggiungete  il cremor tartaro (o lievito) setacciato  e poi dopo un paio di minuti i semi della bacca di vaniglia (o una bustina di vanillina)
Mentre continuate a lavorare gli albumi versate lo zucchero non tutto insieme ma in tre volte  Quando anche lo zucchero si sarà incorporato e gli albumi saranno spumosi e omogenei, spegnete la planetaria


Trasferite il tutto in una ciotola capiente e aggiungete la farina e il sale setacciati . Con una spatola mescolate con delicatezza dall'alto verso il basso per evitare che il composto si smonti. Ora non vi resta che versare il composto nel classico stampo da angel cake o chiffon (18 cm di diametro del fondo, 23 cm in superficie e 10 cm di altezza) senza imburrarlo o infarinarlo (potete anche usare uno stampo per il pan di spagna imburrato e infarinato). Versate il composto a mano a mano nello stampo senza batterlo per uniformare il composto, ma distribuendolo delicatamente con la spatola o il cucchiaio .
Cuocete la angel cake in forno statico preriscaldato a 190° per 30-35 minuti (se forno ventilato 170° per 25-30 minuti).

Io ho usato come già detto, la "Petronilla", dopo che l'ho imburrata e infarinata e ho fatto cuocere a fiamma media per 20 minuti e poi bassa per altri 15.


Trascorso il tempo indicato, provate a punzecchiare l’angel cake con uno stecchino da spiedino e se uscirà asciutto, potete sfornare il dolce, altrimenti cuocetelo per qualche altro minuto. Sfornate l’angel cake  e capovolgetela su un tagliere poggiandola sugli appositi piedini. Io l'ho appoggiata capovolta sulla griglia del forno : in questo modo il dolce si raffredderà senza sgonfiarsi o inumidirsi. Una volta che sarà completamente freddo, sformatelo e con la lama di un coltello staccate delicatamente la base dello stampo. Servite la vostra angel cake semplice o accompagnata da una ricca crema pasticcera al cioccolato, oppure con un coulis di frutta o ancora ricoperta di glassa!



domenica 4 gennaio 2015

Capodanno con amici...tra comodità, menu' alternativi, ricordi, piccole sorprese e nessuna voglia di salutarci.....


Ricordo che quando eravamo giovani, io e i miei amici, quelli storici della compagnia della palestra di basket dove anche io avevo giocato, l'amica storica del Conservatorio, e gli amici degli amici, dei piu' disparati corsi Universitari, già ad agosto, pensavamo a cosa fare e dove andare l'ultimo giorno dell'anno, come se dovessimo scegliere chissà quale meta, e invece si sapeva già la destinazione. Si pensava a quale menu' preparare, e quello ci portava via un bel po' di tempo ed energie per decidere cosa e chi lo doveva fare....E quando si avvicinava il giorno fatidico, ecco che ci prendeva una frenesia, perchè sapevamo di passare una bellissima giornata con amici e morosi/morose. Allora ecco che la carovana di auto, migrava da Milano in quel di Cusano Milanino, che sembrava fuori dal mondo, direzione casa di Luca, carichi di borse, borsoni, porta abiti, come se dovessimo stare in quella casa chissà per quanti giorni, invece che di una sola notte!
Una volta arrivati in questa casa gelida, portavamo tutte le pietanze nella cucina, noi ragazze, mentre i ragazzi parlavano del piu' e del meno, insomma facevano un po' i cavoli loro. E una volta apparecchiata la tavola e sistemate decorazioni, posti e fatto sparire sacchetti e sacchettini, noi ragazze, che eravamo arrivate rigorosamente sportive, in jeans o tuta, sparivamo in una delle camere da letto e ci cambiavamo d'abito. Uscivamo da li completamente trasformate. Se prima eravamo abbigliate con scarpe da tennis, mollettoni che raccoglievano i capelli, struccate e molto alla buona, ora uscivamo su tacco alto, calze velate, abitini succinti che in quella casa gelida ci stavano come non mai, ma facevano scena e si sopportava, truccate e profumate con i capelli come usciti dal parrucchiere. Un rito. Perchè andavamo nella sala da pranzo dai nostri morosi, accolte da un coro di Ooohhhh.....e poi si iniziava a cenare, qualche gioco di società, il conto alla rovescia, baci abbracci e auguri, qualche petardo scoppiato dal giardino,un attimo di abbiocco sul divano e poi all'alba, tutti a nanna, in posti di fortuna. Ma cosi' contenti di stare vicini vicini. E il giorno dopo, di nuovo in piedi, a mangiucchiare gli avanzi o a bere solo un té...mi continuano a rammentare che io ero l'unica della compagnia che alzata per colazione avevo il coraggio di mangiare la torta pasqualina della sera precedente...e poi, una volta sistemata la casa, si ritornava a casa, un po' rintronati ma felici!
E questo rituale si è protratto per anni e anni. Sempre uguale ma sempre desiderato e vissuto fino in fondo.
Poi ovviamente la vita ci ha portato un po' altrove. Siamo cresciuti, alcuni un po' dispersi. Ma sono convinta che tutti abbiamo sempre nei nostri cuori il ricordo di questa giornata. Con alcuni non ci si frequenta piu' come prima, ma ci si sente per telefono qualche volta.
Con due amici invece ho tenuto i contatti da allora...sono gli amici del cuore, quelli che senti un giorno si e un giorno anche. Quelli che ci sono sempre. Quelli che se per caso non li puoi sentire, li messaggi o sai che comunque sono sempre li. E con loro abbiamo trascorso un fantastico ultimo dell'anno. Non ci sono stati cambi d'abito, trucco e parrucco. Non ci sono stati tacco 10, calze velate e minigonne. Siamo stati sobrissimi. All'insegna della comodità e della naturalezza. Abiti normali e ciabatte.
Qualcuno puo' inorridire davanti a tutto cio', leggendolo come segno di trascuratezza, di poco rispetto verso l'un l'altro, di sciatteria....ma eravamo veramente cosi' rilassati e a nostro agio!!! Diciamo che per una volta non abbiamo voluto strafare, esagerare e sentirci "obbligati" a vestirci con abiti tirati e sciccosi, ma di preferire la semplicità. L'involucro dorato ma che sta un po' stretto, fa proprio brutto. L'involucro semplice, con tanta spontaneità e tanta serenità dentro, lo fa sembrare il piu' bell'abito mai confezionato.
Avevamo bisogno di trascorrere il tempo insieme nella piu' completa semplicità, naturalezza e serenità. Perchè è stato un anno difficile per tutti. Per svariati motivi....lutti, salute che fa un po' cilecca, figlie che se ne vanno di casa...qindi il morale non ü che fosse dei piu' alti.... ma siamo riusciti con la presenza di tutti noi, a trascorrere ore preziose e fantastiche!
E sulla tavola, sobria, con segnaposto semplici, pietanze "alternative" e un po' "fuori tema".... Non siamo state ad impazzire a cucinare dall'alba tartine, canapè, sformati, patè o altre leccornie. La mia amica ha espresso buttandolo li' cosi', il desiderio di mangiare la polenta taragna... e allora nel nostro menu' sono comparsi dei semplicissimi salatini, girelle di pasta di pane con pollo e verdure, I miei cantucci al gorgonzola che avevo assaggiato fatti da lei, presi da una ricetta su Giallo zafferano, polenta taragna concia, cervella fritta, desiderio del mio amico, e poi insalate fresche e varie a base di valeriana, avocado, frutta secca, frutta fresca.....il tutto condito con tanta voglia di stare serenamente insieme senza affanni, senza paura di soufflè che si ammosciano, cupole di muffins che non si gonfiano e chissà quale altra "disgrazia" culinaria!!
E dopo il brindisi, baci abbracci e auguri, il lancio delle lanterne che hanno una magia e che regalano un'atmosfera particolare, ancora qualche chiacchiera e poi tutti a nanna.
E il mattino dopo, una leggera colazione, cosi' contenti di essere ancora insieme! E un piccolo regalo da parte nostra, una chiavetta che vedeva raccolte le fotografie dei piu' bei momenti passati insieme. Da fidanzati, sposati, con le famiglie che crescevano, feste trascorse insieme...momenti irripetibili raccontati come la sequenza di un film, con tanto di musica e didascalie..... e io, che già avevo pianto non so quanto e come, mentre lo preparavo, quando lo abbiamo visto tutti e quattro...bè....ci siamo stretti in un abbraccio cosi forte scoppiando a piangere come non mai. Passato questo momento cosi' toccante, ci siamo ricomposti, anche se io in cuor mio, mi sentivo "strana", con un amore verso i miei amici, che si poteva quasi toccare con mano tanto era presente!
Ci siamo rimessi a tavola a pranzo, a piluccare un po' di "avanzi", piu' che altro per la voglia di stare insieme fino all'ultimo momento. E poi a malincuore, il momento è arrivato. Gli amici se ne sono andati, e ho cominciato a sistemare la casa....nel mio cuore e nella mia mente, il ricordo di un capodanno diverso, per tanti motivi. Con la speranza che l'anno nuovo sia un pochino migliore e sereno rispetto a quello appena concluso....

Cantucci al gorgonzola e noci 

Ingredienti per 30 cantucci
250 gFarina 00
  50 g Burro
Sale, Pepe, Noce moscata q.b.
  60 g Noci sgusciate
  60 g Pinoli
150 g Gorgonzola dolce
100 g Parmigiano reggiano grattugiato
2 Uova
1/2 bustina di Lievito per dolci

Esecuzione
Per realizzare i cantucci al gorgonzola iniziate a tostare i pinoli: ponete sul fuoco una padella e tostate i pinoli mescolando di frequente per evitare che si brucino . Lasciate raffreddare i pinoli e poi poneteli insieme alle noci in un mixer e tritateli grossolanamente per pochi istanti, non si devono sminuzzare finemente. Poi procedete a formare l'impasto per i cantucci: su di una spianatoia ponete la farina e il lievito setacciati formando la classica fontana. Versate al centro il parmigiano reggiano grattugiato , salate, pepate e aromatizzate con una spolverata di noce moscata grattugiata. Unite anche il burro ammorbidito e il gorgonzola.
Iniziate ad amalgamare gli ingredienti impastando a mano, poi unite le uova intere  e proseguire ad impastare per incorporare le uova ,per ultimo unite le noci e i pinoli tritati . A questo punto formate con l’impasto due filoncini lunghi all'incirca 30 cm . Trasferite i filoncini su una placca da forno coperta con carta forno  e fate cuocere per 20 minuti in forno statico caldo a 190° (oppure in forno ventilato a 170° per 15 minuti circa).
Trascorso questo tempo estraete i filoncini , fateli raffreddare qualche minuto e procedete a tagliarli in diagonale per ricavare dei biscotti (ovvero i cantucci) di circa 1-1,5 cm. Disponete i biscotti ottenuti di nuovo sulla placca e fate "biscottare" in forno statico preriscaldato a 170° per circa 10-15 minuti (oppure in forno ventilato a 150° per circa 5-10 minuti). Estraete i cantucci al gorgonzola , lasciateli raffreddare e poi serviteli.


Polenta concia

150 g farina di grano saraceno tipo fine
350 g farina gialla fioretto
sale q.b.
2 l. acqua
formaggi: casera, alpeggio, taleggio, gorgonzola q.b. o altri formaggi a piacere secondo i gusti
burro q.b.

Esecuzione
Portate ad ebollizione l'acqua, salatela e versate a pioggia le farine mescolate tra di loro, mescolando con la frusta facendo attenzione a sciogliere eventuali grumi. Fate cuocere per un'ora circa, mescolando ogni tanto, fino a quando la polenta si staccherà dal bordo della pentola.
(Io con le mie pentole, ho mescolato con la frusta, poi ho chiuso la pentola con il coperchio e ho lasciato cuocere senza mescolare per circa un'ora. Ho scoperchiato, dato una rimestata e ho impiattato la polenta nei cocci alternandola con i cubetti di formaggio. Terminate con i formaggi, una noce di burro e mettete in forno, anche spento, fino al momento di servire


Cervella

Cervella
1 uovo, farina q.b.
olio per friggere (io Olio per friggere Friggi Topazio )

Esecuzione
Alcuni la passano nel pangrattato,nell'uovo leggermente sbattuto, e poi ancora nel pangrattato. Io l'ho vista sempre passare nella farina, da mia mamma....
Lavate la cervella e togliete delicatamente la pellicina che la ricopre. Infarinatela, passatela nell'uovo leggermente sbattuto e poi ancora nella farina e friggetela in abbondante olio per friggere
Scolatela su carta da cucina e salatela



venerdì 2 gennaio 2015

Casetta di pancarrè.....per un ritorno a casa come ai vecchi tempi.....


Questo Natale è stato diverso da tutti gli altri. Prima di tutto perchè lo abbiamo trascorso tutti e tre i fratelli con le rispettive mogli/mariti e relative figlie...si, tutte femmine. Un'allegra brigata di 10 persone. Non siamo mai riusciti a trascorrerlo tutti insieme, perchè riunire le famiglie per intero era un po' difficile, quindi un Natale con una e un Natale con l'altra, per cercare di accontentare il piu' possibile tutti quanti. Ma quest'anno c'era una "nuova presenza" che ci ha spinto a fare il possibile a riunirci noi tre fratelli....il "ritorno" di nostro padre, che dopo 27 anni di "assenza", ha espresso desiderio di riallacciare i contatti con noi. Troppo lunga da spiegare qui tutta la storia. Anche se puo' sembrare strano tutto questo, non ce la siamo sentita di abbandonarlo e di voltargli le spalle, dal momento che era rimasto solo e malato. Anche se per come si era comportato con noi, sarebbe stata la piu' "logica" delle reazioni. Sta di fatto, che ci siamo ritrovati tutti insieme, lui ha trascorso una giornata con i suoi figli e le nipoti. Gli abbiamo regalato una giornata diversa, un ritrovare degli affetti, che per varie ragioni, aveva deciso di abbandonare....

E per il nostro pranzo natalizio, oltre ai ravioli, ho preparato il mio cavallo di battaglia. Ormai è un classico. Da quando mi è venuto in mente che il "solito" Panettone e pandoro gastronomico poteva assumere forme diverse, ad esempio quella di casetta come quelle preparate quiqui e qui ,
non c'è festa, ricorrenza, pranzo con amici, che ne prepari una , magari "a tema".
Ogni volta cerco di farcirla in maniera diversa, in base ai gusti dei commensali, e con decorazioni diverse.
Questa è proprio semplice. Per non appesantirla con troppi ripieni e troppi gusti, altrimenti non si capirebbe bene il contenuto, l'ho farcita con una semplice insalata russa, se fatta in casa sarebbe un valore aggiunto!, una tapenade, la deliziosa e saporita salsa provenzale a base di olive nere, capperi ed acciughe presa alla pag. 96 del libro L'ora del Patè e una mousse di prosciutto cotto. Il tutto ricoperto da una crema alla robiola e yogurt greco.
Per realizzare la casetta ho preferito utilizzare fette di pancarrè lunghe, quelle che utilizzano nei bar, cosi si puo fare della dimensione che si vuole, altrimenti se si utilizzano le fette quadrate, si devono fare delle "giunte". Per il tetto ho utilizzato una fetta lunga intera, cosi' il tetto rimane piu' stabile.
E' veramente divertente prepararla, e poi vedere le facce di chi, dopo aver tagliato la prima fetta, vede all'interno, una serie di "colori" e sapori che la rendono variopinta. Purtroppo, presa dalla particolarità della giornata, non ho fatto la fotografia del taglio della casetta....anche se si intravede l'interno durante la fase di preparazione....pazienza!

Ingredienti
pancarrè (preferibilmente fette lunghe)
250 g di prosciutto cotto
1 barattolo di dadolata di verdure miste per insalata russa.
maionese q.b.
400 g di robiola
100 g di formaggio cremoso
250 g di yogurt greco
250 g di olive nere
4 acciughe
1 cucchiaio di capperi sotto sale
carota, semi di zucca,würstel per decorare
Olio extravergine d'oliva q.b.

Esecuzione
Preparate la mousse di prosciutto frullando il prosciutto cotto con la robiola e un cucchiaio di yogurt greco.
Preparate la tapenade frullando i capperi dissalati, con le acciughe e le olive nere, aggiungendo a filo l'olio (io Dante )
Amalgamate qualche cucchiaio di maionese con la dadolata di verdure
Mescolate la robiola e il formaggio cremoso con lo yogurt.
Tagliate le fette di pancarrè nella misura desiderata. Alternate le fette di pancarrè con le varie salse preparate, accorciando le fette di pancarrè man mano che salite con la casetta.
Posizionate la fetta lunga per il tetto e ricoprite il tutto con la crema alla robiola aiutandovi con una spatola.
Decorate come desiderate con il würstel, i semi di zucca e le carote


come ogni casa c'è anche un retro decorato....


inutile dire che è stata gustata fino all'ultimo..."mattone"....

"Pan-albero" su ricetta del Panettone classico di Giorilli


Metti che finalmente sei a casa in ferie e che vuoi riposarti, dedicarti alla cucina, fare le mille cose che non hai mai tempo di fare, mettere a posto le innumerevoli foto di ricette che hai fatto, postare le ricette che sono in bozza, andare a trovare amiche che non vedi da tempo, telefonare a quelle che non senti da tempo, sistemare un po' la casa, vedere negli armadi quello che c'è da tenere o scartare....
metti che in vista di tutto questo sei anche stanca, ma cosi' stanca, che non hai voglia di fare nessuna di queste cose...e metti che a grande richiesta ti chiedono, ma quest'anno non lo fai il panettone?
Come fare a dire di no? Cerchi di ottimizzare il tempo, di vedere quello che puoi rimandare, quello che devi assolutamente fare subito, insomma, ti metti un attimo in moto altrimenti se ti viene addosso la pelandrite....non combini proprio niente!!
Cosi' ecco che ti dedichi alla preparazione del panettone, che richiede calma, sangue freddo, il tempo necessario affinchè il risultato sia eccellente. Non è la prima volta che lo faccio, quindi so già cosa mi aspetta.
Senza la dovuta e giusta dose di entusiasmo, dovuta a un po' di pensieri, e questo non va bene....
comincio a preparare il tutto. E siccome sapevo di non avere lo stampo, ma nessuna voglia di andare a comperarlo, mi sono detta, vada come vada....
Questa volta ho voluto provare la ricetta del panettone classico di Giorilli, che ho visto preparata anche da altre blogger, con risultati stupendi, viste le loro fotografie.
E nonostante tutti i presupposti negativi e titubanti....il panettone è venuto bene ugualmente. Le foto, purtroppo non danno il giusto merito alla mia creazione. Nonostante la forma un po' inusuale il sapore è proprio quello del panettone classico. Quindi, confermo che l'abito non fa il monaco....meglio un panettone vestito da albero, ma buono, che un panettone vestito da panettone, ma mediocre....

E come volevasi dimostrare....viste tutte le cose che devo fare, ma anche che non mi devo tirare il collo e stancarmi per farle tutte. con calma mi postero' le ricette....un po' in ritardo, ma fino all'Epifania ho ancora tempo! C'è ancora aria di festa!
Ah...il pan-albero che volevo portare da mio fratello il giorno di Natale...è stato mangiato per metà alla vigilia, e non stava bene portare una cosa già iniziata....quindi gli altri sono rimasti a bocca asciutta!!

(Dose per 1 panettone da 1 kg)

Primo impasto:
75 gr di lievito naturale rinfrescato
75 gr di zucchero semolato
120 gr di acqua
55 gr di tuorli (3 tuorli)
75 gr di burro
240 gr di farina 320/350 W
Secondo impasto:

Tutto il primo impasto
60 gr di farina 320/350 W
Tutto il mix aromatico
3 gr di sale
70 gr di zucchero semolato
95 gr di tuorli
95 gr di burro (5 tuorli)
2 gr di malto d’orzo
120 gr di uvetta sultanina
60 gr di arancio candito in cubetti (9×9)
30 gr di cedro candito in cubetti (9×9)
Qui trovate le dosi per più di un pirottino o per misure diverse, sia con pasta madre solida che lievito liquido.

Mix aromatico per panettone:

30 gr di miele d’acacia
1 bacca di vaniglia
Mezza scorza di limone bio grattugiata
Mezza scorza di arancia bio grattugiata
Il mix aromatico è bene prepararlo il giorno prima, poiché dovrà macerare per 24 ore. Grattugiate la buccia del limone e dell’arancio, miscelateli in una ciotolina con la polpa del baccello di vaniglia e il miele e coprite con pellicola.

Pesiamo l'uvetta e mettiamola a bagno in una ciotola con acqua calda per mezz’ora. A questo punto va sciacquata bene e rimessa a bagno in acqua tiepida per 4/5 ore. Scolatela, strizzatela bene in maniera da farle perdere tutta l’acqua, e poi distribuitela su una placca da forno ricoperta con un canovaccio asciutto e pulito. Copritela con un altro canovaccio e lasciatela asciugare tutta la notte. L’uvetta andrà ripesata prima di inserirla nell’impasto, poiché una volta reidratata peserà di più.

La pasta madre va rinforzata in vista del panettone, avrà bisogno di essere al massimo della sua forza Quindi è opportuno rinfrescarlo spesso nei giorni precedenti, e il giorno in cui faremo il primo impasto, fare tre rinfreschi consecutivi e magari un bagnetto ad inizio giornata. Farlo sempre crescere al caldo, cioè 28°C coperto da pellicola, e controllare che raddoppi in 3 ore. Al termine di questa procedura, avremo il lievito pronto ed in forza per essere usato nella ricetta.

Ho iniziato la preparazione seguendo questa tabella:

Ore 8:00
Ore 12:00
Ore 16:00
Ore 20:00 primo impasto
Fatte tutte queste doverose premesse, passiamo alla ricetta.

Esecuzione
Riunire nella ciotola della planetaria la farina, la pasta madre spezzettata e l’acqua. Usate il gancio a uncino e fate partire la macchina per circa 10/15 minuti, quindi aggiungete lo zucchero e successivamente in più riprese il burro a pomata (andrà lasciato a temperatura ambiente per un paio d’ore prima dell’utilizzo, oppure ammorbidito a microonde). Solo dopo che il burro sarà completamente amalgamato al composto, aggiungete anche i tuorli, emulsionati con una forchetta e sempre in più riprese. Fate attenzione a non lavorare troppo l’impasto, misurate la temperatura con il termometro e se vi accorgete di avvicinarvi ai 26° fermatevi, riponete l’impasto il freezer per 10 minuti prima di procedere, questo discorso vale anche nel secondo impasto. Impastate fino ad ottenere un composto liscio, setoso, omogeneo ed elastico. Questa operazione dovrà durare circa 25 minuti. Ribaltate l’impasto sul piano di lavoro, ricordatevi di staccarne un pezzetto che vi servirà come “spia di lievitazione” e pirlatelo con l’aiuto di un tarocco. Riponete il primo impasto in una ciotola ampia dovrà contenere il triplo del volume e il pezzetto di impasto che useremo come “spia di lievitazione” lo andremmo ad inserire in un contenitore graduato per valutarne la crescita. Se non avete il contenitore graduato, usate un bicchiere con le pareti dritte e segnate il punto di partenza per capire esattamente quando avrà raggiunto il triplo (1+2), con un pennarello oppure un elastico. Coprirete entrambi i contenitori con pellicola, e riponeteli a lievitare cercando di avere una temperatura costante di circa 28/30°C. Se riusciamo ad avere una lievitazione stabile senza sbalzi di temperatura, il nostro impasto sarà pronto in circa 12 ore. Qualora, trascorso Il tempo l’impasto non risultasse pronto, attendere il completo sviluppo, in quanto anticipare i tempi significherebbe ottenere un prodotto finito con un alveolatura più chiusa allungandone anche i tempi delle lievitazioni successive.

Il mattino seguente, dopo che il primo impasto avrà triplicato il suo volume possiamo procedere. Vi consiglio mentre pesate tutti gli ingredienti di sgonfiare l’impasto lievitato e di riporlo in frigorifero per 30 minuti, in modo tale da abbassare la temperatura poiché partiamo da una lievitazione a 28°. Potete decidere di avvantaggiarvi raffreddando anche la ciotola e il gancio della planetaria. Inserite nella ciotola della planetaria il primo impasto, con la farina e il malto, fate partire a velocità minima e alzate successivamente e fate amalgamare bene il composto, circa 15 minuti. Quindi incorporate lentamente lo zucchero, e solo dopo il suo completo assorbimento, metà dei tuorli, il sale e gli aromi. Lavorate bene tutto fino ad ottenere un impasto liscio e omogeneo. A questo punto aggiungete 70 gr di burro, amalgamate e poi aggiungete anche il resto dei tuorli. Impastare bene fino a raggiungere una consistenza elastica, quindi versare nell’impasto i restanti grammi di burro, precedentemente fuso a bagnomaria ma non caldo, l’uvetta, il cedro e l’arancio candito. Continuate ad impastare fino a che la frutta non si sia ben distribuita nel composto. Togliere l’impasto dalla macchina, riporlo in un contenitore e lasciarlo riposare 30 minuti, coperto da pellicola. Dopo questo periodo, ribaltare la massa sul piano, e lasciarla puntare all’aria per circa 15 minuti. Dopo di che, pesare la quantità necessaria a seconda dei pirottini a disposizione.




Se ne mette sempre un 10% in più di peso rispetto alla taglia della forma per compensare l’evaporazione dell’acqua in cottura. Questa dose è per un panettone da un kilo, quindi metteremo nel pirottino 1100 gr di impasto. Ma la ricetta è per 1200 gr totali, perchè strada facendo si perde sempre qualcosa, e se non si abbonda si rischia di ritrovarci con peso insufficiente. Dopo aver pezzato, formare il panetto con il metodo della pirlatura, e lasciar puntare per altri 15 minuti. Poi procedere ad una nuova pirlatura, e posizionare la massa all’interno del pirottino precedentemente sistemato su di una teglia. Riporre a lievitare, sempre coperto da pellicola, ad una temperatura di circa 28/30°C fino a quando l’impasto non sarà arrivato a circa 2 cm dal bordo del pirottino.


Ci vorranno circa 6/8 ore per esser pronto. Quando è il momento, riscaldare il forno a 165°C statico, e lasciare all’aria il nostro panettone scoprendolo per fargli formare una sottile pellicina in superficie che andremo ad incidere a croce con una lama, per poi posare al centro dei piccoli pezzetti di burro.  Possiamo anche “scarpare”, cioè dopo aver inciso a croce, staccare sempre con una lama i 4 lembi formatisi dal resto della massa, scarnificando. Posizionare al centro delle piccole noci di burro, e riposizionare i lembi verso il centro. Infornare nel forno caldo, posizionando la teglia nella posizione più bassa tenendo conto dello sviluppo che il panettone avrà in cottura. Il nostro dolce è cotto quando raggiunge al cuore, cioè nel suo centro, la temperatura di 94°C. Ci vorranno circa 50/55 minuti, e sarà necessario un termometro a sonda per misurare esattamente e senza possibilità di sbagliarsi la temperatura. Quando è cotto, sfornare, e infilzarlo alla base con gli appositi ferri (o in mancanza un paio di ferri da lana) per poterlo poi capovolgere e lasciarlo così in questa posizione per almeno due ore. Trascorso questo periodo, è possibile girare il panettone e rimuovere i ferri, ma prima di confezionarlo è necessario ancora aspettare almeno  10 ore di raffreddamento.


e questo è l'interno soffice e profumato....


un panettone dalla forma un po' insolita ma che sa di panettone classico!

martedì 16 dicembre 2014

DOLCI REGALI......perchè non c'è due senza tre!



E alla fine...eccoci qua! Di nuovo. Si. Con il terzo libro della collana dell'mtchallenge.
Come per le precedenti uscite, è stata un'emozione vedere concretizzato questo progetto ed un onore aver collaborato con fantastiche persone unite dalla passione per la buona cucina, in maniera professionale, con serietà ma anche con quella giusta dose di "pazzia" , genialità e allegria.
E anche un orgoglio vedere il proprio nome di fianco alla ricetta che è stata pubblicata!

Diverso dai due libri precedenti :

 e

perchè questa edizione prende spunto da una delle nostre gare sul babà, per arrivare ad ampliare la conoscenza di un'epoca a che segna un momento fondamentale nella storia della gastronomia, cioè il periodo compreso fra la fine del XVII  e gli inizi del XIX secolo, che videro la nascita e il trionfo della pasticceria, intesa come Arte.
Le ricette sono quelle degli impasti lievitati dolci conosciuti, ma anche di ricette storiche ed inedite. “Dolci Regali” non è solo un libro di ricette fantastiche,ma è anche la testimonianza  di un'epoca, quella delle grandi monarchie di questo periodo, nelle cui cucine prese forma la consapevolezza che la figura del pasticcere era molto importante. Grazie alla sua arte,i dolci che sfornava, diventarono il simbolo del potere che i monarchi assoluti rappresentavano: ecco allora arrivare dolci gonfi, “cresciuti”, che nelle loro forme alludono a tutte le manifestazioni del potere, sia quello terreno (le corone dei kugelhupf, dei babà, dei savarin, del Ferdinandkrapfen, del kringel e così via), sia quello sovrannaturale (le trecce che richiamano l'eternità e le forme a cupola, che alludono alla potenza generatrice) e così via.


“Regali”, quindi, significa anzitutto “dei re” anche se, a dire il vero, il libro racchiude anche un'ampia sezione dei dolci dei poveri: perché anche questi ultimi avevano escogitato altrettante ricette per poter godere, seppure in occasioni speciali e non tutti i giorni, di quel piacere del superfluo che, nel loro caso, prende il nome di krapfen, di graffe, di buchteln, di buns, di torta delle rose e di molte altre ricette, altrettanto gustose.

E completano questa grande raccolta, il "solito" contributo della Community, oltre 50 ricette di sciroppi, bagne aromatiche, creme.Per finire poi con “la Dispensa del Castello”, una raccolta di liquori, conserve, acque profumate, praline ed altre golosità, da tenere a portata di mano per arricchire con un tocco personale e raffinato le vostre creazioni, per un totale di oltre 130 ricette, da combinare fra loro e per stupire i vostri ospiti.



Anche questo,concertato e diretto da quella fantastica donna che di nome fa Alessandra Gennaro in arte Van Pelt, rallegrato dai fantastici disegni della Mai, che ci lascia sempre a bocca aperta per quello che vediamo realizzato dalle sue mani e impreziosito dalle fantastiche fotografie di Paolo Picciotto, un grande professionista che è entrato nel nostro "girone creativo" e chissà cosa pensa di noi, esuberanti e vulcaniche pulzelle!



Ma che è anche un libro che non deve mancare sotto l'albero delle persone care, alle quali vogliamo fare dei regali...opsss...DOLCI REGALI...


Perchè l'uscita di questo libro, non è fine a sè stessa, ma come i precedenti, contribuisce a realizzare un progetto che ci sta molto a cuore.
Infatti, acquistando una copia di DOLCI REGALI, contribuirai alla creazione di borse di studio per i ragazzi di Piazza dei Mestieri (link: http://www.piazzadeimestieri.it/), un progetto rivolto ai giovani oggetto della dispersione scolastica e che si propone di insegnare loro gli antichi mestieri di un tempo, in uno spazio che ricrea l'atmosfera di una vecchia piazza, con le botteghe di una volta- dal ciabattino, al sarto, al mastro birraio e, ovviamente, anche al cuoco. La Piazza dei Mestieri si ispira dichiaratamente a ricreare il clima delle piazze di una volta, dove persone, arti e mestieri si incontravano e, con un processo di osmosi culturale, si trasferivano vicendevolmente conoscenze e abilità: la centralità del progetto è ovviamente rivolta ai ragazzi che trovano in questa Piazza un punto di aggregazione che fonde i contenuti educativi con uno sguardo positivo e fiducioso nei confronti della  realtà, derivato proprio dall’apprendimento al lavoro, dal modo di usare il proprio tempo libero alla valorizzazione dei propri talenti anche attraverso l’introduzione all’arte, alla musica e al gusto.

E ora qualche nota tecnica....._

DOLCI REGALI
Collana “I libri dell'MTChallenge”
SAGEP Editori- Genova
Prezzo di copertina: 18,00 euro
Foto Paolo Picciotto
Illustrazioni Mai Esteve
Editor: Fabrizio Fazzari
Impaginazione: Barbara Ottonello
in vendita in tutte le librerie e su Amazon, IBS.

Natale è davvero alle porte....non lasciatevi sfuggire questo prezioso libro. Prezioso in tutti i sensi!
E perchè no.... regalare un cofanetto che racchiude i tre capolavori della collana, vi riempirà di gioia, riempirà di gioia chi lo riceve, riempierà di gioia chi porta avanti il progetto al quale abbiamo aderito con entusiasmo....