Questa è davvero l'ultima... sia perchè non ho più in casa niente di quinto quarto, o meglio, ho ancora una cervella ma è surgelata e non faccio più in tempo a cucinarla, poi la sfida è praticamente finita e poi perchè sono ampiamente fuori gioco e non vorrei attirare le ire delle giudichesse dell' 'Mtc !!
Sono andata sul liscio, i cuoricini e fegatini hanno riscosso successo, con la figlia ovviamente, ma ho messo anche il durello, che non aveva mai assaggiato.
Questo risotto lo faceva spesso mia mamma, e io ho il ricordo di questo risotto "scuro", e nell'aria il profumo del fegato che cuoceva insieme al risotto.
Altri momenti legati al passato li ho "sparati" tutti nei post precedenti. Chi dovesse sbriciare il mio blog, penserebbe che questo mese abbia solo mangiato frattaglie! Ma non è stato cosi'! Mi sono dedicata un po' di piu' a loro, sia per farle scoprire a mia figlia, sia per mangiarle finalmente io stessa.
Quindi vado subito al sodo, ringraziando Cristiana per aver avuto l'ardire di proporre un tema cosi' particolare, che magari inizialmente a qualcuno puo' aver fatto arricciare il naso, per poi scoprirsi artefice di una fantastica ricetta.
Personalmente non ho avuto nessuno schifo o remore a manipolare tutti i quinti quarti coi quali ho avuto a che fare. Non perché non abbia cuore, ma qui si innesterebbe una miccia, e ci si addentrerebbe in un labirinto senza uscita, di discorsi su se sia giusto o no cibarsi di certe cose ecc... che facevo nel mio primo post.
Quindi, senza volermene i vegani, vegetariani, animalisti ecc....che si sono imbattuti per sbaglio tra le mie ricette, e si sono magari inorriditi, questo mese mi sono sfogata con tutto cio' che di buono ed edibile è stato "sacrificato" dell'animale. Ricordando che una volta non si facevano cosi' tante storie, e che comunque, non credo proprio che l'uomo cambi cosi' radicalmente il proprio modo di nutrisrsi, evitando di mangiare carne di qualsiasi genere. Certo, una volta erano altri tempi ecc.... ma siccome non si smetterà di mangiare carne in un numero tale dal preservare la vita a tutti gli animali, se purtroppo è stato macellato, peccato snobbare o buttare tutto cio' che era.
E dopo essermi attirata brutalmente le ire di chi non la pensa come me...passo alla ricetta che è meglio!
Ingredienti
80 g di riso
cuore, fegato, durello di pollo
olio, burro q.b.
1/2 cipolla
1 bicchiere di vino bianco
grana grattugiato
brodo q.b.
topping di aceto balsamico
Esecuzione
Fate appassire la cipolla tagliata sottile in un po' di olio e burro. Aggiungete il riso e fatelo tostare. Aggiungete il bicchiere di vino e fatelo sfumare. Versate il brodo poco alla volta, aggiungendolo man mano che viene assorbito.
Aprite il durello ed estraetene il contenuto, Lavatelo bene e tagliatelo a listarelle sottilissime. Aggiungetelo al riso. Fate cuocere per un totale di 20 minuti, aggiungendo a 10 minuti dalla fine della cottura il cuore e il fegato. Aggiungete una generosa manciata di grana grattugiato e impiattate versando un po' di topping di aceto balsamico.
Conversazione MADRE-figlia
"Che cos'è questo schifo?" (foto 1). " E' LO STOMACO DEL POLLO, TOCCA, SENTI COME È FATTO! GUARDA COME E' BELLO, QUESTE ANSE!" "Non ci penso nemmeno. E' un Alien". E va di là..... "E' PROOONTO"..... Impiatto, (foto grande), fotografo in fretta altrimenti si raffredda, con l'idea di prendere qualche cucchiaiata dal suo piatto, visto che ne era avanzato giusto un cucchiaio in pentola. Mi giro a prendere la cucchiaiata avanzata, vado a tavola e......il piatto era già vuoto!!!! Persino l'aceto balsamico si è tirata su con la forchetta....no comment.....
con questa ricetta partecipo a
e chissà la vincitrice cosa si inventerà di proporre questa volta!!!!
La cucina.Luogo dove sperimentare e perfezionare.Ogni piatto è legato a un ricordo della mia infanzia,di un viaggio o semplicemente a un momento condiviso in allegria.Dove anche un semplice piatto di pasta ha un sapore sublime. Perchè la sapiente combinazione di ingredienti e amore per cio' che si sta cucinando crea un sapore e un ricordo unici.Come la sapiente combinazione di note e interpretazione di Musicisti e del Direttore d'Orchestra creano una Musica che ti porti nel cuore.Per sempre.
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domenica 27 aprile 2014
Waffel con farine di mandorle e grano saraceno e marmellata di fichi d'India
Quando girovagando nei vari blog ho visto il contest di Stefania , che prevede il tema con le mandorle, subito ho detto siiiii, si puo' fare! Poi andando avanti a leggere ho visto che il regolamento prevedeva ricette senza glutine....nuuuuuuuuu!!!! Cosa ne so io di prodotti senza glutine? E' un mondo a me sconosciuto!
Ma prima di gettare la spugna, ho tirato un sospiro di sollievo, perché per me, "onnivora fin dalla nascita", se dovessi trovarmi di fronte ad un qualsiasi problema alimentare, sarebbe davvero una tragedia.
Poi mi sono leggermente documentata, leggermente per mancanza di tempo, e per acquisire subito le nozioni base di quello che è e non è permesso. Poi, lo faro' con un po' piu' di calma, perché è un argomento che comunque anche se non mi tocca da vicino, mi piacerebbe approfondire, e ammiro tutte quelle persone che quotidianamente sono alle prese con alimenti che non possono essere ingurgitati cosi' e basta, ma devono stare attente alla composizione e provenienza, e non è sempre facile reperire sul mercato prodotti privi di glutine, che mi sembra non costino poi nemmeno poco.
Modificando radicalmente lo stile alimentare di tutta la famiglia poi.
Cosi' ho deciso di partecipare, sperando di aver azzeccato tutto quanto!
Leggendo nella tabella degli alimenti consentiti, che la farina di grano saraceno era permessa, allora ho reinventato queste waffel, che nella ricetta originale che mi ha dato la mia amica, direttamente dal Belgio, e che trovate qui, prevede l'utilizzo della sola farina bianca, sostituendo la farina bianca con quella di mandorle e di grano saraceno e al posto dello zucchero raffinato ho utilizzato lo zucchero di canna. Un esperimento, dal momento che non sapevo come avessero reagito queste due farine mescolate insieme. Ad esempio, quando uso la farina di grano saraceno per fare i pizzoccheri, la mescolo anche a quella bianca...ma qua?
Invece devo dire che il risultato è stato veramente grandioso e curioso! Apprezzato anche dai due criticoni di casa, figlia e marito.
Il grano saraceno dà una consistenza e un gusto "rustico" al prodotto finale, e la farina di mandorle invece da quel tocco cosi..."mandorlato", che nell'insieme ne fanno un dolcetto veramente goloso!
E ora veniamo alla ricetta.....
Ingredienti
185 g farina di mandorle
150 g farina di grano saraceno fine
285 g zucchero di canna
225 g di burro
3 uova
1 bustina di vanillina
1/4 di tazza di latte
un pizzico di bicarbonato e di sale
Esecuzione
In una ciotola mescolate le farine con lo zucchero, il sale e il bicarbonato. Fate una piccola fontana e versate le uova. Raccogliete le farine poco per volta e impastate aggiungendo il burro fuso e alla fine il latte freddo.
Scaldate la gaufriera seguendo le indicazioni, ungete di burro con un pennellino gli spazi che andrete a riempire con un cucchiaio o con una sacca da pasticciere, chiudete e dopo 3/5 minuti il dolce è pronto! Estraetelo delicatamente con una spatolina di legno
Sono buone cosi' al naturale, o come nella mia precedente ricetta con la crema pasticcera, oppure con della crema al cioccolato o spolverizzate con dello zucchero a velo.
Ma in onore degli amici siciliani e della vulcanica Stefania, ho pensato di servirla con della marmellata di fichi d'India....
con questa ricetta partecipo al contest Per un pugno di mandorle
sabato 26 aprile 2014
Testina d'agnello arrosto con patate
Per quanto riguarda la cervella non ho avuto problemi, già la conosco sia come gusto che consistenza, ma la testa proprio no. Cosi mi sono armata di pazienza e una volta cotta ho tagliato quello che era attaccato all'osso, la guancia e tutto quello che mi sembrava edibile.
Accompagnato da patate passate in padella con salvia e rosmarino, devo dire che mi è piaciuto. Pero' a ripensarci, magari Alice un assaggio di guancia lo avrebbe dato!
Questa è stato per me il piatto piu' "azzardato". Niente di che, solo semplicemente cucinata arrosto, perchè già è "strano" mangiare certe cose, ma ho voluto lasciarle il piu' naturali possibili per gustarne tutto il loro originale sapore. Ho visto di quelle ricette con ingredienti che farebbero rabbrividire anche Hannibal, e che "coraggiose e intraprendenti" ragazze hanno cucinato sempre per la sfida dell' Mtc e che Cristiana dovrà giudicare! Comunque sia, penso che assaggerei volentieri ogni ricetta che ho visto proporre! Sono curiosa per natura e propensa a nuovi gusti...magari mi posso spingere anch'io un po' oltre, perchè no??!!
Ingredienti
1 testina d'agnello
patate e cipolla q.b.
salvia, rosmarino,sale
olio extravergine,burro q.b.
Esecuzione
Lavare bene la testina. In un tegame fate sciogliere un filo di olio extravergine e una noce di burro. Fate stufare la cipolla tagliata a fettine sottili e aggiungete la testina intera aperta a metà. Aggiungete la salvia e il rosmarino.Fate cuocere fino a quando la carne sarà ben rosolata e dorata.
Tagliate le patate a rondelle e passatele in padella con un filo di olio, con salvia e rosmarino. Quando saranno tenere spegnete e lasciatele al caldo.
Estraete con delicatezza la cervella, tagliate tutta la carne, salate e servite con le patate.
con questa ricetta partecipo a
venerdì 25 aprile 2014
Fegato alla veneta con marmellata di cipolle rosse
Giornata dedicata al fegato! In due versioni: qui "comoda", già porzionata, servita in maniera un po' insolita, qua invece, alla maniera classica, accompagnata oltre che dalle cipolle stufate, anche da una delicata e intensa marmellata di cipolle rosse di Tropea.
La prima versione mangiata dalla figlia, che ha voluto provarla con la cialda di pasta matta "che cosi' non me lo hai mai fatto" ma che secondo me era una scusa per risparmiare la fatica di tagliare la fetta!!
E mentre noi due ci deliziavamo con le nostre fettine, Rino si mangiava una triste insalata con dei formaggi misti....con Alice che diceva tu non sai cosa ti perdi!...ahahah
Veniamo alla ricetta, ormai fuori gara per l' Mtc e dal giudizio di Cristiana,, ma fa niente. Come ho detto cucino perchè mi piace. Anche se questo mese ho indirizzato prevalentemente le ricette sul tema del quinto quarto, cioè le frattaglie, primo perchè mi piacciono, secondo, per fare provare nuovi gusti prima di sentenziare definitivamente il giudizio "che schifo" senza averlo assaggiato.
Ma questa volta sono andata sul sicuro....ecco a voi la ricetta, che non servirebbe nemmeno descriverla perchè è davvero banale! La preparazione della marmellata richiede un po' piu' di tempo, e di solito uno la prepara anche per poterne conservare uno o piu' vasetti. Ma siccome sapevo che non sarebbe finita cosi', ne ho preparata in dose ridotta e consumata subito. Questa ricetta è stata anche pubblicata sul nostro primo libro L'ora del patè!
Ingredienti
1 fetta di fegato
1 cipolla
burro, farina q.b.
per la marmellata di cipolle:
1/5 kg di cipolle rosse di Tropea
1 foglia di alloro
15 ml di brandy
100 g di zucchero semolato
100 g di zucchero di canna
50 ml di vino bianco o rosato
Esecuzione
Sbucciate le cipolle, lavatele,asciugatele e tagliatele a fette sottili. Copritele con due tipi di zucchero, il vino, l'alloro,e mescolate bene. Lasciate marinare per 4 o 5 ore, mescolando ogni tanto. Togliete la foglia di alloro e versate le cipolle con il liquido in un tegame. Fate cuocere fino a quando si sarà addensato il composto.
Tagliate la cipolla sottile e stufatela in un tegame con un po' di burro e un goccio di acqua. Quando è pronta, tenetela da parte e fate sciogliere un po' di burro. Passate la fetta di fegato nella farina e cuocetela nel burro caldo fino a quando si sarà scurita la superficie.
Impiattate il fegato con sopra le cipolle stufate e a parte la marmellata di cipolle rosse
con questa ricetta partecipo a
Fegato alla veneta su cialda di pasta matta
Tra tutti i componenti del Quinto quarto, cioè di frattaglie di animali di terra e di mare, che non ha avuto "problemi" di degustazione, il fegato è sicuramente quello che ha riscosso piu' successo di tutti.
Anche perchè è quello che cucino piu' volte durante l'anno. E pensare che da piccola, Alice non voleva nemmeno "vederlo dipinto sul muro" come si dice! Poi, di punto in bianco, un giorno, mentre mangiavo deliziata il mio fegato con le cipolle, lo ha voluto assaggiare e....ora lo divora!
E grazie alla sfida dell' Mtc, alla proposta di Cristiana, e alla mia "intraprendenza" nel proporre questi piatti, è riuscita ad apprezzare anche il cuore, e un pochino di cervella.....
Anche perchè io dico sempre che una cosa, prima di dire che non la voglio o non mi piace, la devo assaggiare e non scartare a priori! E ho sempre applicato questa "regola" fin da piccola. Cosi era poi libera di dire per davvero se una cosa era buona o no. Per me che mangio veramente di tutto, mi sembra quasi strano e inconcepibile che le persone possano storcere il naso davanti a certi piatti.
Mi ricordo che anni fa, ero in un viaggio premio organizzato dalla casa madre di questa multinazionale, in Marocco, a Marrakech e tra le varie escursioni che facemmo, i bellissimi mercati del souk, dove c'erano spezie a non finire, coloratissimi piatti in ceramica,abiti, articoli di rame finemente lavorato, una sera ci portarono a cena sotto i tipici tendoni Berberi. Tutti tavoli da 8 persone, ad un certo punto servirono come antipasto una torta salata gigantesca che misero in centro al tavolo e ognuno si servi come voleva. Cominciammo a tagliare le porzioni, i primi cominciarono a mangiare e fecero di quelle face!! Chi la sezionava tutta per vedere cosa contenesse, chi beveva vino e acqua per mandare via il sapore....io li guardavo chiedendomi di che cosa sapesse....cominciai a sbocconcellare e...che buona!!!
Aveva un sapore molto speziato, conteneva carne, prugne, pinoli....Ad un certo punto nella mia porzione, vidi un piccolo pezzo di carne con un ossicino. All'attaccatura la pelle era squamosa. Chiamai il cameriere e in inglese gli chiesi cosa fosse, carne , pesce...va bè il francese non lo sapevo quindi...e lui comincio` a ridere e mi parlava in marocchino. Va bè fa niente mi dissi, ricominciai a mangiare e feci pure il bis, sotto lo sguardo allibito e disgustato dei miei compagni, che si auguravano che le altre portate non fossero tutte cosi'!Ancora oggi, a distanza di anni, sono ricordata come quella che su 800 persone ha mangiato quella cosa che non si sapeva cosa fosse....In realtà, non lo so ancora nemmeno oggi, ma guardando in rete ho letto che c'è un antipasto servito nelle cene importanti chiamato "bstalh" o pastilla, che contiene carne di piccione. Siccome non è facile trovarla, la si farcisce con carne, frattaglie e spezie. Fin qua niente di strano mi sono detta, le frattaglie mi piacciono quindi....ma un giorno, a distanza di tre anni da quel viaggio, seguendo la trasmissione Superquark, c'era una puntata sul Marocco e sulle tradizioni. "Sotto le tende berbere vengono servite delle torte salate chiamate "torte dell'amicizia" che contengono frattaglie, varie tipi di carne tra le quali anche quella di iguana"....il gelo scende... guardo mio marito con un debole sorriso e lui mi guarda disgustato e mi dice "che schifo, ti sei mangiata la carne di iguana"...e io "va bè son mica morta. Dammi un bacino"..."non ci penso nemmeno"!!! ahahahha
Avete capito adesso chi sono?? Una che mangia veramente di tutto.....provo, assaggio e decido...
E ora veniamo alla ricetta, semplice semplice. Servito sulla cialda che fa da contenitore e da accompagnamento, perchè il fegato è già tagliato e puo' essere consumato man mano insieme. Le due foglie possono essere usate come forchette. E non ci sono stoviglie da lavare!!
Questa è stata letteralmente divorata da Alice fino all'ultima briciola, contenta di non dover tagliare la fetta e poi mettere il piatto in lavastoviglie! Vita comoda................
Ingredienti
1 fetta di fegato di vitello
1 cipolla
farina e burro q.b.
per la pasta matta
100 g farina
50 ml acqua
1 cucchiaio di olio extravergine
sale q.b.
Preparate la pasta matta mescolando gli ingredienti. Formate un panetto che lascerete riposare 30 minuti coperto da una pellicola.
Trascorso il tempo, tirate la sfoglia fino a ottenere una forma rotonda. Con un piatto, ricavate la forma piu' precisa, tagliando lungo tutto il perimetro e con gli avanzi, con l'aiuto di uno stampo per ravioli, ricavate le "foglie" che userete come decorazione e come forchette.
Infornate per 15 minuti a 180°
Tagliate la cipolla a listarelle e fatela sfumare con un po' di burro e un goccio di acqua. Quando è cotta, tenetela da parte e aggiungete un po' di burro nella stessa padella.
Tagliate il fegato a listarelle, infarinatelo e cuocetelo nel burro sciolto, per pochi minuti.
Impiattate sulla cialda di pasta matta
Con questa ricetta partecipo a
giovedì 24 aprile 2014
Gusci di pasta matta con ripieno di cervella...alias "Capsule lunari modello X File.....
E questa è l'ultima ricetta per la sfida dell' Mtc, che ha visto protagonista un ingrediente per alcuni disgustoso, per altri buonissimo, il Quinto quarto, voluto da Cristiana del blog Beuf a la mode, vincitrice della scorsa sfida. In questa, non ci siamo risparmiate proprio niente! Tutte le frattaglie commestibili inimmaginabili, sono state acquistate, cucinate e gustate, o divorate, dipende dal grado di gradimento del pezzo....avrei voluto essere una mosca e vedere la faccia dei macellai di tutto lo stivale e no, alla richiesta dei migliori quinti quarti disponibili! E se potessero comunicare tra di loro, sicuramente si domanderebbero del perchè, il mese d'aprile, c'è stata un'impennata di richieste di pezzi, che prima non se li filava nessuno o quasi.....
Ho visto ricette straordinarie, ho letto post pieni di aneddoti, ricordi che ci han portato tutte lontano nel tempo. Evidentemente, chi piu' chi meno, nella sua infanzia, adolescenza e oltre, ha avuto a che fare con nonne, mamme e zie che cucinavano le frattaglie, come se fosse una cosa normale, senza farsi troppe domande, una pietanza che si mangiava, perchè no??
E anche io sono ritornata indietro nel tempo, raccontando in lunghissimi post, quello che era un piccolo ma grande spaccato della mia vita.
Se qualcuno leggendo ha alzato gli occhi mormorando "noooo, ma quanto scrive queeeesta??", o addirittura saltando pari pari e andando al sodo della ricetta, poco mi importa. Perchè la cucina è anche storia. Storia del territorio, storia di un periodo vissuto, storia di un ricordo. E non solo il fatto meccanico di preparare e impiattare. Quando una cucina, oltre a farlo per un piacere personale, lo fa anche come un gesto di affetto nei confronti dei commensali. E se ha dovuto "spignattare" magari fin dal giorno prima, alla fine guarda soddisfatta come mangiano con gusto cio' che ha portato in tavola.
E in tutte le sfide per l' Mtc, ho partecipato con tanta "partecipazione" emotiva, anche con ricordi personali. Sono cosi. Ogni ricetta che propongo non è fine a se stessa, ma ha un filo invisibile che mi lega al passato.
E mai come in questa sfida, un po' "sofferta" da parte mia, visto che non è che fossi in gran forma, ho notato una partecipazione cosi grande di ricordi esternati che ci hanno fatto conoscere un po' piu' a fondo. E condividere con un altro spirito questa avventura insieme.
Come ho già detto io adoro le frattaglie, quindi è un dilemma decidere quale ricetta far entrare nella rosa delle cinque!! Ma le regole sono regole. Sinceramente non ho mai partecipato con la frenesia di vincere, perchè per me l'importante è partecipare. Ovvio, se avessi vinto in precedenza o vincero' in futuro, mica mi dispiacerebbe. Ma questo atteggiamento sereno e "distaccato", non competitivo nel brutto senso del termine, mi fa "gareggiare" con uno spirito assolutamente tranquillo.
Per questo le mie ricette sono semplici, di famiglia, azzardate e inventate, a volte cosi' banali da passare quasi inosservate di fronte a ricette cosi' spettacolari. Ma il bello di questa avventura e dei blog in genere, è che ognuna di noi è diversa e cucina come è, con la sua esperienza, personalità, fantasia.
E siccome ho tre ricette che andranno fuori gara, ho dovuto fare la conta per decidere quale postare....forse le altre lo avrebbero meritato di piu', chi puo' dirlo!
Ma ho deciso questa, perchè è la piu' semplice ma simpatica. Perchè il giorno che ho cucinato la cervella ne ho preparate due versioni. E con la pasta matta avanzata dalla precedente ricetta, ho pensato di fare questi piccoli bocconcini. Un'idea per un aperitivo, o per dirla piu' ganza, un finger food, che puo' contenere qualsiasi cosa. Che mi sono venuti cosi bellini bellini, gonfi, dorati e croccanti che mi sono complimentata con me stessa!! Ahahah
E ne ho preparati pochi, dal momento che la cervella piace solo a me ma...ho fatto i conti senza l'oste, come si suol dire. Infatti quando ne ho fatto assaggiare uno ad Alice....uhm.....alla fine ce li siamo dovuti contendere!!! "Con le capsule è mangiabile, libera no"..... è stata lei a soprannominarle cosi!
Prima si schifa e poi mi ruba le frattaglie dal piatto!!
Ingredienti
Cervella
1 uovo
farina, burro q.b.
topping di aceto balsamico
100 g farina
50 g acqua
un cucchiaio di olio extravergine
sale q.b.
Esecuzione
Per la cervella e la preparazione della pasta matta procedere come descritto qui.
Stendete la sfoglia, adagiate un bocconcino di cervella fritta. Ripiegate la pasta sul ripieno e con uno stampo per ravioli rotondo create le forme, che spennellerete con un po' di latte 8 o se preferite di uovo leggermente sbattuto)
Infornate a 180° per 15/20 minuti o fino a quando saranno gonfi e dorati. Servite su un letto di lattuga e gocce di topping di aceto balsamico.........
con questa ricetta partecipo a
martedì 22 aprile 2014
Frattaglie di agnello in coccio
hanno preso il posto d'onore, passando da "scarti" o parti poco nobili o dimenticate, a piatti sontuosi, ricchi di fantasia e di storia.
Ho visto fotografie stupende e piatti fantastici, roba che se le nostre nonne e vecchie zie potessero vedere come sono stati interpretati questi piatti poveri, rimarrebbero a bocca aperta!
Loro, che li cucinavano perchè solo quello c'era, o perchè della bestia non si buttava via niente. Che preparavano e servivano in una maniera semplice, senza tante cerimonie, che sembrava una maniera spiccia e ruspante ma che invece celava tradizione e amore.
E visto che ho presentato i parenti dai nomi "improbabili" da parte della mamma, per equità cito quelli da parte del papà che per fortuna sono piu' "normali". Ed essendo figlio unico sono proprio pochi, solo zii veri e cugini, che io chiamavo zii....La zia Bianca con lo zio Giuseppe (Peppino), fratello della nonna Teresa (Teresina), che non avevano figli, e abitavano a San Remo in una bellissima casa vista mare!e qualche volta li andavamo a trovare. E solo ultimamente ho scoperto che la zia Bianca era ebrea!! E poi c'erano la zia Giuseppina (Pina) e la zia Carlotta (sorelle del nonno Angelo (Lino) e lo "zio" Luigi che abitavano tutti e tre nello stesso appartamento, in via Oglio, di fianco a quello del cantante famoso per l'epoca ovviamente, o per pochi estimatori, Luciano Tajoli! Lo zio faceva il sarto e lavorava su di un tavolo quadrato enorme che occupava tutta la stanza, e dove erano piegate stoffe e gesso bianco, spilli e forbici, metro da sarta e modelli di carta, giacche e pantaloni con le impunture dell'imbastitura e io lo guardavo cucire con una delicatezza che mi lasciava a bocca aperta. La zia Pina invece, ai tempi del fascio, faceva la signorina nelle colonie, nel senso che badava ai bambini, ed era bellissima. Lei e la sorella Carlotta avevano la "faccia antica", nelle foto in bianco e nero, sembravano delle dive dei film muti! La zia Pina mi faceva morire dal ridere perché penso sia ancora l'unica persona al mondo, che mangiava la torta con una michetta di pane!! Avete presente la torta sabiosa che già di suo, come dice il nome, si impasta in bocca, accompagnata da un panino??!! E portava sempre gli occhiali da sole e si muoveva sempre con i mezzi pubblici, quando esisteva ancora il bigliettaio che ti faceva il biglietto appena salivi.
E poi c'era la mia zia preferita, quella con la quale sono "cresciuta", la sorella della nonna Teresina. Era poliomelitica, e ha sempre vissuto su una sedia. E siccome abitavamo nella stessa palazzina, quando tornavo da scuola, salivo al quarto piano senza ascensore, e le facevo compagnia e lei mi raccontava tante storie e filastrocche che le facevo ripetere fino alla nausea! "L'arcivescovo di Costantinopoli si vorrebbe disarcivescovizzare...ecc..ecc..." o interminabili "E' arrivato un bastimento carico di...cose che iniziano per la lettera...." E da lei ho imparato a "mundà el ris" (mondare il riso, togliere i chicchi brutti) che non è che mi piacesse molto, e tagliava il cicorino verde in una maniera cosi sottile che sembrava tagliato con un attrezzo apposta! E a proposito di riso, anche la zia Bianca, una volta che mi avevano lasciato da lei in vacanza, me lo faceva mondare, e siccome non mi piaceva, lo facevo abbastanza alla buona, tanto era miopissima, aveva degli occhiali che sembravano fondi di bottiglia, e non si sarebbe mai accorta, mi dicevo! Invece si accorse subito e mi diede una girata!!! Avevo solo cinque anni ma me lo ricordo ancora adesso. E ancora oggi mi chiedo come avesse fatto ad accorgersi!!! Quanti ricordi mannaggia!!
Ma veniamo ai giorni nostri va!
Ho preparato questo piatto quando in casa non c'era nessuno, per evitare sguardi disgustati. E con molta calma, visto che mi hanno detto che devo stare un po' a riposo. E visto che non ho voglia di passare ancora 10 ore al pronto soccorso, cerco di obbedire. Pero' non riesco a stare con le mani in mano, cosi' eccomi qua con un'altra proposta, realizzata con la calma e i movimenti di un bradipo! In porzione ridotta perché tanto lo avrei mangiato solo io. Invece, quando l'ho portato in tavola, e mia figlia ha scoperchiato il coperchio di pasta pane che richiudeva il contenuto, ha detto " Ma si puo' sapere almeno che cosa sto mangiando?" Ahah....allora, il polmone proprio non gli è piaciuto ma il fegato, cuore e i reni li ha apprezzati e continuava a sventolarli sulla forchetta sotto il naso di suo papà che schifato diceva ma allloraaaa bastaaa!!! e lei, "Ma come fai a dire che non ti piace una cosa se non l'hai assaggiata?? Senti che buoni che sono!!"
Finito questo battibecco culinario, io e lei ci siamo fiondate sul nostro coccio che conteneva un prezioso insieme di frattaglie. Ad essere sincera, la cupola di pasta di pane doveva essere diversa!
Mi ero lasciata incantare una sera in un ristorante da un piatto di spaghetti al coccio, chiusi da una cupola di pasta gonfia e croccante. Evidentemente tra il dire e il fare.....il mio pane si è cotto ma non si è gonfiato. Io penso sia colpa anche del forno, perché quello delle pizzerie, a legna, con una temperatura altissima, fa gonfiare subito la pasta. Comunque sia, gonfio o no, è stato l'accompagnamento degno di un piatto gustoso. Che mia mamma serviva con una bella polenta fumante!
Ingredienti
Frattaglie miste di agnello (cuore, fegato, polmoni, animella, rognone, lingua)
cipolla, carota, zucchina q.b.
salsa di pomodoro
sale, olio extravergine, burro q.b.
alloro, salvia, rosmarino
Esecuzione
Lavate bene le frattaglie, sbollentate le animelle e tagliate tutto a tocchetti. In un largo tegame fate soffriggere la cipolla, carote e zucchine tagliate a cubetti. Aggiungete le frattaglie che farete dorare velocemente. Aggiungete la salsa di pomodoro e continuate la cottura per 20 minuti circa a pentola coperta.
Una volta cotte, versatele in una ciotola di coccio, copritela con una sfoglia di pasta pane e infornate fino a quando sarà lievitato e dorato in superficie. Io non mi sono fidata a cuocere tutto direttamente nel coccio, ma chi lo fa abitualmente, lo puo' fare.
con questa ricetta partecipo a
domenica 20 aprile 2014
Frolline di pasta matta con bocconcini di cervella su confettura di limoni
Cervella day...e finalmente ce l'ho fatta a preparare le frolline!! Non ci ero riuscita a farle con le cialde di grana, qui, ma questa volta...quando mi metto in mente di fare una cosa la faccio.
Altra versione di questo fantastico piatto del mio ricordo....in piccole monoporzioni da gustare in un sol boccone. Il croccante della pasta, il morbido della cervella, accompagnata da un velo di marmellata di limoni. Un piatto che alcuni trovano disgustoso e che invece io apprezzo alla grande.
Sempre per il motivo spiegato qui, e che non mi chiamo nè Lavinia o Lucrezia, e se fossi stato maschio di sicuro mi sarei chiamato Piermaria, Ludovico, Piersilvio, Giangaleazzo....e come ho già raccontato qui, la cervella ha accompagnato i pranzi della mia infanzia/giovinezza, e quella dei miei fratelli che fortunatamente non apprezzavano, morale, me la mangiavo tutta io!
E la mia mente torna indietro nel tempo.....e a proposito di nomi, comunque, mi è andata proprio bene! Eh si, perché se vi elenco i nomi del parentado di origine mantovana e dintorni....c'è da mettersi le mani nei capelli! Partendo dalla mamma che si chiama Romilda, la nonna Cornelia e il nonno Armando e fin qui....poi c'erano lo zio Alceo e la zia Neva, la zia Cleonice e lo zio Remo, la bisnonna Amelia, la zia Ardiglia e lo zio Mario....non erano proprio i miei zii diretti, ma io li chiamavo cosi lo stesso. Poi ci sono una serie di nomi "normali" dei miei zii, altri parenti acquisiti e dell'albero genealogico discendente che grazie al cielo ha nomi meno "importanti" e la cosa buffa è che le tre prime cugine, mia mamma, Cleonice e Neva, sono rimaste incinte nello stesso periodo e tutte e tre bimbe siamo state chiamate Antonella! Potremmo sembrare "gemelle" se io non avessi deciso di nascere settimina!! E gli altri due figli della zia Cleonice hanno la stessa età dei miei fratelli!! E ci siamo sempre considerati cugini, anche se non eravamo tali. Che storia né!!!!
E io adoravo la Zia Cleonice, per tutti Nice, perché potevo giocare con la mia omonima "cugina" e anche perché aveva un bellissimo negozio di alimentari in via Pomponazzi che aveva l'insegna con scritto Posteria. Quando entravi in quel negozio, sentivi un odore particolare, tipico di quei negozi. Solo chi li ha frequentati sa cosa voglio dire, sa com'è quell'odore. E quando arrivava la Pasqua era una festa grandiosa, perché il giorno di Pasquetta andavamo tutti insieme a fare il picnic e a fare la narcisata, che pero' essendo proibiti da raccogliere, tornavamo a casa con borsate piene di insalata matta! E la zia Nice portava tutte le cose che preparava in negozio, dagli affettati ai nervitt, (i nervetti) che io adoravo! L'insalata russa, le uova sode, i "pesitt" (i pesciolini) fritti, la giardiniera...
il tutto appoggiato sui traballanti tavolini pieghevoli, che racchiudevano le quattro sedie pieghevoli di stoffa impermeabile, che se ti muovevi un po' di piu', rovesciavi tutto e cadevi pure! Ma che meraviglia di giornata che passavamo!
Poi le cose cambiano, ci si crea una nuova famiglia e tutti gli impegni annessi, ci si perde un po' di vista, alcune tradizioni si perdono, e i picnic rimangono un ricordo indelebile nella memoria con tanta nostalgia!
Cià, veniamo ala ricetta.....
Ingredienti
per la pasta matta:
100 gr farina
sale un pizzico
50 ml di acqua
un cucchiaio di olio extravergine
cervella
un uovo
farina, burro q.b.
confettura di limoni
Esecuzione
Pulite e preparate la cervella come spiegato qui.
Preparate la pasta matta mescolando tutti gli ingredienti e lasciandola riposare 30 minuti coperta in una ciotola. Tirate la sfoglia e con l'aiuto di un coppapasta ricavate delle basi che metterete in pirottini di silicone. Fate cuocere per 15/20 minuti.
Togliete le frolline dagli stampini, riempitele con un leggero velo di confettura d limone e adagiate un bocconcino di cervella fritta.......
con questa ricetta partecipo a
venerdì 18 aprile 2014
Spiedini di cervella fritta con pomodorini glassati e cipolle borretane e mele caramellate al brandy e zenzero
Cosa? Perchè?...Boh a Rho... "Non mi piace, hai piu' di 100 battiti, fatti venire a prendere da Rino, anzi,gli voglio parlare. Adesso ti faccio il foglio di accompagnamento e li avverto che ti mando là"....Ussignuuuur!!!
Cosi mi faccio venire a prendere, alle 18 varco la soglia del pronto soccorso, bollino giallo, paziente 345, flebo, elettrocardiogramma e via....Rino lo spedisco a casa tanto è lunga! Flebo di antidolorifico perchè nel frattempo mi è venuto un mal di testa da piangere, una di gastroprotettore, pressione, radiografia, uh ma non finivo piu'! Alle 2.30 del mattino secondo esame a distanza di 8 ore, altra attesa, io continuo a stare male, ma gli esami sono a posto e non si sa cosa ho....alle 4.15 lascio il pronto soccorso, con le mie belle aritmie, senso di peso sul cuore e cappio al collo. Elenco di esami, che ovviamente essendo prenotati con il "servizio sanitario nazionale" in parole povere "con la mutua", i tempi sono biblici...."Signora, ma lei è per caso ansiosa e stressata?"...Mi viene da ridere. Ormai, quando non sanno da cosa dipende qualche cosa, dicono che sei stressata e morta li. Vero è che sono sotto pressione da molto tempo, ma questi sintomi li avevo anche prima di trovarmi cosi incasinata! Boh...
Penso, ohhh, ma se mi ricoverano ciao sfida!!! Il mio quinto quarto fa i capricci !!! E invece eccomi qua, a casa, in malattia forzata perchè io mica volevo stare a casa. Mi sento molle come un fico, anzi, come una cervella, è vero, non mi sento molto in forma, ma siccome non sono mai stata una lamentosa, pian pianino faccio le mie cose. E poi ormai avevo ordinato la cervella, mica potevo lasciarla al macellaio!
Cosi, mentre Rino e Alice sono fuori casa, mi cucino la mia cervella, cosi non vedono niente e non si lamentano!
E mentre la pulisco, me la guardo e penso a che miracolo della natura è questa massa molle, con queste sue anse e tagli profondi che sembrano canyon e non mi fa nessuno schifo.E penso a quando la mamma la cucinava per me e i miei fratelli, io la adoravo e i miei fratelli proprio non ne volevano sapere di mangiarla. Ovviamente non la cucinava fritta, ma bollita condita con un filo di olio e qualche goccia di limone. E io che imboccavo mio fratellino, al primo segno di disgusto e voltafaccia, urlavo alla mamma in cucina "Mammaaaa, non ne vuole piuuuu'" " Mangiala tu allora" e senza farmelo ripetere due volte me la divoravo prima che diventasse fredda! Anzi, ad essere sincera, non insistevo nemmeno e quasi quasi non gli offrivo il primo boccone!! Ahahah
E quando sono ritornati a casa, avevo già finito di friggere e subito, appena hanno messo il naso dentro la porta hanno esordito con un bel "Ma che puuuuzzaaaa! Ma cosa hai fatto!?" Alice si avvicina al piatto dove c'erano i bocconcini fritti e dice "Uh ha fatto le frittelle di mela, ne posso assaggiare una?" La mia perfidia avrebbe voluto dire di si, ma poi, pensando che quel prezioso bocconcino sarebbe stato sputato e sprecato in un nanosecondo, ho detto che erano bocconcini di cervella. "Per fortuna non l'ho messo in bocca, ma che schifoooo!".
Meglio, stasera solo per me questa delizia, anzi mi hanno chiesto addirittura se potevo mangiare prima, cosi non vedevano quello che ingurgitavo...non ho parole....e ora veniamo alla ricetta...
Ingredienti
1 cervella
1 uovo,farina q.b.
pomodorini ciliegia, cipolline borretane q.b.
1 mela
un bicchierino di brandy
zucchero,zenzero e burro q.b.
Esecuzione
Tagliate la mela a cubetti e fatela cuocere in un padellino antiaderente con una noce di burro. Sfumate con il brandy, aggiungete un po' di zucchero e di zenzero grattugiato. Spegnete e lasciate al caldo.
In un tegame antiaderente, fate sciogliere una noce di burro, aggiungete i pomodorini e dopo qualche minuto un po' di zucchero. Fateli glassare e spegneteli tenendoli in caldo.
Pulite la cervella dalla pellicina, sotto il getto al minimo dell'acqua corrente, Asciugatela, tagliatela a pezzetti
passateli nella farina, nell'uovo sbattuto e nuovamente nella farina.
Fatela friggere in abbondante burro, scolatela, salatela leggermente.
Assemblate gli spiedini, alternando i pomodorini, un bocconcino di cervella, una cipolla e gustatela cosi' o accompagnata con le mele caramellate
con questa ricetta partecipo alla sfida di
domenica 13 aprile 2014
Cuoricini di pollo con crema di fegatini allo Chardonnay su cialde di grana e insalatina di spinaci freschi all'aceto balsamico
Mese nuovo, sfida nuova! E questa volta è davvero un tema pazzesco! Una sfida che ci metterà alla prova mica da ridere....ci saranno delle defezioni "obbligate" in quanto per motivi personali,culturali, etici, alcune di noi non si avvicineranno nemmeno per scherzo a quelli che sono gli ingredienti che dovremo trattare. Ci sarà chi non ha mai avuto l'occasione o la curiosità di cimentarsi in queste preparazioni. Ci sarà chi è schifato solo all'idea di guardare e manipolare questi ingredienti. E ci sarà poi qualcuno che appena ha letto il tema della sfida ha piroettato per la stanza gioendo e urlando di gioia, io sono tra queste, anche se per ovvi motivi ho limitato le mie performance di ballerina! Quale? .....il "quinto quarto". Io, e magari anche qualcun altro, l'ho sempre conosciuto sotto il nome di "frattaglie" o "interiora" per classificare tutto quello che è all'interno di un animale. Quinto quarto è un modo piu' "elegante" se vogliamo, per definire tutto quello che non tutti mangiano ma anzi schifano...tutto quello che una volta faceva parte della tradizione, perché non si buttava via niente. E chi ha avuto la brillante idea di proporre un ingrediente cosi' particolare e azzardato? La Cristiana del blog Beuf a la mode. La vincitrice della sfida precedente. E siccome anche il quinto quarto è cibo, prima o poi potevamo immaginare che una audace creatura lo proponesse!
E questo mese, marito e figlia, mi staranno alla larga perché proprio non ci pensano nemmeno a mangiare "queste schifezze". La figlia è dalla mia parte solo per quanto riguarda il fegato e i cuoricini, che ha assaggiato per la prima volta proprio in questa occasione. Il resto delle frattaglie non l'ha mai assaggiato e io conto di proporre qualcosa di curioso e appetibile per farle perlomeno assaporarne il gusto e la consistenza senza scartarle a priori.
Il giorno che mi sono recata dal macellaio, mio marito era rigorosamente dall'altro lato del negozio, reparto salumeria, a comperarsi formaggi vari...e io, mentre aspettavo il mio turno, mi elencavo mentalmente una serie di combinazioni e ingredienti che avrei potuto cucinare. Siamo usciti con i nostri pacchettini rigorosamente divisi, ognuno il suo, e una volta a casa, ho dovuto nascondere per bene la mia spesa nel frigorifero, lontano dai loro occhi!
Sicuramente qualcuno storcerà il naso. Già lo fa al solo pensiero che si mangi la carne, figuriamoci poi su tutto quello che c'è all'interno! Ad essere sincera non sono propriamente carnivora, infatti la carne la consumiamo piu' o meno una volta alla settimana. Sono convinta che se si alternano alimenti, senza rinunce e privazioni, la nostra alimentazione risulta essere ben equilibrata.
Pero' non mi addentro nel ginepraio di piramidi alimentari e di scelte personali, dettate da motivi etici o anche no, che portano una persona a rinunciare a determinati alimenti, e a proiettare le scelte alimentari verso cibi alternativi.
Penso che buona parte la fa il nostro personale vissuto...e vi invito a leggere quanto segue con una buona dose di ironia e humor, perchè è cosi' che voglio trasmettere il mio pensiero, che rispecchia la verità ma che non vuole essere una critica verso nessuno!!
Io sono nata "spartana", senza tanti pizzi e argenti. Educata ma senza tirarmela troppo. Senza puzza sotto il naso. Con questo non voglio dire che chi non mangia il quinto quarto è snob o non capisce niente. Ma dipende da come "è stata tirata su"....
Forse se fossi discesa da una stirpe piu' "sciccc", sarei sicuramente diversa. Avrei abitato in una casa grandissima, i miei genitori sarebbero stati iscritti a qualche club e palestra. Sarei fighissima perché tutte le bimbe di un certo target lo sono, biondissima e con la erre alla francese. Avrei frequentato sin dall'asilo nido una scuola americana, avrei avuto una tata filippina al mio fianco, e fin da piccolissima avrei frequentato scuole di danza classica o di musica. Mi sarei esibita in vari saggi di fine anno e avrei giocato con bimbi del mio stesso calibro. Sarei andata in vacanza in posti da sogno e conosciuto vipsss, avrei partecipato al ballo delle debuttanti a 18 anni, avrei avuto la mia prima macchina, magari il mio monolocale, o spedita negli States a studiare. Avrei sbocconcellato svogliata i piatti preparati da una cuoca o chi per lei, seduta ad una tavola riccamente e finemente apparecchiata, e tanto altro ancora. Ah, mi sarei sicuramente chiamata Rebecca, Lavinia, Ludovica, Luna, Lucrezia, Ginevra, Guenda, Costanza, Carlotta, Olimpia.....
Ma la realtà non è cosi'. La mia casa è sempre stata modestissima, sempre in affitto, con un'unica cameretta da condividere con due fratelli. La palestra dei miei genitori era l'ufficio dove facevano le pulizie dopo una lunga giornata del loro vero lavoro. Non sono fighissima né tantomeno bionda, adesso poi, vista l'età, pero' sono alta q.b. e ne vado fiera della mia altezza (perché altezza mezza bellezza...ahahah) e ho una erre normalissima. Ho frequentato l'asilo delle suore in una frazione di un paesino fuori Milano e ho fatto io da tata ai miei fratellini. Avrei voluto fare pattinaggio artistico o danza ma costava troppo, quindi da piccolissima non ho debuttato in nessun saggio e i miei compagni di gioco erano come me. Le mie vacanze erano al mare nella colonia dell'Alfa Romeo e poi a Teglio, e mi ritengo fortunata! Non ho debuttato a nessun ballo, non ho avuto mai un monolocale mio e la "mia" prima macchina l'ho avuta alla veneranda età di 45 anni!! E non sono andata a studiare negli States. Mangiavo tutto quello che mi preparava la mamma, senza avanzare nulla perchè non si doveva. Il servizio buono veniva spolverato ed esibito solo in occasione dei pranzi delle feste. E non ho un nome "importante".
(Con grandi sacrifici e non da piccolissima, ho frequentato il Conservatorio di Musica e mi sono diplomata. Quindi mi sono anche io esibita nei saggi di fine anno. E nonostante discendessi da una famiglia normale, grazie al mio lavoro e a quello di mio marito, musicista pure lui, ho conosciuto la mia bella parte di personaggi importanti e di grande calibro.)
Pero' ho una cosa che porto fiera nel mio cuore e nei miei ricordi. Le corse nei campi di pannocchie con i miei compagni di scuola, le capanne costruite tra i rami, i giochi di strada. Le gite domenicali dai miei parenti a Mantova, dove mi perdevo tra galline, maiali, mucche, campi di grano e pannocchie e stratosferiche mangiate di cose buone. Anche "quelle cose", perché in campagna, una volta che si ammazzava la bestia, non si buttava via niente. E per noi che arrivavamo dalla città era sempre una festa.
I pranzi domenicali a casa con i nonni e zii a mangiare veramente di tutto. Le gite primaverili nel pavese a mangiare le rane fritte. Fin da piccola ho imparato a fare i conti con la semplicità delle cose, tutte le cose, a partire dal cibo, che era sacro, una festa e nulla andava sprecato. Con tutta la mia stirpe, che ha vissuto sulla propria pelle la guerra, con le sue privazioni e disagi, non poteva essere altrimenti.
Per questo non schifo niente di niente, forse perché fin da piccola mi hanno passato questi messaggi che ho respirato e automaticamente e inevitabilmente fatti miei. quindi era "normale" per me trovare a tavola i rognoni, il cuore, il fegato e tutto il resto. Cose che potevano far sembrare "povero", e "vergognare" e non costava una grande cifra. Ma che adesso, se vai in una macelleria, dici scherzando, ma non troppo, che vai da Cartier a fare la spesa. Perché chissà come mai, i cibi che una volta erano consumati dalla gente normale e considerati quasi di scarto, ora li fanno passare come piatti della tradizione perduta e te li fan pagare caro!
Cosi' eccomi qua alle prese con i ricordi della mia di tradizione. Ho scoperto che ci sono libri che parlano di frattaglie, come cucinarle al meglio, piatti antichi ecc.... io vado a braccio anzi a memoria. Magari non sono cucinate come riportano o consigliano questi cuochi e studiosi che hanno rivisitato e riproposto il quinto quarto. Ma sicuramente sono autentici e assolutamente miei! Certamente serviti in modo un po' piu' originale rispetto a quando li presentavano quando ero piccola.
Non si badava tanto all'apparenza, ma molto alla sostanza che c'era nel piatto!
Interrompiamo questa carrellata di ricordi altrimenti non finisco piu' e passiamo alla mia ricetta... che sono riuscita a condividere con mia figlia, mentre mio marito aspettava sulla soglia della cucina che finissimo di mangiare! Inizialmente la presentazione non doveva essere cosi. Me l'ero immaginata e disegnata, le cialde di grana dovevano essere come piccoli pirottini che avrebbero contenuto un cuoricino a testa. Ma provate voi a dare la forma di un pirottino alla cialda ustionante che subito si raffredda e si spacca...Volevano essere come dei pasticcini, dei monoporzione da buffet, ma anche se la mia manualità è abbastanza buona, questa volta non sono riuscita a fare quello che volevo. Cosi ecco che i pirottini si sono trasformati in piccole cialde et voilà....
Ingredienti
20 cuoricini di pollo (con qualche fegatino)
prezzemolo, olio extravergine, grana grattugiato, maizena o farina, sale, prezzemolo q.b.
1 bicchiere di vino bianco Chardonnay
spinaci freschi
1/2 cipolla
carota q.b.
salvia
aceto balsamico
Esecuzione
Con il grana grattugiato creare delle piccole cialde alla quale darete la forma di una piccola ciotolina.
In un tegame fate rosolare con un goccio di olio extravegine la cipolla tritata finemente e aggiungete i cuoricini. Aggiungete qualche foglia di salvia e fateli cuocere per una decina di minuti. In ultimo aggiungete un po' di prezzemolo tritato.
In un tegame fate soffriggere un po' di cipolla e di carota a tocchetti. Cuocete velocemente i fegatini, sfumate con il bicchiere di vino bianco. Frullate il tutto e addensate la salsa per qualche minuto sul fuoco, aggiungendo della maizena se fosse troppo liquida.
Tenete in caldo sia la crema sia i cuoricini.
Lavate gli spinaci, scolateli delicatamente e tritateli finemente lasciandoli crudi. Conditeli in una ciotola con olio e aceto balsamico.
Impiattate adagiando sul letto di spinaci freschi, le cialde di grana sulle quali avrete versato un po' di crema di fegatini e i cuoricini.
Ottimo come antipasto caldo/tiepido......il morbido della crema di fegatini e dei cuoricini si contrappone al gusto deciso e croccante della cialda.....
con questa ricetta partecipo al contest
domenica 6 aprile 2014
La torta pasqualina per "Quanti modi di fare e rifare"
Eccoci qua alle prese con un classico della cucina ligure: la Torta pasqualina, che come dice il nome, è un piatto tipico del periodo pasquale, anche se mi è capitato di prepararlo anche in altre occasioni, come pic nic o piatto unico per pranzi informali tra amici!
Uno dei tanti piatti fantastici della cucina ligure...chi nono ha assaggiato almeno una volta la focaccia al formaggio o alle cipolle, la farinata,la panissa,la cima,il pesto,le trofie, le olive taggiasche e il fantastico olio...e l'elenco è lungo ancora!
Della Liguria ho dei ricordi vaghi di vacanze estive passate da piccola a San Remo, poi da ragazza col moroso ad Arma di Taggia e Rapallo, l'esame di quartetto al Conservatorio di Genova, i corsi estivi di mia figlia a Savona, e in tempi piu' recenti lo scorso dicembre quando sono stata alla prima presentazione del libro L'ora del patè, e tutte queste incursioni sono state seguite da una sosta nei locali tipici alla scoperta o alla degustazione dei piatti della tradizione.
Ma veniamo alla ricetta proposta da Arbanella di basilico per l'appuntamento di Quanti modi di fare e rifare , che è leggermente differente da come l'ho preparato qua. Ma essendo lei ligure,me ne sono ben guardata dal cambiare la ricetta!
Una volta usavo la classica pasta sfoglia, quella già pronta, ma da quando ho imparato a fare la "pasta matta", cosi' veloce e facile, dalla resa fantastica, la preparo sempre cosi'! E' fantastico vedere come la sfoglia diventa sottile man mano che si passa il mattarello e poi la si allarga con le mani, fino ad ottenere un velo!
Di solito la preparo nella classica teglia rotonda, ma questa volta ho voluto preparare tre singole porzioni in piccole teglie a cerniera, cosi' ognuno ha la sua parte senza litigarsi nulla. ognuna con il suo uovo ben nascosto all'interno!
La ricetta originale richiede la prescinseua, ma non l'ho trovata, cosi' ho utilizzato come al solito la ricotta.
Ma il risultato è comunque ottimo!
Ingredienti
600 g farina OO
6 cucchiai di olio
300 ml acqua
12 g sale
1 kg bietole o erbette
500 g ricotta
noce moscata,maggiorana,grana grattugiato
4 uova + 3 (una per ogni porzione)
cipolla
Esecuzione
Portate a bollore una capiente pentola di acqua.
Preparate la pasta matta, impastando la farina,l' olio, l' acqua e il sale. Quando avrete ottenuto un impasto morbido, fate una palla e mettetela a riposare sotto la pentola che avrete svuotato dall'acqua bollente che sarà caldissima e che girata sulla pasta la renderà morbida e permetterà di tirarla sottile sottile.
Preparate il ripieno.
Tritate 1 cipolla bianca e tagliate a julienne 1 kg di bietole o di erbette, mettete a rosolare la cipolla in padella e quindi unite le bietole per farle appassire. Se dovessero risultare ancora bagnate, strizzatele un po' fra le mani. Battete in una ciotola 4 uova con abbondante maggiorana tritata, 4-5 cucchiai di grana grattato, sale, pepe, noce moscata; da ultimo unite le verdure.
Adesso bisogna stendere la pasta. Tagliatela in tanti parti, poi stendete con il matterello, quindi per renderla più sottile possibile, sollevatela con le mani da una parte e fatela cadere verso il basso trascinata dal suo peso: se la pasta è elastica come deve essere, non si romperà. Se succedesse farete dei piccoli rattoppi. Ungete una teglia (28 cm di diametro) o come nel mio caso, tre piccole teglie e disponete la prima sfoglia. Tiratene un'altra, ungete la prima e coprite con la seconda. Abbiate cura di far sbordare la pasta dalla teglia. Poi mettete il ripieno, livellate bene e coprite con la ricotta. Se vi piace fate una fossetta al centro e apritevi un uovo intero, che si rassoderà cuocendo al forno. Poi preparate le sfoglie di chiusura, io per ogni porzione ne ho fatte 8, le vecchie massaie genovesi ne facevano fino a 12 sottilissime, e ungete sempre fra una sfoglia e l'altra.
Sigillate i bordi di tutte le sfoglie facendo un cordoncino quindi inserite una cannuccia da bibita al di sotto della sfoglia più esterna, soffiate per gonfiare la pasta, quindi chiudete velocemente il buchino, infornate a 190°C per 35-40 minuti.
Questo è l'interno della torta,che volevo servire con l'insalata,almeno come decorazione, ma essendo stata presa d'assalto,ho fatto appena in tempo a fotografarla!
Con questa ricetta partecipo all'appuntamento mensile di Quanti modi di fare e rifare
sabato 5 aprile 2014
Gaufre, Waffle, ὀβελίας ,Gofri...insomma, tutto quanto fa merenda!
Prenoto subito anche io il mio biglietto e hotel, anche se con un po' di titubanza, una specie di presentimento, e chi mi conosce bene, sa che quando "sento" qualche cosa strana, sa che poi ho ragione...per questo mi chiamano strega e chissà perchè non fata!! e aspetto con ansia il mio viaggio, la mia piccola fuga per ricaricare un po' le pile. Con ansia perché nel frattempo ci sono dei contrattempi famigliari, che due giorni prima della mia partenza, guarda caso come se me li sentissi davvero,hanno minacciato di far saltare la mia vacanza. Ma rassicurata da mio fratello, che mi dice che se anche sto a casa, le cose non cambierebbero, prendo la decisione di andare via incrociando le dita!
Ricordo vagamente qualche scorcio già visto, le chiese, come un déjà-vu, i locali ovviamente no, sono cambiati...insomma è una riscoperta. Appena arrivati, avendo la giornata libera andiamo già in giro, e sulla via verso il centro di Dortmund vedo un negozio che espone la macchina per fare le gaufres!!! Senza pensarci due volte, entriamo e già sono li con due scatole in mano, una per me e una per la mia amica del cuore, che anche lei adora questi dolci. Ma adesso andiamo in giro con questa roba? Prendiamole al ritorno. Ma poi ci stanno nella valigia? chiede mio marito...Si, figurati, se poi non le trovo piu'? e nella valigia ci staranno, non ti preoccupare!
Cosi, giriamo con gli acquisti appresso, felice come una pasqua, per me che ho trovato finalmente quello che cercavo da tanto tempo, e per la mia amica, perché le avrei fatto sicuramente una bella sorpresa!
La settimana tedesca scorre abbastanza serenamente, con visite alle chiese, luoghi di interesse, anche fuori dal solito circuito turistico, scovando angoli e scorci che passano di solito inosservati, le piccole vie della città vecchia di Düsselforf, con la Königsallee, la Rheinturm, la piccola cittadina di Essen, e Colonia, con le sue birrerie, l'aria fredda e l'odore del fiume che la costeggia, e la cosa buffa è che mentre mio marito provava, io gironzolavo per le viuzze, e incrociavo persone in costume di carnevale, ma da noi in Italia non era ancora carnevale e allora mi domandavo come mai. Erano tutte persone adulte, allora ho chiesto ad una commessa del negozio, che mi ha spiegato che da novembre a febbraio,ogni domenica, le persone si vestono in costume e si divertono cosi, tra risate e un boccale di birra. E c'era pure una banda! E poi pranzando o cenando in locali tipici, riposandomi, pensando a quello che ho lasciato a casa, cercando di non pensarci, andando a sentire i concerti, di questa fantastica orchestra, la Mahler Chamber Orchestra, non fantastica perchè ci suona mio marito, ma perchè è composta da ragazzi davvero straordinari!
Poi, arriva il giorno della partenza e.....la valigia non si chiude. Per forza, con due scatole del genere! Allora comincio col buttare gli spazzolini da denti, che tanto li avrei buttati una volta arrivati a casa...capirai, che spazio possono occupare due spazzolini da denti! Ahaha.....
Allora, a scanso di equivoci, col terrore negli occhi alla vista della valigia esplosa sparpagliando sul nastro parte del contenuto, macchine delle gaufre comprese, sempre che non svanissero misteriosamente, decidiamo di incellofanare tutta la valigia prima di imbarcarla...non si sa mai!
La valigia arriva intatta e....una volta caricata in macchina mio marito dice...ma le chiavi di casa le hai tu?
Ma nooooo....le ho lasciate dentro la tasca interna della valigia! E va bè quando arriviamo apriamo il box e col taglierino togliamo il cellophane....si e il box con che chiavi lo apriamo?? Cosi' a mani nude, cominciamo a togliere l'involucro che è veramente difficile da togliere se non si trova subito l'inizio,un po' come quando serve lo scotch e non lo si trova mai !!
E alla fine riusciamo a togliere tutto quanto e a salire in casa!
E una volta ripresi i soliti ritmi vorticosi, cioè subito,che mi hanno fatto rimpiangere quelli vacanzieri cosi' rilassati, mi sono messa a preparare questi dolci........buonissime e facilissime da fare!
E la cosa piu' bella è stata anche vedere la faccia della mia amica quando ha scartato questo mio regalo!
E ora, un po' di storia......che ho scovato in rete,perchè nemmeno io sapevo tutte queste cose!!
Si ritiene che le gaufre abbiano origine nell'antica Grecia, dove sono state identificate con le cialde chiamate ὀβελίας obelías. Nel Medioevo i cuochi cucinavano frequentemente tortine chiamate gaufre, che in francese antico significa "nido d'ape", e le fonti suggeriscono che venissero consumate con il formaggio o con il miele.
In diverse testimonianze dell'epoca ne viene riportata la diffusione a partire dalle regioni del Reno confinanti con la Francia. La parola wafel in olandese si diffonde a partire dal XV secolo, e si consolida in Germania come Waffel dal XVII secolo, probabilmente con un significato legato alla tessitura
Il sostantivo in inglese americano, waffle, giunge attraverso il termine olandese nel XVIII secolo
Le gaufre, come altre preparazioni simili, erano un augurio di buona fortuna e buona salute e venivano preparate tradizionalmente per la festa della Candelora e per il Martedì Grasso, ultimo giorno di Carnevale prima della Quaresima. Le piastre per gaufre comparivano in molte doti familiari come dono e augurio di nozze felici.
Successivamente, i Padri Pellegrini soggiornarono brevemente in Olanda prima di fare rotta verso le colonie d'America, e qui appresero come preparare ciò che loro chiamarono wafel, cioè le tortine a nido d'ape con i ferri roventi detti poffer. Portarono questa ricetta in America e lì le gaufre si diffusero con il nome di waffel
e poi più comunemente waffle. Lo stesso Thomas Jefferson, secondo la Monticello Historical Society, portò con sé i ferri da gaufre dalla Francia.
Esistono numerosi tipi di piastre che cuociono gaufre a forma di cuore, di fiore, di cerchio, o di pupazzetto e nuove versioni si diffondono sempre più.
Le gaufre del Belgio sono di due tipi diversi: quelle di Bruxelles hanno un contorno perfettamente rettangolare e un impasto a base di latte, acqua, burro, uova,farina, zucchero, lievito di birra e aromi (vaniglia). Sono delle gaufre poco dolci, solitamente spolverate con zucchero a velo o servite con della panna montata
(e/o frutto e gelato). Le gaufre di Liegi hanno contorno smussato, a nido d'ape, e impasto a base di farina, poche uova, latte, burro (o margarina), lievito di birra, un pizzico di sale, zucchero vanigliato e zucchero in grani (sucre perlé), un tipo particolare di zucchero, a forma di perle appunto, che non si scioglie nell'impasto.
Sono gaufre decisamente più dolci di quelle di Bruxelles e si mangiano solitamente senza accompagnamento.
In Belgio sono particolarmente gradite come doni in occasione del Sint Maartens Dag, cioè del giorno di San Martino (11 novembre). Si accompagnano a zucchero a velo,sciroppi, panna, marmellata, frutta, noci, nocciole, mandorle, cioccolata, burro, ma anche al salato (pesce, formaggio, carne).
I waffle sono la versione statunitense delle gaufre. Inizialmente venivano preparate senza lievito naturale perché produrlo e conservarlo era difficile e richiedeva cure che non sempre i coloni potevano dedicare.
Venne aggiunto successivamente il lievito chimico ed è per questo che i waffle sono più bassi e meno soffici delle Gaufre, ma più facili e veloci da preparare:il lievito chimico non richiede attesa per la fermentazione, come invece il lievito di birra.
Si accompagnano di solito a sciroppo d'acero, melassa, panna, marmellata, frutta, cioccolata, burro, noci, nocciole, mandorle, decorazione alla fragola.
I gofri (Lou gofri) sono una specialità dell'Alta Val Chisone e Alta Val di Susa in provincia di Torino. L'impasto di queste cialde veniva fatto cuocere in inverno e mangiato in sostituzione del pane, in quanto le popolazioni montane avevano difficoltà a scendere a valle per panificare. L'impasto è composto da acqua, farina, lievito e sale ma, a seconda della disponibilità delle famiglie, potevano essere aggiunti latte e uova. Nel frattempo si preparano i ferri (goufria), due piastre di ghisa sovrapposte, simili a quelle che, nella tradizione cattolica, erano utilizzate per la produzione delle ostie: queste vengono prima poste posto sulla stufa a gas o a legna a riscaldare, poi unte con un grosso pezzo di lardo non salato infilato in un forchettone e per chi desidera, bagnato d’olio.
La versione più rustica e povera prevede l'uso della cipolla. L'impasto, una volta lievitato, viene posto all'interno dei ferri che vengono chiusi e girati in modo regolare sul piano riscaldato in modo da ottenere una doratura uniforme. I gofri iniziarono ad essere prodotti alla metà dell'XIX secolo, importati dalla Francia.
Un tempo erano utilizzati per accompagnare il pasto o anche da soli, come il pane; oggi sono più spesso abbinati a prodotti dolci (confetture e marmellate,miele, cioccolato) o salati (salumi e formaggi).
Bene, e ora veniamo alla ricetta ORIGINALE che mi passato la mia amica, alla quale ho regalato la gauffriera che l' ha avuta da amici di famiglia che sono nativi e abitano nel Belgio, quindi, piu' collaudata e sicura di cosi! (tra parentesi le dosi per realizzare mezza dose di impasto)
Ingredienti
375 (1/2 kg) g di farina
285 (370 g) g di zucchero
225 (300 g) g di burro
1 bustina di vanillina
3 (4) uova
meno di 1/4 di tazza di latte (1/4 di tazza)
un pizzico di bicarbonato e un pizzico di sale
Esecuzione
In una ciotola mescolate la farina con lo zucchero, il sale e il bicarbonato. Fate una piccola fontana e versate le uova. Raccogliete la farina poco per volta e impastate aggiungendo il burro fuso e alla fine il latte freddo.
Scaldate la gaufriera seguendo le indicazioni, ungete di burro con un pennellino gli spazi che andrete a riempire con un cucchiaio o con una sacca da pasticciere, chiudete e dopo 3/5 minuti il dolce è pronto! Estraetelo delicatamente con una spatolina di legno.