sabato 21 novembre 2015

Ravioli "cu-u tuccu" per l'Mtc


Seconda e ultima proposta come da "regolamento" per la sfida lanciata da Monica e Luca, quella per Mtc , la n. 52! La prima ricetta era un po' particolare e in pratica l'ho cucinata solamente per me, perchè la proposta "Dolce forte" a nessuno piace in casa, a parte la mia amica Alice, toscana, che mi ha fatto conoscere tempo fa questo modo di cucinare la carne. La bellezza e la passione per me, nel fare la pasta in casa, creare i ravioli come mi hanno insegnato la nonna e la mamma, il ritorno alle origini, ai ricordi e altro ancora, li avevo descritti nella precedente ricetta che trovate dettagliata con ingredienti ed esecuzione per fare "u tuccu", il "sugo", qui, per cui non mi dilungo oltre.
Questa è stata cucinata lo stesso giorno, ma per motivi di tempo postata solo oggi. Ma prima di passare oltre vorrei ringraziare anche la Dani, che con le sue infografiche, ci spiega e toglie ogni dubbio sull'esecuzione di passaggi e quant'altro.....
Quindi per il condimento e ripieno dei ravioli andate qui. I ravioli per questa ricetta li ho fatti alla mia maniera, come al solito, senza usare gli stampini che ho utilizzato la volta scorsa.

Ingredienti per la pasta (42 ravioli)
2 uova intere
200 g di farina
1 pizzico di sale

Ripieno e condimento qui

Esecuzione
Fate una fontana sul piano di lavoro e sgusciate le uova. Salate e sbattetele con la forchetta raccogliendo man mano la farina dai bordi interni. Quando la farina sarà tutta raccolta, cominciate ad impastare con le mani, fino ad ottenere un panetto compatto ma morbido, che coprirete per una ventina di minuti con un canovaccio.

Trascorso il tempo, tagliate dalla panetto, poco alla volta, coprendolo sempre, un po' di pasta che andrete a tirare con la macchina passando dal numero 1 fino al n. 5 dello spessore dei rulli. Posizionate una quantità giusta di ripieno e ritagliate un quadrato dalla sfoglia. Piegate le punte verso di voi formando un triangolo, pressate bene i bordi, unite le due punte superiori una sull'altra, premete, alzate i bordi e la punta ed ecco il raviolo fatto!

Bollite in acqua salata, fino a quando saliranno a galla e abbassate la fiamma e fate cuocere ancora per qualche minuto. Scolateli delicatamente e conditeli con il sugo alla salamella.
Un bicchiere di buon Bonarda delle Cantine Mossi e.....buon appetito!


Con questa ricetta partecipo alla sfida n. 52 di Mtc


giovedì 19 novembre 2015

A.I.F.B: Blog tour nelle terre marchigiane



Eccomi di nuovo in viaggio, alla scoperta delle eccellenze che distinguono il nostro Paese. Questa volta, grazie ad AIFB- Associazione Italiana Food Blogger è nelle Marche, terra della quale ignoro la conoscenza diretta, per cui, quando sono stata invitata a partecipare a questo blog tour, sono stata ben felice di partire! Arrivata alla stazione di Civitanova Marche, sono stata accolta da Mariangela
Giada, le due socie che hanno preso i contatti con i migliori produttori maceratesi, facendo si che questo nostro viaggio conoscesse le eccellenze del territorio.


Compattato il gruppo, ci siamo recate alla  Locanda Fontezoppa, dove abbiamo soggiornato per tutta la nostra permanenza. Una bellissima struttura immersa nella vigna, dallo stile moderno e rustico insieme. Le camere hanno il nome delle cinque etichette piu' importanti dell'Azienda, e io ero nella Carapetto, e questo dimostra il legame sentito tra la locanda e la cantina.  Il nome deriva da un’antica fonte d’acqua che sgorgava dove oggi si rincorrono i filari delle vigne.
E siamo stati pure fortunati perché avendo appena raccolto dell’uva cabernet sauvignon abbiamo assistito alla diraspatura, ovvero alla separazione degli acini dell’uva dai raspi.
La cantina attinge da vitigni impiantati intorno a Civitanova Alta, dal  Sangiovese, Merlot, Cabernet, Lacrima, Maceratino, Incrocio Bruni al Pecorino ma anche a Serrapetrona si trovano gli impianti di Vernaccia Nera, Pinot Nero e Sangiovese.



La prima tappa del nostro viaggio ci ha portate a Potenza Picena presso il Frantoio Torresi, attivo dal 1964. Ci accoglie Tommaso, il giovanissimo erede di questo frantoio, che insieme alla madre, ci illustra la storia della loro attività. Storia che è ben visibile alle pareti, in quanto è testimoniata da vecchie foto in bianco e nero che ritraggono i capostipiti, Nello Torresi e Giuseppina Macellari, e dalla scritta "Il futuro ha un cuore antico", lo slogan che la famiglia Torresi ha scelto per rappresentare al meglio la propria attività: evoluzione nel tempo, mantenendo pero' intatti i principi che l'hanno sempre contraddistinta.

Ci hanno fatto degustare i loro prodotti e spiegato in termini tecnici le varie fasi per degustare l’olio. Innanzi tutto fate attenzione al colore, se l’olio si presenta di colore verde contiene più clorofilla oppure se di colore giallo contiene più carotene. Quello giallo è piu' maturo, mentre quello verde è piu' acerbo. Quando si sceglie un olio, siamo colpiti dall'odore, quindi stimoliamo il profilo sensoriale, poi nel palato, stimolando le papille gustative della lingua e poi la memoria olfattiva, quello che risale alla mente non appena lo annusiamo e poi quella visiva, distinguendone il colore.
Questa è la sequenza per assaggiare l'olio: versate una piccola quantità in un bicchierino, scaldate l’olio ponendo il bicchierino nel palmo della mano, con l’altro palmo coprite il bicchierino e iniziate a muovere in modo circolare il bicchierino nel palmo della mano. La rotazione deve essere dolce e lenta. Portate il bicchierino al naso e annusate l’olio con lo scopo di captare tutte le sensazioni gradevoli o meno. Assumete una quantità di olio pari ad un cucchiaino nella cavità orale, senza ingerirlo. Aspirate dell’aria, lentamente e delicatamente, poi in modo più vigoroso in modo da vaporizzare l’olio nel cavo orale. In questo modo vi è un primo contatto con le papille gustative. Fate attenzione alla percezione degli stimoli positivi di amaro e piccante. Fate riposare la bocca muovendo lentamente la lingua contro il palato. Aspirate nuovamente l’aria portando la lingua contro il palato e le labbra semiaperte, questa azione viene definita "strippaggio". Fra un assaggio e l’altro dell’olio per pulire la bocca una fettina di mela.


I prodotti di punta dell’azienda sono il Cuoreverde, che presenta un buon fruttato erbaceo e un profumo di mandorla acerba, è un olio sostanzialmente dolce e il Fiordolio armonico ed equilibrato dal colore verde con riflessi dorati, presenta un fruttato leggero con piacevoli note erbacee unite al sentore di mela, pomodoro e mandorla.
L'intensità e l'equilibrio di un olio d'oliva sono dati dalla qualità dell'oliva e il luogo dove è stata coltivata. Ad esempio. l'Ogliarola barese e la Coratina, che si coltivano al sud, producono un olio leggermente piu' piccante e amaro, in quanto essendo piante esposte al sole, mancando piu' acqua, reagiscono mettendo piu' antiossidanti nel frutto.
E' presente poi la qualità locale Pendolino, piu' delicata.

Alla fine della visita, Tommaso ci ha portate a visitare velocemente il paese.......selfie d'ordinanza di gruppo e poi con un gruppo di simpatici e curiosi anziani del posto che appena ci hanno visto, hanno incominciato a parlottare tra di loro...forse non avevano mai visto delle giovincelle cosi' briose tutte in un coplo solo!


Ritornate alla Locanda,abbiamo degustato i migliori vini.....


e deliziosi piatti........


La serata è stata allietata dalla sapienza del Prof. Carlo Cambi, uno dei più autorevoli giornalisti enogastronomici d’Italia. Una persona cosi' colta, ma semplice, che non si vanta del suo profondo sapere, che è stato un onore averlo alla nostra tavola.



Il nostro viaggio procede, dopo aver fatto colazione, verso Monte San Giusto, un piccolissimo borgo in provincia di Macerata, per la visita guidata del pastificio artigianale La Pasta di Aldo.
Ad esser sincera pensavo che il signore che ci aveva accolto, si chiamasse Aldo, ma ci ha subito svelato che questo nome è l'acronimo dato dai cognomi dei 2 titolari (Luigi ALzapiedi e Maria DOnnari) e che quindi il suo nome è Luigi! Ci racconta la sua storia, che nasce lontano, quando lui aveva 6 anni ed imparava dalla nonna l'arte di tirare la sfoglia. Svolge altri lavori ma il suo pensiero è sempre rivolto alla pasta fatta in casa, cosi' a 40 anni, fonda l'azienda che crea questa pasta eccellente, dove le sue mani esperte mescolano semole selezionate che fa essiccare con naturale lentezza per ottenere un prodotto di altissima qualità, tanto da essere scelto da Heston Blumenthal, (chef britannico, 3 stelle Michelin) a rappresentare la pasta in un programma della BBC dal nome "Perfection".

Per fare l'eccellenza le materie prime devono essere straordinarie e Luigi in questo è maniacale: sceglie con cura le semole di grano duro (tutte rigorosamente italiane, dall'Umbria alla Sicilia) diversificandole a seconda dei prodotti. Ad esempio: il tagliolino è fatto con un grano che assorbe poca acqua, così in cottura resta duro, uova rigorosamente biologiche, essiccazione lenta e a bassa temperatura. Amici ingegneri hanno realizzato le macchine per la lavorazione della pasta, quindi sono davvero uniche e speciali.
Staremmo ore e ore ad ascoltare le parole di questo esile uomo, che ci trasmette tutta la passione e la maestria in tutto quello che fa. Ma la tabella di marcia è copiosa di appuntamenti e a malincuore, ma con pacchi di pasta che abbiamo acquistato, salutiamo Luigi e Maria.


La tappa successiva è per il pranzo che consumeremo presso l'Agriturismo Agra Mater a Colmurano (MC), dove vengono utilizzate le materie prime coltivate nell'orto per creare menù settimanali nel totale rispetto della stagionalità dei prodotti.
Il tempo è davvero inclemente ma Lara e Melissa ci servono piatti deliziosi e curati nei minimi particolari accompagnati dalle birre artigianali di Birrifirma. Le etichette sono simpaticissime, come la campagna pubblicitaria, e ognuna ha col proprio gusto che si sposa ai vari piatti assaggiati. Non pensavo si potesse pasteggiare degustando birre al posto dei vini! Marco Simoni ci presenta anche il suo idromele. La struttura è dotata di fantastiche camere, quindi, chi volesse gustare cibo e birra in quantità puo' soggiornare senza problemi e visitare i dintorni che sono veramente fantastici.



Lasciato l'Agriturismo, abbiamo visitato il centro storico di Macerata, città medievale sede di un'antichissima università, con la guida turistica Michela Marconi, che ci ha fatto scoprire i segreti dello Sferisterio, e per una musicista come me, è stata un'emozione vedere questo piccolo gioiello, che d'estate si riempie di colori e note.....

....e alle 18, dopo aver visto in funzione l'Orologio astronomico della Torre Civica, i cui originali (statue e quadrante dello zodiaco) sono conservati all'interno del Palazzo Bonaccorsi che abbiamo visitato e ammirato in tutta la sua maestosità di affreschi e galleria di quadri.....

.....passeggiato tra i vicoli della città....


.....il pomeriggio si è concluso presso l'azienda agricola Si.Gi, dove Martina Buccolini e la mamma ci fanno degustare confetture, gelatine, sott'olio e liquori fatti a mano utilizzando sapori e profumi dell'antica tradizione marchigiana, come la giuggiola, la visciola, la mora di rovo, il vincotto.

Anche da qua è impossibile uscire a mani vuote!


Per cena ci attendono alla Trattoria da Ezio, una vera istituzione cittadina, uno di quei locali un po' retrò ma nei quali si mangia la vera cucina di tradizione. La signora Mirella ci fa provare i vincisgrassi, (non chiamatele lasagne!!), tipico piatto maceratese e la pasta col sugo di papera, oltre ad una ottima zuppa inglese.



L'ultimo giorno di questo lungo e intenso blog tour lo dedichiamo alla visita dell'azienda Varnelli, a Muccia, la più antica casa liquoristica delle Marche, fondata nel 1868, che produce artigianalmente distillati e liquori attingendo a ricette segretissime.
L'azienda ha una lunghissima storia, ed è attualmente gestita da 3 sorelle, Simonetta, Donatella ed Orietta, soprannominate Le Sibille....
Simonetta ci porta a vedere la produzione dell'amaro di cui ci sono due versioni, il Sibilla ed il Tonico. Anche se il Varnelli, a base di anice, tipica correzione del caffè è il prodotto principe indiscusso, non mancano altri prodotti per i piu' golosi, come quello a base di cioccolata.
Maura ci accompagna nella seconda parte del tour, e ci mostra la zona di produzione del liquore al caffè, fatto rigorosamente con espressi preparati uno ad uno e poi passiamo nella zona dell'imbottigliamento
Degustazione dei prodotti tipici, come il buonissimo ciauscolo e altre leccornie, foto finale e acquisti suggellano la fine di questo nostro stupendo e istruttivo viaggio in terra marchigiana.

Ritorniamo alla stazione e dopo i saluti di rito, che non finiscono mai, ognuna di noi ritorna nel luogo d'origine, con negli occhi, nella mente, e nel cuore, i racconti e i prodotti di tutte le persone che abbiamo conosciuto, e con il pensiero che la nostra Italia è proprio un bel paese, ricco di eccellenze, che vanno scoperte e condivise. Grazie Aifb! e ai miei compagni di viaggio!

martedì 10 novembre 2015

Ravioli in "Dolceforte" "cu-u tuccu" alla salamella mantovana



Sfida fantastica questo mese! Come tutte pero', del resto. Ma ci sono sfide che sono piu' "sentite" di altre, perchè magari si tratta di proporre un cavallo di battaglia, perchè si è abituate a cucinare quel piatto, perchè è un piatto dei ricordi o per altri mila mila motivi. E questa è una di queste. Ho sempre amato preparare i ravioli e tortelli (di zucca) in casa. Fin da bambina guardavo la nonna e la mamma che tiravano la sfoglia a mano o con la macchina, e posavano un mucchietto di ripieno al centro del quadrato di pasta e poi come per magia realizzavano il raviolo. Non con lo stampo, ma sovrapponendo le punte che dovevano stare all'ingiu', e girando la sfoglia, che sembrava cosi' difficile ma che poi non lo era. E si vedeva il gonfiore del ripieno tra le pieghe della pasta. Piu' difficile a dirsi che a farsi. E quando ho incominciato ad aiutare attivamente in questa operazione che sembrava una catena di montaggio domenicale, fatto di sedie sul tavolo, pavimenti di marmo tirati a lucido, pattine sotto le scarpe, arie d'opera che aleggiavano per casa con la mamma che cantava, profumi di bollito e torta sbrisolona o sabiosa, di racconti dei nonni e giochi con i cuginetti, un mucchiettino di ripieno finiva sulla pasta e uno nella mia bocca, con i borbottii di entrambe "muchela che el basta no!"....ma poi bastava eccome, perchè ne preparavano in quantità industriale!
Che ricordi meravigliosi mi porta questa ricetta proposta da Monica e Luca del blog
Fotocibiamo, vincitori della scorsa sfida dell' Mtc. Nella loro versione genovese, i "raieu co-u-tuccu", i ravioli al sugo, ma non un sugo normale, ma il sugo che sobbolle e sobbolle dolcemente e lungamente....come quello che anche se non genovesi, facevano la nonna e la mamma mantovane.
Una ricetta che ci fa un attimo fermare e riassaporare il senso del tempo che scorre, sempre di corsa purtroppo, ma almeno questa volta, lo guidiamo noi, a nostro favore, anzi, a favore della sfida. Riscopriamo quanto è bello fermarci e compiere con gesti pacati ogni movimento, dal taglio della verdura, al dorare la carne, aggiungere il pomodoro e vederlo sobbollire in stato quasi ipnotico, ploff ploff, le bolle che sbuffano...e poi adagiare i mucchiettini di ripieno e chiudere i ravioli....e il tempo scorre ma con un'altro senso ed un altro perchè. Pura poesia in cucina.

Allora ecco che nella mente mi passano davanti ingredienti da usare, non i soliti ripieni, ma un ripieno un po' azzardato e "alternativo".
Lo comunico al marito che subito mi boccia la ricetta, perchè a lui questo ripieno proprio non piace. Ma io lo voglio proprio fare cosi. Preparero' due versioni di ravioli, una per me e una per lui, ecco risolto.
Ma forse, i pianeti sono avversi...già la ricetta inizia "maluccio"...andiamo prestissimo a fare la spesa e per colpa di un def....che sorpassa in un punto non consentito, non so come riusciamo ad evitare un frontale da paura...torniamo a casa e subito mi metto all'opera, perchè anche questo mese sono davvero tirata, e sul tardo pomeriggio mi prendo poi un attimo di pausa e vista la giornata di sole che ancora ci riscalda, ne approfittiamo per andare a fare una passeggiata con gli amici lungo il canale. Al ritorno, vedo la gatta che non viene subito ad accoglierci alla porta come fa di solito, ma se ne sta tutta schiacciata per terra....mio marito accende la luce della cucina e sento dire...."noooo, guarda che casino!!! cosa ha combinato!!!". Mi precipito di là e vedo i miei ravioli sparsi per terra, mangiucchiati dalla gatta, che stava sempre piu' schiacciata per terra, con le orecchie tutte indietro e lo sguardo pietoso.....e io che la sgrido come se capisse (e comunque capiscono), "brutta, guarda cosa hai fatto, non si mangiano i ravioli"!! da ricovero insomma......
Per fortuna, come al solito del resto, io e mio marito non siamo capaci a fare le mezze porzioni o in maniera ridotta, cosi' mi era avanzata la carne che avevo usato per fare il sugo, e il sugo stesso. Quello che mancava era il tempo, cosi' ho dovuto fare un po' i salti mortali per salvarne qualcuno e per rifarne altri, ma ce l'ho fatta! Il giorno dopo eccomi a fare le due versioni, una per me e una per il marito.....

Quindi, una volta che avete messo il "sugo" sul fuoco e impostato il tempo sulle tre ore....dedicatevi ad altro...fatevi una maschera di bellezza, "ciattate" con l'amica, spippolate col cellulare, bagnate le piante, ricamate, stirate, incontratevi con Morfeo, fatevi la ceretta, mettetevi i bigodini, fate zapping selvaggio, coccolate il gatto, leggete un libro, fate le parole crociate, dipingetevi le unghie dei piedi....e quando il timer suonerà vedrete che capolavoro di u-tuccu avrete davanti agli occhi!

Per la mia ho rispolverato una antica ricetta tipica della cucina fiorentina, le cui tracce si trovano nei ricettari del 500, che potete ritrovare qui e qui, e cioè la carne in Dolceforte.
Si preparavano così la lepre, il cinghiale, la lingua di manzo,usati nelle ricorrenze importanti e nei banchetti nell'epoca del grande Lorenzo dè Medici detto il Magnifico. 
Questa salsa veniva preparata con panforte e cavallucci tritati, cioccolata fuso nel burro, uvetta sultanina, pinoli e noci spezzettati, il tutto innaffiato con aceto e fatto cuocere, prima di essere unito alla carne.
Per chi amava particolarmente i contrasti, la salsa era aggiunta solo a cottura ultimata, per mantenere più integri e decisi i sapori dolci.
Prima dell’arrivo dalle Americhe della cioccolata, il Dolceforte prevedeva al suo posto il miele.
Al giorno d'oggi, solo i pochi fortunati che hanno ancora le nonne che preparano questa pietanza, hanno potuto assaggiare questa delizia. Che andrà persa nel tempo se nessuno tiene viva questa ricetta della tradizione.
Non ho la pretesa di competere con le cuoche toscane, ma vorrei far conoscere alle persone che vogliono provare sapori nuovi, decisi, contrastanti e coinvolgenti, questo modo di cucinare la carne.

Ora veniamo alla ricetta. Quella di Monica e Luca la trovate con tutti gli ingredienti e i passaggi, qui.

Contravvenendo alle mie usanze, per questi ravioli ho usato gli stampini che mi hanno regalato gli amici a Natale di qualche anno fa e non ho usato il bellissimo e pesantissimo tritacarne della nonna, quello che funziona a manovella...o facevo la foto o tritavo la carne!

Innanzi tutto, se qualcuno dovesse avere dei dubbi di come fare a scegliere i tagli di carne ecc, guardate qua e ogni dubbio verrà chiarito! La Dani ogni volta ci incanta con le sue infografiche!



Ingredienti
500 g di polpa di spalla
5 carote
2 gambi di sedano
2 cipolle medie
prezzemolo
rosmarino
2 tubetti concentrato di pomodoro
½ bicchiere di vino bianco
olio extravergine di oliva
sale e zucchero q.b.
400 g pelati 
pepe
1 chiodo di garofano 
noce moscata secondo i gusti

per la pasta (per 10 ravioli grossi)
1 uovo
100 g di farina bianca
1 pizzico di sale

per la salsa Dolceforte:
50g cioccolata fondente 
30g pinoli
60g uvetta e frutta candita 
50g zucchero 
noce moscata
2 chiodi di garofano
2 foglie di alloro
cannella
½ bicchiere d’aceto bianco

Partiamo dal “Tuccu”. Preparate i sapori per il sugo: pulite carote, sedano, cipolle, prezzemolo e rosmarino tagliate a tocchetti quindi tritate per bene. 
In una pentola capiente (perfetta sarebbe una pentola di coccio che mantiene la temperatura) aggiungete l’olio e soffriggete la carne. Quindi aggiungete i sapori e fate soffriggere per bene. Aggiungete il midollo e fatelo sciogliere. Bagnate con vino bianco. 
In una ciotola fate sciogliere il concentrato di pomodoro con poca acqua tiepida, quindi regolate di sale e aggiungete dello zucchero in modo da mitigare un po’ l’acido del pomodoro. 
A questo punto, contravvenendo alla tradizione che voleva questo sugo fatto solo con il concentrato, aggiungete i pelati. Ed infine aggiungete “le droghe” si definivano così le spezie, aggiungete pepe, chiodi di garofano e noce moscata. 
Lasciate cuocere il sugo per almeno 3 ore molto molto lentamente...le nonne dicevano che il sugo deve “pia”...appena appena sobbollire! 
Per avere un risultato di questo tipo.



Sulla spianatoia fate la fontana con la farina, al centro aggiungete l'uovo, un pizzico di sale ed iniziate ad impastare. Lasciate l’impasto a riposare sulla spianatoia coperto a campana con una ciotola per almeno mezz’ora prima di stenderlo per fare i ravioli.
Stendete la pasta con la macchina o con il mattarello e ricavate delle sfoglie. Posizionate la sfoglia sull'apposito stampino, riempite il centro con il ripieno e chiudetelo, ottenendo cosi' il raviolo.
Adagiate i ravioli ottenuti su un vassoio leggermente infarinato.


Ora, con l’aiuto di un tritacarne, iniziate a macinare la carne (non frullatela) cotta (quella che avete preparato col “tuccu”)
Prelevarne 100 g. In un tegame fate sciogliere lo zucchero con il cioccolato grattugiato (o tagliato a tocchetti), aggiungete l'aceto, le spezie, i pinoli e l'uvetta. Aggiungete la carne che avete precedentemente macinato e fate insaporire per 20 minuti a fuoco lento.


Cuocete i ravioli per almeno 10 minuti, o fino a quando salgono a galla. Scolateli e conditeli con il sugo


il "curioso" e gustoso ripieno interno con tuccu, pinoli e uvetta.....



con questa ricetta partecipo alla sfida  52 per l'Mtc



e non ho resistito a preparare una versione dolce, fuori gara, con i ravioli piu' piccoli, fritti in abbondante olio, e spolverizzati con una cascata di zucchero a velo....una proposta sfiziosaper un aperitivo o anche a fine pasto. Buonissimi!!



sabato 7 novembre 2015

Blog tour Aifb in Garfagnana. Atto terzo (e ultimo)


....Come temevamo, il tempo è veramente pessimo e occorre mettere in atto il piano B. Ecco che Antonella Poli, Responsabile dell'Ufficio Informazioni e Accoglienza Turistica Garfagnana, che ci ha accompagnato durante tutti questi giorni, in quattro e quatt'otto ci ha organizzato due visite al posto di quelle che dovevamo effettuare e purtroppo cancellate per le condizioni metereologiche avverse....ma il cambio è stato apprezzato da ognuna di noi.
Cosi', invece di andare nei castagneti e nel metato, siamo andati in un allevamento di trote appena sotto lo splendido Eremo di Calomini: l' Allevamento La Jara, dove nelle acque del torrente Turrite di Gallicano, i fratelli Lorenzi allevano, unici in Toscana, le trote gialle, dette giapponesi, utilizzando acque di sorgente e vasche in cemento che vengono mantenute costantemente pulite per garantire la migliore qualità del pesce. Questo allevamento è dotato di un impianto di filettatura del pesce e di un impianto artigianale per l'affumicatura della trota che utilizza i legni aromatici della foresta dell' Eremo di Calomini.
Ci spiega che mentre in natura, le trote femmine, svuotano le uova in acqua passando attraverso i sassi e le pietre del fiume che "schiacciano" il loro corpo, questa operazione nel vivaio, viene fatta manualmente, come ci mostra uno dei due fratelli.


Seconda tappa al Podere Concori una vigna biodinamica gestita dal giovane Gabriele Da Prato, ex musicista di trombone, che ci racconta di come nasce il suo vino il concetto di vigna biodinamica

Il suo sguardo e le sue parole, ci trasmettono tutto l'amore che ha per questa terra e per quello che è riuscito a realizzare. E non gli si puo' dare torto, perchè il vino che abbiamo assaggiato è veramente eccellente.



Terminiamo il nostro tour in un luogo magico,dove sembra che il tempo si sia davvero fermato.
Purtroppo ha ricominciato a piovere, ma il calore che ci accoglie in questo splendido casolare immerso in un castagneto, il profumo del cibo che ci stanno cucinando, la gentilezza un po' schiva, ma genuina e tenera, di queste persone semplici, che vivono a stretto contatto con la natura, ci fanno dimenticare il freddo che c'è fuori.
Qui, dal 2004, vive la famiglia di Mario Cavani, al quale viene chiesto di provare a recuperare la razza della pecora bianca Garfagnina, a quel tempo ne erano rimasti solo pochi esemplari sul territorio e proprio in questo luogo Mario, con la sua famiglia e l'aiuto delle istituzioni locali è riuscito a recuperare questa razza che era destinata ad estinguersi. Oggi Mario ha almeno un centinaio di capi e porta avanti l'attività di pascolo, l'attività casearia, la produzione di salumi, il castagneto e la valorizzazione della lana. Tutto questo lo fa assieme alla sua famiglia ed in particolare grazie all'aiuto della figlia Ombretta.
E' stupendo vedere come le donne di famiglia, si stanno dando da fare nella grande cucina per preparare piatti unici, per noi ospiti un po' "speciali. Sembrano operose formichine, che vogliono dare il massimo ai loro ospiti. Mi ricorda la cucina della casa di campagna dei miei zii a Mantova, quando da Milano si scendeva a trovarli.....
Veniamo invitati a sederci e ci servono dei crostini di pane casereccio con un battuto di lardo, con i funghi, i loro salumi e giardiniera, una deliziosa "pasta al salvietto", chiamata così perchè viene cotta ripiegata all'interno di un salvietto (tovagliolo) di cotone e condita con un ragù di carni miste, agnello e patate arrosto e vitello, tre tipi di torte.......non ci saremmo mai voluti alzare da quel tavolo!


Ormai siamo davvero alla fine, ma per concludere questo stupendo tour in questa stupenda terra, ci portano in una sala esterna al casolare, dove viene proiettato un bellissimo e commovente
cortometraggio Bianca e gli altri. Commovente per me, non perchè ci siano scene strazianti, ma perchè nella sua diretta semplicità, ci trasmette un messaggio importante, scene quotidiane che riportano indietro nel tempo, e fanno capire a noi "cittadini", sempre di corsa, sempre alla ricerca delle cose veloci, che non facciano perdere tempo, della tecnologia piu' sfacciata, che esiste una dimensione piu' "umana", fatta di persone che vivono a contatto con la natura, seguendo i suoi ritmi, che non devono essere stravolti a nostro piacimento. Persone che "respirano" e vivono con essa, anche con fatica, perchè la natura è imprevedibile. Ma quante soddisfazioni sa dare, se viene trattata con il dovuto rispetto che si merita. Guardatelo, vivetelo e "respiratelo"....vi sentirete meglio forse, ma vi domanderete anche tante cose......

E ora vorrei ringraziare tutte le persone che hanno contribuito alla realizzazione del blog tour e che ci hanno accolto con tanto entusiasmo e passione: AIFB- Associazione Italiana Food Blogger, Andrea Bertucci (titolare dell’Osteria Vecchio Mulino), Paolo Fantoni (presidente Unione dei Comuni), Sandro Fioroni (dirigente Unione dei Comuni), Pier Romano Mariani (sindaco San Romano in Garfagnana), Diego e Giulia Micheli (Fortezza delle Verrucole), Antonella Poli (responsabile dell’Ufficio Informazione e Accoglienza Turistica Garfagnana), Annarita Rossi (organizzazione blog tour), Lorenzo Satti (Garfagnana Coop), Andrea Tagliasacchi (sindaco Castelnuovo di Garfagnana), i fratelli Lorenzi dell'Allevamento trote la Jara, e Gabriele da Prato (Podere Concori).

e un grazie alle mie compagne e compagni di viaggio, con i quali ho condiviso questa bellissima esperienza.


Blog tour Aifb in Garfagnana. Atto secondo


....si riprende il tour! Ritemprate da una bella dormita e da una abbondante colazione, di primo mattino, sotto un cielo finalmente sereno, ci rechiamo a visitare Banca del Germoplasmala a La Piana di Camporgiano. La direttrice, Fabiana Fiorani, ci illustra l'importante progetto regionale che consiste nella tutela e nella valorizzazione di antiche varietà locali di piante e alberi da frutto, attraverso un recupero attivo.

Nel terreno adiacente alla Banca del Germoplasma, vengono coltivate mele lucchesi e mele casciane, il fagiolo fico, il pomodoro fragola, il cavolo di Tresillico, la mela del Giappone (una località della Garfagnana)

Il recupero di queste varietà è avvenuto chiedendo ai bambini delle scuole di portare i semi delle piante che i nonni coltivano nell’orto e il loro utilizzo. In questo modo, non solo si è recuperato il vegetale ma anche un insieme di saperi e di modi di consumo, che possono anche variare da famiglia a famiglia.
La sezione di Camporgiano è stata inaugurata nel 2008 grazie ad un accordo tra l’Unione dei Comuni e la Regione Toscana, e le varietà vegetali sono conservate sia ex situ, cioè sotto forma di semi nelle celle frigorifere, sia in situ come piante vive, nel terreno tutto attorno al piccolo edificio.


Ci sono poi i numerosi coltivatori custodi, volontari che "adottano" una o più varietà vegetali, piantandole nel loro terreno (almeno 3 esemplari per ogni varietà) per proteggerle dalle contaminazioni, contribuendo così a evitarne la scomparsa. Fabiana ci porta nel giardino di casa sua, dove ci fa conoscere il marito, e ci mostra, oltre agli altri meli, un rarissimo "melo morto", che ha regalato al marito, e che viene coltivato e difeso con estrema cura.


Tutte le varietà di piante recuperate con il contributo della comunità, vengono diffuse e distribuite ai coltivatori locali situati in un piccolo raggio, in quanto le sementi non possono essere vendute perché non sono iscritte al registro comunitario delle varietà, ma solo in quello regionale. Il processo per renderle commercializzabili, però, è reso lungo e tortuoso dalla burocrazia oltre che essere contrastato dai grandi produttori sementieri, che considerano questi progetti come una concorrenza, secondo me stupidamente, perchè si corre il rischio di perdere un patrimonio storico importantissimo!

Lasciamo i campi e ci rechiamo al birrificio La Petrognola accolti da Roberto Giannarelli, che dopo averci fatto calzare e indossare cuffie, mascherine, sovrascarpe e camici, perchè non deve entrare nessun tipo di contaminazione esterna, essendoci la presenza di preziosi lieviti, ci mostra la sua azienda, fondata nel 2002, quando decide di iniziare la produzione della birra di farro, in una piccola stanza con pochissima attrezzatura. La birra di farro inizia ad avere il successo che merita, e nel 2006 è stata premiata come miglior birra artigianale dell'anno. Roberto che ci ha spiegato minuziosamente il processo di produzione, attraverso i vari passaggi: proteasi, metamilasi, alfamilasi, la coagolatura delle proteine che sembran fiocchi di neve, l'aggiunta del luppolo, la bollitura, la centrifuga, l'aggiunta di ossigeno per far partire i lieviti che da aerobici si convertono in anaerobici, e poi l'imbottigliamento... le tipologie di birre prodotte con tutte le difficoltà e le accortezze (sopratutto igieniche) da adottare.


Dopo questa interessante visita siamo stati ospiti dell'agriturismo Il Grillo, accolti dal giovane titolare, Stefano Bertolini ci ha coccolati proponendoci un antipasto tutto a base di farro : insalata di farro, arancino al farro e quiche con farina di farro, pasta con farina di farro ed ortiche condita con un ragù bianco di salsiccia e torte e biscotti con marmellate di loro produzione.


Nel pomeriggio abbiamo avuto il piacere di visitare il Caseificio Marovelli, a Vibbiana, dove si puo' ammirare la Fortezza delle Verrucole, visitata il giorno precedente, e che oggi, vista con il sole, acquista un'aria meno "inquietante e misteriosa".
Qui, la famiglia Marovelli produce da anni formaggi, sopratutto pecorino, ricotta, jogurt ed un'altro formaggio chiamato Bagiolo, che i produttori chiamano "Bagiolo il bacio diventato formaggio".


Ormai la giornata di visite è giunta al termine e ritorniamo in hotel, dove ci aspetta una rilassante e buonissima cena

Il tempo di postare qualche foto sui social, ridere a crepapelle con Elena, la mia compagna di stanza, per i selfie piu' terribile del secolo....e di nuovo a nanna....domani è l'ultimo giorno e ci aspettano altri programmi, si paventa la possibilità di escogitare un piano B, visto che saremo in "esterna" tutto il giorno e il tempo non promette nulla di buono....ma staremo a vedere, domani è un'altro giorno, come disse Rossella in Via col vento.....










Blog tour Aifb in Garfagnana. Alla scoperta delle eccellenze toscane. Atto primo.



Il viaggio comincia all'alba dalla Stazione di Sesto San Giovanni. Ho appuntamento con Elena Arrigoni. Insieme affronteremo questo lungo viaggio verso Castelnuovo di Garfagnana e dintorni, organizzato da AIFB- Associazione Italiana Food Blogger insieme all’Unione dei Comuni della Garfagnana e il Consorzio Garfagnana Produce. Il tempo è abbastanza brutto, anche senza abbastanza. Brutto e basta. Durante il viaggio parliamo e parliamo, del piu' e del meno, di ricette, di cose personali, di progetti. Il viaggio non è per niente stancante, anche perchè ha guidato lei! Impariamo a conoscerci, visto che a volte, i contatti tra food blogger sono fugaci e in rete. Questa volta, siamo gomito a gomito e divideremo pure la stanza dell' Hotel La Lanterna in Loc Le Monache a Castelnuovo di Garfagnana. Man mano arrivano le altre socie, il gruppo si compatta e via, verso la prima tappa di questo tour veramente intenso di visite!
Prima tappa alla Fortezza di Monte S'Alfonso, dove incontriamo le autorità locali, il Presidente Unione Comuni Garfagnana ( che sono 15), dott. Paolo Fantoni e il Sindaco Andrea Tagliasacchi,, che ci spiegano il programma del tour e i produttori che andremo a incontrare.
Ci parla del territorio che ci circonda, e che io non conoscevo. Su 540 km quadrati, il 70% sono boschi, con terrazzamenti, paesini e l'uomo ha plasmato il territorio interagendo con il paesaggio.


Nella Casa degli Archi visitiamo la Mostra "Orlando....Curioso" con un allestimento ispirato all’episodio del Castello di Atlante da “L’Orlando Furioso”, il capolavoro di Ludovico Ariosto.
Un tributo allo scrittore e poeta che tra il 1522 e il 1525 fu Governatore proprio di Castelnuovo Garfagnana, quando questo territorio era in mano al Duca d’Este.
Lucca Comics & Games ha dato una lettura nuova e suggestiva sia per chi ha già amato il poema, sia per chi non vi si è ancora avvicinato.



Lo stomaco reclama e prontamente andiamo all' Osteria Vecchio Mulino di Andrea Bertucci, che ci accoglie con la sua simpatia, ci mostra il locale colmo di prodotti che stanno stagionando, suppellettili e attrezzi da cucina che ricordano quelli dei nostri nonni, descrivendoci i prodotti che ci hanno servito. Un fantastico "Tagliere del Pellegrino", che offre anche ai pellegrini che percorrono la Via Franchigena. Da gustare seguendo un ordine ben preciso, per l'intensità dei sapori, che vanno dal piu' delicato al piu' deciso. Ed ecco, che affrontato il tagliere dalle "ore dodici", si va a gustare Manzo di pozza ,stagionato in pozzi di pietra e conservato sottovuoto, Prosciutto Barzone di Garfagnina, Mondiola,, salame garfagnino con foglie di alloro, Salsiccia garfagnina  con solo sale e aglio, Lardo stagionato su legno, Biroldo, (un sanguinaccio) dove sono mescolate la guancia, lingua, sangue, ed è un presidio Slow Food,Trota affumicata, Salsa verde con prezzemolo e uova per bolliti e crostini, Salsa rossa tipica garfagnina, con capperi e allora, e poi torte salate con gli avanzi, i formaggi Fresco vacchino con confettura di mele casciane, di Capra, leggermente affumicato, Pecorino Tuada, (il nome della cantina), Ricotta vaccina  con miele di castagno
Il tutto gustato con dell'ottimo pane alle patate, presidio Slow Food, e poi pane di farro e pane neccino (con farina di castagne) e accompagnato dal vino "Melograno", un ottimo rosso del "Podere Còncori" che andremo a visitare in questo nostro blog tour.


Il "dovere" ci chiama e a Sillicagnana andiamo a visitare il Centro lavorazione del farro- Garfagnana Coop e Consorzio di produttori farro IGP.
Il farro viene coltivato da sempre nei piccoli appezzamenti e si puo' considerare il capostipite dei cereali.
Il Consorzio riunisce 19 soci conferitori, ai quali si aggiungono altri conferitori locali, ed ha il compito di fissare un prezzo comune di acquisto e di vendita. Prezzo che è inevitabilmente più elevato rispetto ad un farro comune di pianura, sia per la diversa qualità che per la maggiore difficoltà di coltivazione,  minata dai mutamenti climatici degli ultimi anni.
Garfagnana Coop, il Consorzio dei Produttori di Farro della Garfagnana, ha realizzato a San Romano un centro unico per la lavorazione, il confezionamento e lo stoccaggio del farro, in modo tale da dividere i costi tra i singoli produttori e garantire la sostenibilità economica della produzione. Il presidente Lorenzo Satti ci spiega le problematiche di coltivazione e di sostenibilità, per poi mostrarci l’impianto di produzione dei cereali e delle farine; qui, l’80% dell’energia impiegata è di origine fotovoltaica.
Questo progetto è molto importante perché è volta al recupero dei piccoli appezzamenti a ridosso del fiume Serchio, dove sono stati ripristinati vecchi muretti a secco a protezione del terreno dalle inondazioni e sono stati piantati legumi di vario tipo. Dal momento che le sponde del fiume sono proprietà comunale, in passato, questi appezzamenti erano coltivati da chi non aveva possedimenti nè terre in affitto: così, tutti potevano avere di che vivere.
Non si puo' andare via a mani vuote, e tutti piu' o meno, facciamo man bassa dei prodotti che troviamo nel negozio fornito di pasta di vari formati e cereali, farine, biscotti.....


Accompagnati da un tempo da lupi, che rende ancora piu' misterioso e coinvolgente il paesaggio arriviamo alla Fortezza delle Verrucole fondata tra il X e il XI secolo dalla famiglia dei Gherardinghi, E' una sorta di cittadella in pietra costituita da due rocche, una quadrata e una circolare unite da un camminamento; l’assetto attuale le fu dato dagli Este, che intorno alla metà del ‘400 se ne appropriarono dopo un periodo di abbandono seguito al dominio lucchese e a quello della famiglia Malaspina.Venne acquistata dal Comune di San Romano, e oggi è visitabile e resa viva da tante iniziative per adulti e bambini. Il giovane Diego, vestito in abiti medievali, ci guida tra le sale della fortezza raccontandoci in modo semplice e coinvolgente la vita quotidiana del medioevo, gli usi alimentari, gli aspetti bellici e storici dell'epoca.
Grazie al lavoro di questi giovani, e alla sensibilità delle Amministrazioni locali, pronte a promuovere il territorio con iniziative coinvolgenti, rinascono e vengono valorizzati siti storici-archeologici, che sono il vanto del nostro Paese. Sono numerosi, e si spera che questo modello di promozione e diffusione venga seguito da altre Amministrazioni.


le prime "bombe a mano"....nel medioevo le hanno inventate! Il trono dei signori davanti alla tavola imbandita, le bellissime vetrate colorate, mentre nelle case dei poveri usavano le finestre di legno con davanti un panno di stoffa che celava la vista (da qui il termine vetri appannati!). i giochi da tavola in legno, la galera quando davvero era galera! e talmente dura che uno ci pensava bene prima di commettere un reato! e all'esterno il gabinetto di pietra.....

La cucina con i suoi cereali, cacciagione e formaggi appesi a rastrelliere, pasta al farro ad essiccare, il guscio di una noce come unità di misura per utilizzare il burro...la famosa "noce di burro", e tante curiosità che ci elenca Diego....


Alla fine della visita, affrontando un temporale e un nubifragio pazzesco, ci rechiamo a La Taverna del Ratto Guerriero, veniamo accolti da un’ostessa in costume medievale, che ha preparato per noi alcune bevande antiche da degustare insieme ad una sostanziosa spongata, torta di frutta secca, canditi e miele.Ecco cosa ci gustiamo, in questa atmosfera tempestosa: Sidro, bevanda alcoolica a base di mele fermentate. Ippocrasso, vino in cui vengono fatti macerare aromi e spezie (il nome deriva dal medico greco Ippocrate, perché nel Medioevo i medicamenti e le erbe curative venivano somministrati con il vino). Idromele, bevanda alcolica a base di acqua e miele. Ambrosia, liquore a base di erbe.
Ci sono pure alcune rare piante di mandragora , e non posso fare a meno di pensare al film di Harry Potter, nella scena appunto dove queste piante che sono "vive" lanciano acuti stridii che assordano...



Terminata la degustazione, lasciamo l'atmosfera  medievale della fortezza, in un momento in cui il
cielo ha smesso di versare fiumi d'acqua!, Nella scivolosa discesa, al buio, dove incontriamo sul nostro cammino, rane e rospi (o principi?!), arriviamo all' Osteria delle Verrucole dove gustiamo ottimi vini e piatti tipici locali,  preparati in gran parte con prodotti del Consorzio dei produttori di farro: tagliatelle di farro con salsa di noci, polenta al ragù e dolci a base di farro e mele.



Stanche ma inebriate da tutto quello che abbiamo assaggiato, gustato, e bevuto ritorniamo a Castelnuovo in Garfagnana, all'hotel La Lanterna che ci ospita.
Ci aspetta un'altra giornata intensa, quindi spegniamo la luce e......